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Il Papa che ha scalato la seconda vetta più alta d’Europa

Pope Pius XI

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i.Media per Aleteia - pubblicato il 04/08/20

Alcuni Pontefici erano affascinati dalle montagne e si ritiravano in regioni montuose per cercare la crescita spirituale

Vari Papi si sono rapportati allo sport con occhio benevolo e perfino appassionato, vedendovi in molte occasioni anche un mezzo di evangelizzazione.

Alcuni Pontefici erano affascinati dalle montagne, e ciascuno si ritirava lì per le proprie ragioni. Giovanni Paolo II faceva lunghe passeggiate, Paolo VI vi trovava la semplicità di vita e Pio XI – esperto alpinista – vi cercava la crescita personale e spirituale.

Pio XI

Nel 1890, quando l’alpinismo era diventato un’attività sportiva non più riservata agli abitanti delle regioni montuose, Ambrogio Damiano Achille Ratti (il futuro Papa Pio XI, 1857-1939) raggiunse la vetta del Monte Bianco, la seconda più alta d’Europa. L’ascesa durò due giorni. Durante la discesa, aprì un nuovo passaggio per la vetta del Monte Bianco.

Esperto alpinista, realizzò innumerevoli spedizioni sui monti, inclusa una delle prime attraversate del massiccio del Monte Rosa (la seconda vetta più alta delle Alpi dopo il Monte Bianco) sulla costa di Macugnaga nel 1889.

L’importanza che ha dato a quello sport può essere verificata nella lettera Quod sancti, del 20 agosto 1923, indirizzata al vescovo di Annecy, in omaggio a San Bernardo di Menton, proclamato in quell’occasione santo patrono degli alpinisti:

“Fra tutti gli esercizi di onesto diporto, nessuno più di questo — quando si schivi la temerità — può dirsi giovevole alla sanità dell’anima nonché del corpo. Mentre col duro affaticarsi e sforzarsi per ascendere dove l’aria è più sottile e più pura, si rinnovano e si rinvigoriscono le forze, avviene pure che con l’affrontare difficoltà d’ogni specie si diviene più forti per sostenere i doveri della vita, anche quelli più ardui. Contemplando l’immensità e la bellezza degli spettacoli, che dalle sublimi vette delle Alpi si aprono sotto lo sguardo, l’anima si solleva facilmente a Dio, autore e signore della natura”.

Giovanni Paolo II

Il grande valore dato alla contemplazione e alla ricerca dell’aria pura è stato condiviso da Giovanni Paolo II, che non ha mai smesso di visitare le montagne nel corso del suo pontificato, attività che aveva iniziato molto prima. Tadeusz Styczen, uno dei suoi amici più stretti, racconta che quando sciavano in Polonia, l’allora arcivescovo Wojtyła preferiva salire lungo i pendii a piedi, con gli sci in spalla, per rimanere in silenzio e meditazione.

Per lui le montagne rappresentavano anche “una scuola di crescita spirituale”, per usare le parole del vescovo di Ventimiglia e Sanremo, Alberto Maria Careggio, il presule appassionato di alpinismo che è stato il primo organizzatore delle ferie estive del Papa in Val d’Aosta.

A suo avviso, tutto è iniziato durante una visita pastorale del Papa polacco in Val d’Aosta il 6 e il 7 settembre 1986, come parte delle commemorazioni del bicentenario della prima scalata del Monte Bianco. In quell’occasione, il Pontefice ha avuto il suo primo contatto con la valle, e dall’alto del ghiacciaio di Brenva, a un’altezza di 3.550 metri, ha potuto ammirare l’imponente Monte Bianco.

Da allora, la Val d’Aosta è diventata la destinazione preferita di Giovanni Paolo II, che ci è tornato una decina di volte tra il 1989 e il 2004, periodo in cui non ha esitato a mettere gli sci.

Paolo VI

Prima di diventare Papa, Paolo VI amava molto andare sulle montagne svizzere di Engelberg. Si dice che l’ambiente che vi trovava lo sollevasse dalle tensioni psicologiche inerenti alle sue grandi responsabilità all’interno della Chiesa. Sua nipote, Chiara Montini Matricardi, che lo accompagnava, testimoniava l’atmosfera meravigliosa che vi si respirava.

Benedetto XVI

Anche Benedetto XVI era affascinato dalle montagne. Oltre a cercare un’atmosfera propizia alla lettura e allo studio, il Pontefice tedesco faceva ogni giorno lunghe passeggiate. Nel 2010, ha detto a una delegazione di sciatori professionisti che l’ambiente montano “ci fa sentire piccoli, ci restituisce la giusta dimensione del nostro essere creature, ci rende capaci di interrogarci sul senso del creato, di guardare in alto, di aprirci al Creatore”.

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