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Anche cani e gatti vanno in Paradiso?

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Le nostre gioie. (San Tommaso d'Aquino, 1225-1274)

Toscana Oggi - pubblicato il 20/08/20

Volevo chiedere se sbaglio a pregare per i miei dolci teneri animalini che mi tengono sempre tanta compagnia, volevo chiedere questo dato che di queste cose non se ne parla mai. L’amore ogni forma di amore non è una componente di Dio? anche gli animali fanno parte come noi di quel soffio che Dio ci ha regalato? Io vorrei dei chiarimenti su questo tema, sulla possibilità di benedire le mie micie e di dar loro una degna sepoltura e sperare di poterle ritrovare nel mio aldilà. Se mi potete rispondere in qualche modo vi ringrazio tanto.

Barbara – Firenze

Risponde Ida Tiezzi, docente di escatologia
Il tema affrontato da questa lettera può sembrare, a prima vista, di scarsa importanza dato i tanti e tanto gravi problemi che attanagliano l’umanità, eppure l’argomento sollevato merita attenzione non solo perché sta a cuore a tante persone, ma anche perché tocca punti importanti, e complessi, della fede cristiana. I principali mi sembrano essere due: il rapporto tra l’uomo e le altre creature secondo il progetto divino e il destino ultimo della creazione intera.

La Scrittura, nel libro della Genesi, ci rivela che Dio è il Creatore di tutto ciò che esiste, ma, ripetendo per ognuna delle opere dei sei giorni «e Dio vide che era cosa buona», ci dice anche che «le varie creature riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica 339). Dio ama tutte le sue creature e si prende cura di ciascuna di esse (guardate i corvi: non seminano e non mietono e Dio li nutre Lc 12,24) e, a loro volta, le creature, con la loro semplice esistenza, rendono lode e gloria al suo Nome.
Non bisogna, però, dimenticare che l’uomo è il vertice dell’opera della creazione perché egli è a immagine di Dio e tra tutte le creature visibili è il solo capace di conoscere e amare il proprio Creatore. Il racconto della Genesi esprime questo distinguendo nettamente la creazione dell’uomo da quella delle altre creature; e Gesù stesso dirà: quanto più degli uccelli voi valete! (Lc 12,24).

Giustamente allora il Catechismo così sintetizza la visione cristiana a proposito del rapporto tra l’uomo e gli animali: «Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine… la signoria sugli esseri inanimati e sugli altri viventi accordata dal Creatore all’uomo non è assoluta; esige un religioso rispetto dell’integrità della creazione. Gli uomini devono essere benevoli verso di loro. Ci si ricorderà con quale delicatezza i santi, come San Francesco d’Assisi o San Filippo Neri, trattassero gli animali». Dunque, se da una parte «è contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita», dall’altra con chiarezza il Catechismo dichiara che «è pure indegno dell’uomo spendere per gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini». E così conclude: «si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell’affetto che è dovuto soltanto alle persone» (CCC 2415-2418).

Riguardo al secondo punto, il destino ultimo della creazione, e dunque anche degli animali (la domanda specifica della lettrice), bisogna prima di tutto ricordare che nella Scrittura, quando si parla della salvezza finale, si include sempre il mondo materiale. Particolarmente importante è un passo della lettera di Paolo ai Romani: La creazione stessa nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio (Rm 8,19-21). Per Paolo, cioè, la sorte di tutto il creato è legata a quella dell’uomo; l’universo, quando alla fine dei tempi Cristo si manifesterà nella gloria, sarà liberato da ogni caducità e schiavitù, compreso quella della morte. Quando, dunque, ogni domenica nella celebrazione eucaristica professiamo la nostra fede con il Credo e diciamo «aspetto la resurrezione dei morti» implicitamente affermiamo anche (perché verità strettamente connessa con quella della resurrezione dell’uomo) di credere ai «cieli nuovi e alla terra nuova», alla consumazione piena del mondo insieme con quella dell’uomo, alla nuova creazione.

Qui l’articolo originale pubblicato su Toscana Oggi

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