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Coppie e social: perché è così difficile dimenticare l’ex o liberarsi di chi è sparito?

WORRIED YOUNG LADY,

fizkes | Shutterstock

Silvia Lucchetti - pubblicato il 12/08/20

Una recente ricerca dell’Università del Colorado sottolinea la difficoltà di superare la fine di una relazione a causa della pervasività delle nuove applicazioni digitali

Elaborare il lutto per una storia d’amore finita non è impresa facile, ma nell’era digitale il compito si rivela oltremodo difficile. A questa conclusione sono arrivati i ricercatori dell’Università del Colorado attraverso le interviste condotte su un campione di 19 persone che avevano subito una spiacevole rottura sentimentale nell’anno e mezzo precedente la rilevazione (psicologiacontemporanea.it). Anche quando le persone si impegnavano per cercare di eliminare dalla propria vita gli ex, i social continuavano a inondarli con le informazioni e i ricordi relativi alla perduta metà.

Prima dell’era dei social media, le rotture errano comunque durissime, ma era molto più facile allontanarsi da un’altra persona – ha dichiarato Anthony Pinter, autore principale della ricerca – può diventare quasi impossibile andare avanti quando si è costantemente bombardati da promemoria online. (…) Molte persone credono di poter semplicemente togliere l’amicizia ai loro ex o di non seguirli più, in modo da non doversene più occupare. Il nostro lavoro dimostra che, invece, non è così. (Vanity Fair)

Il news feed, che compare all’apertura di Facebook, costituisce una delle principali fonti di sofferenza, perché reca le notizie degli ex che comunicano di essere coinvolti in una nuova relazione. I ricordi del passato amore possono improvvisamente riattualizzarsi. Gli ex si corre il rischio di incontrarli quando mai te lo aspetti attraverso i loro commenti negli spazi condivisi: vedi i gruppi, le pagine di eventi o le foto di comuni amici.

Nella vita reale – commenta lo studioso – si può decidere chi prende il gatto e chi il divano, ma online è molto più difficile stabilire come suddividere le foto o i gruppi. (Ibidem)

“Take a break”

Per questo motivo Facebook ha lanciato negli USA la funzione “take a break” (dagli un taglio), che è in grado di rilevare il passaggio da una relazione di coppia alla condizione di single: il sistema chiede a questo punto se si desidera che la piattaforma celi le attività dell’ex senza necessariamente bloccarlo. Uno stratagemma intelligente che presuppone però la precedente comunicazione a Facebook di avere una relazione: in caso contrario non si riceve l’offerta. Anche quando le persone bloccano completamente le loro precedenti fiamme, gli amici e i familiari dell’ex tornano a galla su Facebook con i loro aggiornamenti o come suggerimenti di amicizia inclusi i nuovi compagni o compagne degli amori finiti. A tal punto che un partecipante ha esclamato: “Sarò mai libero da tutto questo?”.

Lo studio dell’Università del Colorado fa parte di un progetto più ambizioso della National Science Foundation, chiamato “Humanizing algorithms”, indirizzato a identificare e proporre soluzioni per la cosiddetta “insensibilità degli algoritmi”. Jed Brubaker, uno dei ricercatori, suggerisce che questi dolorosi e involontari contatti fra ex potrebbero essere evitati se chi progetta le piattaforme ampliasse la sua attenzione anche alla “periferia sociale”, ovvero a tutte quelle persone, foto, gruppi ed eventi che ruotano intorno ad una connessione fra due utenti. L’unico consiglio utile per ora, secondo Pinter, è

(…) fare una pausa dai social media per un po’, fino a quando non ci si sente meglio. (Vanity Fair)

Un uovo di Colombo apparentemente, ma che presuppone la non scontata volontà e capacità di disintossicazione digitale: l’unica strategia sicura, a conferma del vecchio ma intramontabile adagio: “Occhio non vede, cuore non duole”.




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Orbiting

Ma c’è un altro fenomeno che spesso impedisce a una persona di andare avanti liberamente nella vita sentimentale, ed è l’orbiting. In cosa consiste? Quando qualcuno interrompe tutte le interazioni dirette con la donna o l’uomo per cui provava interesse, ma continua ad interagire sui social. Guarda le storie per primo, mette i like pochi secondi dopo la pubblicazione del post, visualizza gli stati. Non commenta quasi mai, non manda messaggi privati, ma è comunque presente, seppur superficialmente. All'”orbitato” questa presenza silenziosa disturba notevolmente, ma allo stesso tempo rappresenta una gratificazione illusoria. Chi si comporta in tale maniera vuole in qualche modo non precludersi un eventuale ripensamento, lasciare la porta aperta per avere la possibilità di tornare indietro, ma anche un modo forse per compiacersi narcisisticamente degli amori conquistati. Ma ovviamente la verità è, per citare un famoso film, che “tu” non gli piaci abbastanza.

Ghosting

Un altro comportamento che può costituire una marcata difficoltà nell’elaborazione del lutto di un amore finito è rappresentato dal ghosting, che letteralmente significa “sparire come un fantasma”. Il ghosting è un modo per porre fine ad una relazione senza dare spiegazioni e affrontare l’altro, senza offrirgli la possibilità di comprendere e individuare le cause della separazione. Chi vigliaccamente si sottrae ad un momento di confronto viene facilitato nel suo modus operandi dai nuovi mezzi di comunicazione: un ghoster blocca l’altro sui social, rifiuta le chiamate, non risponde ai messaggi né alle e-mail, troncando bruscamente ogni contatto. Probabilmente chi sparisce così non è in grado di sopportare il peso emotivo di un chiarimento, non vuole passare per il cattivo di turno e neppure prendersi a viso aperto la responsabilità della decisione di porre fine alla relazione.

In entrambi i comportamenti chi li mette in atto non tiene in alcun conto delle implicazioni negative e la sofferenza che la sua condotta provoca nell’altra persona la quale, essendo in quel momento più vulnerabile, trova difficoltà nell’affrontare gli effetti psicologici della fine di una relazione.

Alle “vittime” di questi fenomeni in crescita negli ultimi anni può essere utile però ricordare che nessuno può costringerci a subire nulla di spiacevole se in qualche modo, anche passivamente, non siamo noi stessi a permetterglielo.

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