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Stefano è morto cadendo in un pozzo. Ma anche laggiù arriva la vittoria di Cristo

LITTLE BOY

Di Lopolo|Shuttestock

Paola Belletti - pubblicato il 23/07/20

E' successo ieri mattina a Gorizia in un parco dove i bambini stavano giocando durante il centro estivo. Stefano è caduto per 30 metri ed è morto sul colpo. Solo la vittoria di Cristo su dolore e morte può portare consolazione; e la speranza che questo bimbo, in fondo, fosse pronto. Preghiamo per lui, preghiamo per i suoi genitori.

La notizia è che Stefano Borghes aveva 13 anni ed è morto. Salito in piedi sulla copertura di un pozzo artesiano (quelli che sfruttano la naturale effluenza dell’acqua, Ndr) questa non ha retto al suo peso e l’ha lasciato cadere per trenta metri. I soccorsi sono arrivati subito ma già troppo tardi perché Stefano era morto.

Stava giocando in un parco, era una specie di caccia al tesoro o orienteering; era una delle tante attività all’aperto che si sono inventate tante parrocchie e private associazioni per questi eroici centri estivi. Li  stanno realizzando anche quest’anno, infatti, ai tempi interminabili di questo maledetto Covid-19 e di tutta la paura che ci ha messo addosso. La selva di norme e ordinanze e linee guida e modelli suggeriti tra cui si sono dovuti destreggiare è una specie di martirio incruento.

Era organizzato dai salesiani; siamo a Gorizia e il parco è il Coronini Cromberg. E così dalle 10 di mattina di ieri Stefano non è più qui. Il sindaco non riesce a dire niente, chissà i suoi.


VERMICINO, ALFREDINO, RAMPI

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Ma cosa diavolo hanno questi maledetti pozzi contro i nostri bambini? Sembrano bocche orride. Brutte come la paura che ci gela il sangue solo a pensare cosa vivrebbe nostro figlio o il figlio di chiunque a venirne risucchiato. Non ce la si fa quasi più a metterci la testa per non parlare del cuore, su questi fatti, a pensare ai nostri bambini mangiati da un buco nel terreno. Pochi, forse, ma quanto è orribile che accada anche solo a qualche decina? Non li vogliamo più nel nostro immaginario comune alimentato dalla tv verità, dal piccolo Alfredo Rampi in qua; con quella canottiera a righe che mi ricordo come fosse stata mia; come quel piccolo spagnolo inghiottito anche lui da un pozzo artesiano rimasto aperto; caduto mentre giocava coi suoi e doveva solo godersi un pic nic con i mamma e papà e il fratellino, l’unico rimasto dopo la morte di un altro loro bimbo. Basta, chiudete quelle bocche, buchi maledetti. Non c’è immagine che rappresenti meglio il senso di angoscia e morte come un pozzo che si apre in silenzio e all’improvviso sotto i piedi ancora brevi di qualche piccolo tra i nostri. Basta, maledette fauci di terra. Chiudetevi. Ogni volta i soccorsi rappresentano tutta la nostra volontà di adulti di salvarli; dopo che sempre noi adulti non li abbiamo protetti abbastanza.

O mio Dio, quanta inutile e stucchevole retorica. Non si sa che dire, in queste occasioni, ha ragione il sindaco di Gorizia. Zitti, magari a piangere sommessi per non urlare un dolore che deve restare subalterno a quello dei genitori di Stefano. Ognuno al suo posto, quindi.

A piangere, pregare, custodire figli sapendo che ci sono dei pozzi scuri in giro. Anche a fare indagini, scoprire se quella copertura fosse regolare o no; resta il fatto che non sia bastata a reggere il peso piuma di un dodicenne. E saperla “a norma” darebbe pace a qualcuno oltre a chi dovesse risponderne penalmente? Cosa non da poco, cosa enorme. Chissà che non sia un brav’uomo, che la cosa non sia successa davvero solo per una tragica fatalità. E allora che si fa? Si inveisce a suon di dove andremo a finire perché ci sono ancora pozzi aperti a risucchiarci i figli fino a che non ci saremo stancati di inorridire?

Si fa che la tragica fatalità non è mai totale se tutto avviene sotto gli occhi amanti di un Padre. Che spiegazione potrà dare alla mamma, al papà di Stefano? Nessuna spiegazione. Solo consolazione, compagnia e una promessa di Paradiso da vivere insieme. Una morte innocente, quella di Stefano, fine forse di una piccola vita già compiuta? E non è la cosa più importante di ogni vita quella di essere pronti all’incontro decisivo? Resta tutto lo sgomento, lo shock, l’ingiustizia radicale di una morte avvenuta così.

Ma davvero, chissà che non fosse pronto, Stefano. C’è una piccola storia che lo riguarda già e per la quale era stato premiato: durante una partita di calcio aveva rinunciato a segnare un gol a porta scoperta per soccorrere il portiere avversario che si era fatto male. Stefano era un attaccante in una squadra di esordienti goriziana, l’U.S. Azzurra. L’Associazione Atleti Olimpici e Azzurri d’Italia, Stelle al merito dello Sport del Coni e Panathlon International Club avevano organizzato la manifestazione “le eccellenze dello sport”. Lui e un compagno erano stati premiati per il loro esemplare fari play. (vedi su Il Piccolo)




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La morte quindi resta nella sua durezza ma a sapere di Cristo e della sua vittoria la si guarda forse con meno rancore, con un terrore non definitivo, con una speranza nel cuore che non sembra più tanto crudele: ci rivedremo, caro Stefano, proprio là dove tu ora sei già felice. Spero che la sua mamma possa avere la grazia di pensare questo, se non di più.

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