La peggiore delle miserie, per la grande santa e riformatrice spagnola, è vivere senza Dio.Al termine del suo percorso spirituale, Teresa d’Avila scrive il Libro delle Dimore, nel quale ella paragona la nostra anima – dove abita Dio – a un castello. Le prime dimore corrispondono all’ingresso nella vita spirituale e sono il fondamento di tutto quel che va a seguire.
Per farlo ella si fonda in particolare su quattro citazioni bibliche: «Nella casa di mio padre vi sono molte dimore» (Gv 14,2), che secondo lei evocano questo “castello interiore”. «Se qualcuno mi ama, custodirà la mia parola; mio padre lo amerà, noi verremo a lui e porremo in lui una dimora» (Gv 14,23), che è come un riassunto dell’itinerario spirituale che descrive. «Dio pone le sue delizie tra i figli degli uomini» (Prov 8,31), che ci mostra come siamo il paradiso di Dio. E «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza» (Gen 1,26), ovvero l’attestazione che siamo creati per amare come Dio ama, poiché Dio è amore. La volontà di Dio è di farci capaci di amare così come egli ama.
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•I dimora
La prima stanza è il portico dell’ingresso nella vita spirituale. Le varchiamo quando ci decidiamo a cercare Dio in noi, a fondarci su lui, perché per santa Teresa d’Avila la peggiore delle miserie è vivere senza Dio, oppure immaginarsi che si possa fare il bene senza Dio. I quattro frutti della prima dimora, che maturano per tutto il corso del nostro cammino spirituale, sono la libertà, l’umiltà, il distacco e soprattutto la carità – che ne è pure il termine e il compimento. La seconda, terza e quarta stanza permetteranno di approfondire la vita spirituale compresa come un cammino verso Dio, una ricerca di Dio compresa come una progressiva partecipazione alla vita divina. Questo dono è gratuito, ma tutti dobbiamo deciderci ad accoglierlo, a fare di quest’accoglienza il centro della nostra vita e dunque a purificarci da quel che prende in noi il posto di Dio. È Dio che ci fa passare da una stanza all’altra: quando e come vuole.
•II dimora
La seconda stanza riguarda la purificazione della nostra relazione col mondo. L’arma da utilizzare, per arrivarci, è la fede in Cristo e l’affidamento a lui, nostro liberatore (cf. Gal 5,1).
•III dimora
La terza stanza riguarda l’illuminazione del rapporto con sé stessi. Si corre il rischio di essere come quel giovane ricco che comincia bene ma che alla fine se ne va sconsolato. La posta delle ultime stanze è il riuscire a riconoscersi come «un servo qualunque» che riceve tutto da Dio.
•IV dimora
La quarta stanza riguarda l’approfondimento del nostro rapporto con Dio. Una grande pace s’instaura progressivamente nelle profondità dell’anima. La fiducia, l’umiltà e la riconoscenza sono delle realtà che vengono vissute sempre più profondamente.
•V dimora
L’ingresso nella quinta stanza marca un cambio di passo: non si penetra dalla quarta alla quinta stanza come dalla seconda alla terza o dalla terza alla quarta. Consideriamo meno la nostra vita come un cammino verso Dio ma sperimentiamo che Dio vive in noi, come dice la parola di san Paolo: «Non sono più io che vivo, è Cristo a vivere in me» (Gal 2,20). Il desiderio di amare è più vivo: accogliendo una nuova vita, perdiamo i nostri vecchi punti di riferimento e le nostre sicurezze abituali.
•VI dimora
La sesta stanza è quella del “fidanzamento spirituale”: c’è un’alternanza di sofferenze legate al sentimento dell’assenza di Dio e di esperienze molto profonde della presenza di Cristo. Ciò opera una dilatazione più profonda del cuore e del desiderio di Dio. L’arma da utilizzare nelle prove di questa stanza è il riferimento costante alla santa umanità di Cristo: Gesù ci raggiunge nella nostra debolezza umana per trasformarla, vivificando il nostro desiderio di amare in comunione con lui.
•VII dimora
La settima stanza, infine, è il punto di perfezionamento segnato dall’unione con Dio nel “matrimonio spirituale”. Il matrimonio spirituale fu accordato a Teresa d’Avila il 18 novembre 1572. L’unione con Dio è una partecipazione profonda al desiderio di Dio di salvare tutti gli uomini. Attraverso il matrimonio spirituale tutto è trasformato e si riceve un nuovo desiderio di vivere assumendo la nostra condizione e i nostri impegni terreni in maniera ancora più concreta, senza alcuna fuga dal reale.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]