Giovanni Biolo, il primo dento-teologo della storia, ha pubblicato il suo primo libro per i tipi di Berica e con la prefazione di Costanza Miriano.
Se Santa Apollonia è patrona di dentisti e odontotecnici, ci sarà anche un santo patrono dei dentisti che – scrivendo di Dio – inventano una nuova branca della teologia, la dentoteologia?
Busìllis di una sera d’estate appiccicosa che non passa mai. Sai di quelle “azionare pilota automatico” direzione “superare indenne l’afosa umidità padana”? On al condizionatore e posizione sdraiata letto. E ti affidi a quel libro sul comodino perché ti sorprenda e ti accompagnarti nelle braccia di Morfeo.
Trama avvincente (ma non troppo, rischi di restare sveglio tutta la notte), scrittura veloce, personaggi coinvolgenti e un pizzico di suspance distribuita sapientemente. Niente di tutto questo, molto di più. D’altronde è un libro di teologia, che ti aspetti?
Dicono che bisogna arrenderso allo stupore e – probabilmente – l’ho fatto (sono qui a scriverne, no?).
Andiamo con ordine.
La prima è una quasi sorpresa. Lui, l’autore del libro: Giovanni Biolo.
“Di professione sono un dentista – scrive nel capitolo ‘Genesi della DentoTeologia’–, ma un dentista un po’ particolare, perché quello che cerco, in realtà, è il quid divino nelle piccole cose di tutti i giorni, anche nei denti! Negli ultimi anni va di moda una scienza dentale olistica (io però non la pratico) che vede i denti legati agli equilibri energetici del corpo e del mondo: la ‘dentosofia’. Se esiste la ‘dento-sofia’, mi sono detto, perché non può esistere anche la ‘dento-teologia’?”.
Una quasi sorpresa, perché il nome non mi era nuovo.
Avevo leggiucchiato alcuni suoi articoli sul Blog dal nome impronunciabile ‘Mi-en-mi-uaif’, una specie di storpiatura della frase inglese ‘me and my wife’ o ‘my wife and I’.
Insomma, di quelli che da qualche anno hanno iniziato a comporre e suonare delle canzoni che parlano di quotidianità, di matrimonio e di fede, il tutto con un po’ di umorismo (a tratti demenziale…). Giuseppe Signorin suona la chitarra e Anita Baldisserotto canta.
La verità? Non sono mai riuscito ad andare oltre le prime cinque righe.
La seconda sorpresa (che è emanazione diretta della prima, o viceversa, fa nulla …) è il libro sul comodino di quella afosa e appiccicata sera d’estate: “DentoTeologia. Paragoni fra denti e fede”.
L’ultima uscita della collana “UOMOVIVO” di Berica Editrice. Sempre loro due, Giuseppe ed Anita, il “duo con l’anello” in versione editori e produttori di libri.
E il solo fatto di una nuova pubblicazione made in “Mienmiuaif” mi accende l’irrefrenabile desiderio di averlo (subitissimo) tra le mani.
Hai presente l’eccitazione dell’album di figurine? Quella. Ogni volta è così.
E mi stupisce, perché loro due – e tutto ciò che scrivono, cantano e pubblicano – rappresentano perfettamente il contrario di ciò che sono. Ci arrivo tra un attimo.
La terza sorpresa è ciò che state leggendo, o meglio, il fatto stesso che mi sia messo di buzzo buono a recensire uno scrittore – a me indigesto – che preso a prestito il suo mestiere di dentista si definisce ‘orgoglioso’ dei suoi paragoni tra denti e fede. Demenziale. O no?
“Quali insegnamenti spirituali e analogie si possono nascondere dietro ai nostri amati denti?” – scrive Giovanni Biolo in ‘L’incisivo centrale (o avere unità di vita)’ – Scopriamolo subito, iniziando il nostro trattato di DentoTeologia con sua maestà: l’incisivo centrale”.
Lo schema narrativo dei 42 episodi segue la stessa logica. Parte iniziale in cui parla di un dente o di una sua caratteristica.
“L’incisivo è appunto centrale perché è al centro del sorriso, il primo dente che si vede, quello che tutti controllano allo specchio e puliscono al meglio (magari tralasciando gli altri).
Per cui ecco la prima indicazione: dobbiamo lavare bene tutti i denti, non solo quelli che si vedono. Dobbiamo quindi essere coerenti”.
Poi classica frase: “E nel cristiano?”, con cui introduce l’analogia tra i denti e la vita di fede, definito “l’argomento dentoteologico” del giorno, in cui approfondisce il tema più spirituale.
“Essere coerenti, per noi cattolici, o sedicenti tali (io mi credo molto sedicente e poco seducente, o forse è il contrario, non ricordo bene), significa predicare meno e provare a razzolare il meglio possibile, perché la gente ‘ascolta più volentieri i testimoni che i maestri’, come diceva papa Paolo VI, oggi santo.
Abbiamo bisogno di coerenza.
Vi darebbe fiducia un dentista con i denti sporchi?
Che per essere coerenti non possiamo stare con Dio solo la domenica, lo sappiamo a memoria.
Quello che è difficile, è ricordarsi di Lui tutti i giorni, avere cioè ‘unità di vita’.
Tranquilli, la frase è provocatoria (o forse no?), ma il rischio di vivere una doppia vita è sempre presente: da una parte la vita interiore, la relazione con Dio, e dall’altra la vita ‘normale’, quella in famiglia, al lavoro, con gli amici.
Come dire che Dio sta solo nella preghiera e nelle chiese, il resto è serie B.
Spiritualizzare le cose materiali e materializzare le cose spirituali, questo è il segreto, mettendoci sempre amore (come il fluoro, che ormai lo mettono dappertutto).
E quindi il lavoro, lo studio e lo stare con gli altri diventano preghiera e la preghiera dà ancora più senso al lavoro, allo studio e alle amicizie”.
Conclusione con un’altra classica frase: “Il moLare della storia è…”
“Dopo aver mangiato lavatevi tutti i denti, anche quelli in fondo, non solo l’incisivo centrale, e facendolo offrite il vostro sforzo per la salvezza del vostro dentista di fiducia”.
Demenziale. O no? No.
“La vera santità è gioia, perché ‘un santo triste è un triste santo’”.
E’ anzitutto la “gioia contagiosa” che sorprende Papa Francesco nel fare memoria di Teresa d’Avila.
“Il Vangelo non è un sacco di piombo che si trascina pesantemente, ma una fonte di gioia che colma di Dio il cuore e lo spinge a servire i fratelli!”, riferendosi all’insegnamento della grande mistica e riformatrice Teresa d’Avila.
E l’umorismo ne è il segno tangibile.
Il sorriso sulle miserie e le contraddizioni della vita, quella capacità di relativizzare e ridimensionare quanto vorrebbe imporsi come assoluto e unilaterale.
Una forza leggera e sempre presente, “come un surfista sull’onda”: “la forza del vento ‘toglie’ acqua davanti al surfista e ne ‘accumula’ dietro, permettendogli di muoversi, addirittura divertendosi”.
Il dente è proprio come un surfista sull’onda ed è per questo motivo che spesso ha bisogno dell’apparecchio ortodontico.
L’umorismo è così: “Non è un semplice saper far ridere, ma molto di più”, sostiene Giovanni Briolo nel 6° episodio ‘Anche i denti hanno il senso dell’umorismo’.
E’ quella forza che “ti fa ‘spostare meglio’ nel corso della tua vita”. Perché c’è forza e forza.
“Non tutte le forze vanno bene. Si è scoperto che solo le forze leggere prolungate nel tempo spostano i denti nel migliore dei modi. Più velocemente, meno dolorosamente e, soprattutto, senza lesionare i denti”.
Quello che non ho è l’umorismo.
E libri come questo mi sorprendono sempre.
Fuori dalle gabbie della depressione e del solipsismo, c’è vita. E che vita! Basta imitarla.
“L’umorismo è quando allegria e umiltà si incontrano, con la speranza come musica di sottofondo®
(le cit. del DentoTeologo hanno il marchio registrato… si cerca di arrabattarsi economicamente in tutti i modi)”.
Ci sto lavorando. Ma questa è un’altra storia.
Per ora mi accontento di aver risolto il busìllis di una sera d’estate appiccicosa che non passa mai: ci sarà un santo patrono dei dentisti che – scrivendo di Dio – inventano una nuova branca della teologia, la dentoteologia?
Ce l’ho. Non ha l’aureola ufficiale dei santi (e mi auguro con tutto il cuore che lo diventi), ma fa lo stesso: G.K. Chesterton.
Umorismo e paradossi, amore per la verità e fantastico scrittore. Ma soprattutto un uomo davvero vivo.
Vi basti questa citazione da “Un elogio del buon senso e della tradizione”, fidatevi:
“La più semplice verità sull’uomo è che egli è un essere veramente strano: strano quasi nel senso che è straniero a questa terra… solo, fra tutti gli animali, è scosso dalla benefica follia del riso; quasi avesse afferrato qualche segreto di una più vera forma dell’universo e lo volesse celare all’universo stesso. Questo fu il mio primo problema, quello di indurre gli uomini a capire la meraviglia e lo splendore dell’essere vivi”.
QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO SUL BLOG ZEROVIRGOLA