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Se cediamo alla passione, la nostra anima è perduta?

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Shutterstock/Nicoleta Ionescu

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 14/08/20

Non è una questione di debolezza. Ma di Grazia di Dio. Le tentazioni dobbiamo accettarle, per uscirne vittoriosi

Coloro che cedono alla passione, sono perduti nell’anima? Alcuni psicologi accusano queste persone di essere deboli, mentre i Padri della Chiesa insistevano sul fatto che l’uomo è dotato di intelletto e volontà, e bisogna solo riattivarli, con l’aiuto della Grazia di Dio.

I tre gradini

Sono molto utili, per la lotta e la vita spirituale, le riflessioni di san Francesco di Sales:

«Allo stesso modo Satana, il mondo e la carne, vedendo un’anima sposa al Figlio di Dio, le mandano tentazioni e suggerimenti con i quali:

1 – il peccato le viene proposto:

2 – a quella proposta ella prova piacere o prova dispiacere;

3 – infine acconsente o rifiuta.

I gradini per scendere al male sono quindi tre: la tentazione, la dilettazione, il consenso.

È vero che questi tre momenti non sempre è facile distinguerli chiaramente in ogni genere di peccato, ma sono molto evidenti e distinti concretamente nei peccati di chiara gravità».

“Dio non è offeso”

Sempre San Francesco di Sales in “Filotea. Introduzione alla vita devota”, afferma:

“Cara Filotea, quei terribili attacchi e quelle tentazioni così forti, sono permesse da Dio soltanto contro le anime che egli ha deciso di innalzare al suo meraviglioso e ineguagliabile amore. […] Se dunque ti capita di provare qualche tentazione e anche il piacere che ne consegue, mentre la volontà rifiuta il proprio consenso, sia alla tentazione che al piacere che l’accompagna, non turbarti minimamente, perché Dio non è offeso”.

Uscirne vittoriosi

In sostanza, «le tentazioni – secondo mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura – sono un esercizio della libertà, verifica della virtù, lezione di umiltà, di fortezza e di fiducia in Dio», quindi dobbiamo accettarle e, per uscirne vittoriosi, dobbiamo riporre la nostra fiducia solo in Cristo, che è stato ugualmente tentato. Solo così potremo raggiungere la salvezza eterna.

La vigilanza, antidoto alle tentazioni

Più volte Gesù raccomanda ai suoi discepoli di vegliare, cioè di essere vigilanti per essere pronti a cogliere la venuta del Signore; dunque la vigilanza aiuta a custodire il cuore da tutto ciò che ne annebbia lo sguardo e ne attutisce la capacità di ascolto, negando il compiersi di ciò che è gradito al Signore. “Vegliate in ogni momento pregando” (Lc 21,36).

La vigilanza permette di essere pronti a combattere le tentazioni che si presentano, inesorabili, all’uomo, anche durante la preghiera.

Essa è un atteggiamento fondamentale per ogni cristiano, poiché aiuta a custodire la propria vita interiore, a non lasciarsi trascinare dalle seduzioni mondane o travolgere dalle angosce della vita, a essere presenti a Dio nella preghiera con tutto il nostro essere.


HALITOSIS

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