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La vita cambia quando si capisce cosa significhi essere poveri in spirito

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Purino | Shutterstock

Catholic Link - pubblicato il 20/08/20

Ecco la mia esperienza

di Sandra Estrada

Povertà di spirito? La parola “povertà” in genere allarma tutti, e ci fa paura parlare del valore evangelico che ha. Iniziando a leggere il Vangelo troverete spesso questa parola, “gli ultimi”, “i poveri”, che “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli”.

Ci viene in mente un’infinità di interrogativi. Cosa vuol dire? Dovrò vivere in povertà per essere accettato in cielo? Essere ricchi è un peccato? Cosa mostrerò sulle mie reti sociali?

Questi ultimi anni, però, mi hanno fatto rendere conto di quanto faccia bene al corpo, alla mente e allo spirito il digiuno, e non mi riferisco al digiuno tradizionale a pane e acqua, ma al digiuno da mille opzioni, da “infinite possibilità” che mi offre il mondo, da quello che diranno, dalla critica e dagli egoismi.

Se solo ricordassimo che Dio (l’amore) basta! Qualche mese fa ho avuto l’opportunità di recarmi in India, e mi sono reso conto che quando c’è poco si capisce ciò che è davvero essenziale. Si capisce che non c’è bisogno di grandi cose, di lusso, nomi o titoli per sentirsi in pace.

Ci serve la povertà di spirito

Quando siamo bambini, capiamo il valore delle cose: al ristorante ci danno fastidio i troppi piatti, le sedie foderate, le tre forchette diverse… perché tante cose?

Crescendo, però, ci preoccupiamo molto di questi dettagli. La purezza di cuore, che va mano nella man con la povertà di spirito, ci manca. Non permettiamo che queste cose che ci sembrano tanto offuschino il nostro sguardo!

“Ci sono due modi per ottenere ciò che è sufficiente. Uno è accumulando sempre più. L’altro è desiderando meno” (G.K. Chesterton). Diamo più spazio a ciò che vale davvero, all’essenziale, a quello che non si vede a prima vista, a quello che ciascuno custodisce nel cuore.

“Mi piace perché è una donna semplice”, mi diceva un amico parlando della sua nuova fidanzata. Gli piaceva il fatto che se restavano in panne in un paese durante un viaggio ridesse e si divertisse anziché preoccuparsi di non sporcarsi o di dover mangiare per strada.

Quando impieghiamo la vita cercando di rispettare aspettative di scenari ideali per avere successo in rete o per essere lodati per il tanto o poco che possediamo, perdiamo quello che conta davvero.

La povertà di spirito ci spinge anche a voler condividere tutto

Condividere con le persone che abbiamo accanto ci spinge a volerle ascoltare, a voler ridere, a vivere fino in fondo, scoprendo che c’è di più di quello che resta in superficie.

Se parliamo di povertà materiale, mi viene in mente questa frase di San Josemaría Escrivá: “I poveri… mi fa male vederli, e in ciascuno di loro Cristo. E perché fa male, mi rendo conto che Lo amo e li amo”. Una bella frase, no? È diverso parlare di povertà materiale e povertà spirituale. Può essere che qualcuno che vive con molto poco abbia più ricchezza spirituale di noi.

I santi che hanno optato per la povertà hanno scoperto che era un mezzo per dire “No” al mondo. Perché? Perché il denaro, il potere, la fama, il piacere e gli applausi ci riempiono solo momentaneamente, e quando non li abbiamo corriamo il pericolo di essere disposti a fare di tutto: a tradire i nostri colleghi, a spettegolare, a inventarci false identità, a usare le persone, a mentire… e a permettere che lo facciano anche con noi! Ci schiavizziamo per avere più denaro o un posto di lavoro migliore, per guadagnarci dei followers. Perdiamo di vista l’amore, perdiamo di vista Dio e diventiamo uccelli rapaci.

Non dimenticate che siete molto più di ciò che avete

“Non mi vendo, è l’unico lusso dei poveri”, diceva Santa Teresa di Gesù. Siamo molto di più di quello che abbiamo, e dobbiamo ricordarlo sempre.

Mentre passeggiavo in una zona esclusiva della mia città, mi dava fastidio essere vestita male… anche nella chiesa di quella zona avevo paura di essere giudicata (alzi la mano la persona a cui non è successo).

C’era però un contadino che si godeva la Messa al punto da fare invidia. Non aveva alcuno status da sostenere o da simulare, era semplicemente se stesso. Il modo in cui lo vedeva Dio era sufficiente. Era sicuramente molto più felice di tutti noi che ci paragonavamo gli uni agli altri.

Questo mi ha fatto ricordare una frase molto forte di San Francesco d’Assisi: “E io ho per dignità reale e nobiltà molto elevata seguire quel Signore che, essendo ricco, si è fatto povero per noi”. Che grande verità! Preoccupiamoci di risultare graditi a Dio anziché di pensare a cosa diranno gli altri di noi.

Dio ci ha creati liberi

In un viaggio di studio che ho fatto, ho dovuto portare poche cose in valigia. Passavano i giorni e i vestiti non mi preoccupavano. Mi sentivo molto felice per il fatto di sapere che la gente mi voleva bene per quello che ero e non per quello che mostravo. Che quello che ero non era camuffato né sottoposto alle aspettative altrui.

Quando siamo liberi possiamo decidere in cosa occuparci. Non impiegavo più il mio tempo a truccarmi o a scegliere gli abiti perfetti, ma a studiare, conoscere gente, chiacchierare, pregare, passeggiare, fare nuovi progetti.

Come iniziare a vivere quella libertà per avere uno spirito povero? Mi sono impressa nella mente un buon suggerimento di Papa Francesco, che ha raccomandato, per quando si vuole iniziare ad essere liberi, umili e semplici, di scegliere sempre l’opzione più semplice del menù.

Bellissimo. E si deve applicare non solo al menù del ristorante, ma anche a quello della vita. Dobbiamo sempre mettere al primo posto l’altro, preoccuparci più delle necessità altrui che delle nostre. Essere disposti a dare una mano ogni volta che è necessario. Condividere senza paura l’amore che è Cristo stesso che vive in noi.

“La povertà non è stata creata da Dio. È creata per te e per me quando non condividiamo quello che abbiamo” – Madre Teresa

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

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