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Maria Montessori: a 150 anni dalla nascita la memoria viva di una donna straordinaria

MARIA MONTESSORI
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Paola Belletti - pubblicato il 31/08/20
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Non era, non è il “suo” metodo, ma è il metodo del bambino. Poiché è la natura stessa del bambino a dettare le regole della pedagogia montessoriana; tutto il mondo le è ancora profondamente debitore.

Una donna italiana a cui tutto il mondo è grato

Maria Montessori è nata esattamente centocinquant’anni fa a Chiaravalle, in provincia di Ancona. Il ricordo della nipote Carolina assomiglia ad un reportage, poiché l’opera e l’insegnamento della bisnonna sono tuttora vivi e operativi e alle più insospettabili latitudini.

La sua lezione è arrivata ovunque. Abbiamo trovato una scuola ispirata a lei persino in una cittadina sperduta del Kurdistan, una cosa che mi ha davvero commosso.

Su Famiglia Cristiana c’è uno speciale, con un pezzo a firma di Luciano Scalettari proprio dedicato a lei.

Lo ricorda anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio a lei dedicato proprio per l’occasione epocale: 150 anni sono decisamente una durata epocale ed epocale è anche la condizione nella quale ci troviamo a ricordare questa figura e gli effetti del suo operato, larghi per espansione e durata temporale; ma soprattutto in grado, anche oggi, speriamo ancora di più oggi, sulla centralità dell’educazione, meglio ancora sulla centralità della persona alla quale dobbiamo rispetto, devozione, cura. A cominciare dalla nostra.



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«Maria Montessori» ricorda il Capo dello Stato «nasceva centocinquanta anni fa, a Chiaravalle. La sua umanità, i suoi studi, la sua coraggiosa esperienza di educatrice, hanno impresso un segno profondo nelle scienze pedagogiche e indicato orizzonti nuovi per la scuola, a beneficio di milioni di giovani in ogni parte del mondo, che hanno potuto e saputo accrescere in piena libertà la loro personalità. Proprio negli anni più duri del Novecento Maria Montessori è riuscita a infrangere antichi pregiudizi, dimostrando la irragionevolezza di metodi di insegnamento basati sull’autoritarismo e contrastando pratiche di emarginazione ai danni di chi era sofferente o veniva considerato diverso, aprendo la strada a un percorso di crescita dei bambini basato sulla piena espressione della loro creatività, nella formazione responsabile alla socialità». (Ibidem)

La questione centrale non è la scuola, ma lo sono i bambini e l’educazione

Ce lo ricordano i TG ad ogni edizione: il nodo cruciale, oggi, è quello della scuola. Una chiave di volta che deve reggere due archi montanti della ripresa del lavoro e della famiglia.

Ma la scuola, prima di essere una baby sitter, è luogo di incontro, crescita, apprendimento, socialità. E di questo, volenti, nolenti, inconcludenti forse, si devono obtorto collo rendere conto tutti, in primis chi è chiamato a prendere decisioni epocali, anche quelle, in tempi piuttosto difficili. Ma non esageriamo, non siamo in uno scenario post bellico, non assumiamone troppo la posa.

«No, non credo di somigliarle. Maria Montessori era una persona eccezionale. Mi sento molto legata a lei e sono felice di poter fare questo lavoro di ricerca su di lei. Credo di essere la persona adatta a farlo, perché porto avanti questo compito con rispetto e amore. Era un essere umano, ha fatto i suoi errori, aveva i suoi difetti. Ma ha fatto un dono enorme al mondo e ai bambini con la sua filosofia educativa».
Si presenta con grande umiltà, Carolina Montessori, pronipote della grande pedagogista italiana. E sorride quando le si fa notare che almeno in una cosa ha superato Maria: Carolina
parla 7 lingue, la bisnonna solo 3. Carolina Montessori vive ad Amsterdam (ma l’intervista l’ha fatta in un ottimo italiano), dove dal 2007 è responsabile dell’Archivio pedagogico della bisnonna, presso l’Association Montessori Internationale. «L’idea dell’archivio è stata di mia zia. C’era ancora la casa di famiglia, ed era piena zeppa di documenti. Sarebbe
bastato un incendio o un allagamento e tutto sarebbe andato perduto. Così la casa è diventata sede dell’Archivio. Ora quasi tutto, e parliamo di
migliaia di lettere e documenti, è stato digitalizzato. (Famiglia Cristiana)

La memoria viva della pronipote Carolina

Ma l’archivio umano, la memoria viva di tutto ciò che Maria Montessori ha lasciato è proprio lei, la pronipote Carolina. Che ha letto tutto, ogni documento, lettera, appunto. Ed è un lavoro tuttora in corso poiché di documentazione ne arriva ancora. Già questo è segno inequivocabile che più che di storia si tratti di cronaca da una zona di…pace possibile. O meglio il metodo educativo montessoriano sembra sia un antidoto efficace proprio alla competizione estrema, alla conflittualità, al settarismo di ogni genere. E attecchisce alla radice dell’essere umano, quando il bambino inizia ad apprendere.

Il metodo montessoriano è considerato un buon antidoto contro il razzismo e l’intolleranza. 
Vero, perché è un metodo inclusivo, per tutti i bambini. Non c’è competizione. Ogni bambino lavora con i propri tempi e potenzialità. “Io sono meglio di te” non esiste. E nemmeno intolleranza e xenofobia. È prima di tutto un aiuto alla vita e a sentirsi in armonia con l’ambiente, con la società, con il mondo. Molto attuale.

Che ogni bambino, in ogni parte del mondo, sia fatto sostanzialmente allo stesso modo la Montessori ha potuto constatarlo, come conferma ad un’ipotesi che nella fede è già rivelata proprio dal racconto della Creazione, soprattutto nel suo lungo soggiorno indiano.

I sette anni che Maria ha vissuto in India sono stati importanti?
Molto. Ha potuto sperimentare l’universalità del suo metodo: tutti i bambini in tutti i Paesi del mondo si sviluppano allo stesso modo, pur nelle culture più diverse.

Una cosa curiosa e consolante che emerge dall’Archivio è il rapporto della Montessori con la scuola: per i primi quindici anni si sono piaciute pochissimo. Non è un fatto interessante da tenere a mente anche per chi rischia, tra i genitori e gli insegnanti, di caricare di aspettative smisurate i bambini fin dalla più tenera età?

Qualcosa che l’ha particolarmente colpita?
«Una relazione del padre, Alessandro, sui primi 18 anni di vita di Maria. Molto interessante. Mi ha dato un’impressione nuova della sua gioventù. Per esempio, si racconta che a 3 anni
andò alla scuola materna e che i genitori le hanno fatto fare le vaccinazioni: per quel tempo erano cose abbastanza insolite. Ne emerge il ritratto di una bambina vivace. Fino ai 15
anni la scuola non la interessava per niente.
Curioso che non le piacesse la scuola di allora.
Non era montessoriana.

La sua passione è per l’essere umano integrale

La passione per lo studio, per l’apprendimento, persino per le conoscenze più nozionistiche non può sorgere che a contatto diretto con la realtà. La realtà e l’esperienza primitiva di essa, nel bambino come nell’adulto, suscitano passione per la conoscenza, non i libri in sè stessi, non l’istruzione come traslazione di nozioni. Non c’è alla base di tutto la necessità di tenere acceso il fuoco dello stupore e la fiamma libera della meraviglia?


BOY, PLAY, MUD
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Non sono montessoriana nemmeno io, a dire la verità, e ora me ne dispiaccio.

 

Scienziata, medico, neuropsichiatra, femminista, cattolica, ragazza madre

In questa figura complessa e mirabilmente sfuggente ad ogni sponsorizzazione ideologica si incontrano diverse caratteristiche che di solito siamo abituati, maldestramente e di fatto infondatamente, a considerare schierate al di qua e al di là di barricate contrapposte.

Scienziata? allora non cattolica. Cattolica? allora che c’entra il metodo scientifico? Femminista? allora con il look non ci siamo. Invece la sua persona, della quale non serve azzardare alcuna agiografia, ci stavano tutte.

Dal servizio sempre dedicato alla Montessori di Elisa Chiari, ancora su Famiglia Cristiana, emerge questo concorso di forze in apparenza contrastanti che alla guisa degli affluenti alpini o appenninici corrono verso lo stesso Po.

Vestiva all’antica Maria Montessori, abiti austeri e cappellini di età vittoriana, ma aveva la testa nel futuro, molto più avanti di quel 1909 in cui per la prima volta scrisse il suo metodo. (Ibidem)

 

Al centro c’è il bambino con la sua natura e i suoi bisogno, il metodo è il suo

Il metodo della Montessori era, in realtà, il metodo del bambino; ciò che del suo approccio educativo emerge con forza è lo sguardo profondo, rispettoso e integrale della persona, in ogni fase della sua crescita. Si è lasciata innanzitutto educare dal bambino. Don Giussani direbbe che il metodo di conoscenza lo impone l’oggetto stesso, e così è per l’educazione. Il soggetto, in questo caso, impone all’altro che ha il compito di aiutarlo a crescere, la norma della sua stessa natura. E Rousseau o suoi epigoni illusi di una bontà senza primaria senza inclinazione al male sono tenuti a bada dall’antropologia cristiana che conosce a sue spese, pagate tutte dal Redentore, il prezzo del peccato originale.

Davvero di un’attualità sempre più urgente, questo approccio. Per guardare al bambino si parte da un dato e nel caso della Montessori persino da un Datore, poiché sì, la sua fede cattolica non era una zavorra da far trascinare ad una mente che altrimenti si sarebbe librata ad altezze ancor più vertiginose, ma un timone per governare la rotta di una ragione aperta e attenta al mistero.

Un’altra piccola consolazione a tanti genitori che forse troppo si incupiscono su eventuali insuccessi scolastici dei figli può venirci dallo scorrere il suo, di curriculum vitae et studiorum.

Maria viene bocciata per ben tre volte alle elementari. Aveva avuto problemi di salute ma anche significative lacune in grammatica e matematica. Eccelleva invece in italiano, per questo il papà la voleva insegnante. Invece sarà medico, neuropsichiatra, filosofa, educatrice.

Si iscriverà tra le primissime in Italia ad una scuola tipicamente maschile  la “Regia scuola tecnica”. La madre la sostiene, il padre la contrasta. Ma nella difficoltosa iscrizione agli studi di Medicina ad appoggiarla ci sarà persino il Papa: Leone XIII dichiarò infatti che Tra tutte le professioni, quella più adatta per una donna è proprio quella di medico.

E’ proprio del genio femminile infatti guardare alla persona concreta, alla sua interezza, alle sue proprie specifiche esigenze, persino non consapevoli, persino non espresse. Nel 1896 sarà la terza donna italiana in assoluto a laurearsi in medicina, con la specializzazione in neuropsichiatria. Corpo, mente, spirito, l’uomo è sempre un intero, in ogni fase del suo sviluppo.

 «È una figura complessa», spiega De Stefano, «sfugge a tutti i tentativi di incasellarla: non ha paura di esprimere la sua fede cattolica, anche se questo la rende sospetta agli scienziati positivisti; non teme di affermare il metodo scientifico, anche se la espone a incomprensioni con le gerarchie della Chiesa, né di conciliare tutto questo con il suo femminismo» in abiti da signora. «Non è ideologica, lavora con tutti perché a muoverla è un’urgenza: sente di aver avuto un’intuizione che può  essere la leva per cambiare in meglio il mondo. È convinta che se si educa un bambino secondo il suo metodo, in altre parole rispettandone la natura, quel bambino diventerà un adulto equilibrato. Segue questa visione come una missione».

Accetta aiuti e collaborazioni da tutti ma non si piegherà a nessuno, capace di rinunciare ad entrate importanti se il prezzo da pagare è il compromesso sulle sue idee. Per questo si allontanerà da Mussolini.

Controversa ma soprattutto dolorosa la vicenda del rapporto con il figlio: inizialmente non riconosciuto, in accordo col padre di lui e in vista di una sua tutela, le verrà tolto proprio da Giuseppe Montesano che avrebbe sposato un’altra donna; riconoscendolo ad insaputa di Maria le toglierà ogni legame giuridico con il suo Mario. Ma anche in questa storia la sua tempra tenace e resistente farà la differenza.

È il momento più duro, Maria Montessori bussa anche a un convento per farsi accogliere. Ma la superiora la convince a continuare il suo lavoro. Riprenderà con sé il figlio adolescente e per molto tempo lo presenterà come un nipote: un legame fortissimo che durerà fino alla morte di lei, avvenuta nel 1952, e oltre. Mario, che poi otterrà di aggiungere al proprio cognome quello della madre, porterà avanti il “metodo Montessori”. Serve indipendenza per vivere così. (Ib)

Indipendenza dagli uomini e certezza invece in una possibilità di bene maneggiata da ben altri mani, sotto ben altro sguardo. Anche sulla propria vita occorre uno sguardo olistico, integrale e capace di attenderne i cicli di crescita e riposo, assecondandone picchi e avvallamenti, sicuri, in cuor proprio, dell’approdo finale.