Non sono io con la mia forza di volontà a far andare avanti le cose...
Perché se desidero essere totalmente libero finisco per cedere e divento schiavo? Come può essere che la mia vita, le mie azioni e i miei pensieri non siano perfetti come li sognavo? La vita che sostengo tra le dita è così debole…
Come può marcire la pianta che ho curato con tanto impegno? Troppa acqua, troppo poca? Una pianta muore raramente per il fatto di ricevere poca acqua. Spesso imputridisce quando ne ha troppa.
I miei peccati pesano forse di più, molto di più, delle mie buone azioni. Almeno mi sembra che pesino molto nell’anima, nel mio corpo, come una grande lastra che non riesco ad allontanare dai miei pensieri.
Com’è possibile che la mia volontà sia così debole e che non riesca a resistere alla tentazione che suscita in me?
La colpa si inoltra come una marea nell’anima. Come una nebbia grigia che nasconde tutto. Non riesco a vedere il passo successivo per l’oscurità della colpa che mi acceca.

Vorrei essere esente da ogni colpa, vivere privo di qualsiasi mancanza o peccato, come un uomo perfetto, saggio e immacolato.
Vorrei fare bene tutto ciò che provo a fare, controllare tutto. Il mio animo, i miei gesti, i miei movimenti, le mie parole, i miei silenzi. Anche quello che penso o sento. Non funziona.
Il silenzio che cerco non mette a tacere le mie grida. La pace che tanto desidero non placa la mia rabbia. Cado inesorabilmente nella corrente del peccato e della trascuratezza, della tiepidezza e della mediocrità, dell’oblio e della paura.
È come se venissi portato come un automa dove non voglio andare, dove mi sento così infelice da non riuscire a tenere dentro di me rabbia e tristezza.
Come riuscire a spezzare quella catena di dolori che mi imprigiona lentamente il corpo e l’anima? Dice la Bibbia: “Ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo”.

È la sofferenza dell’esperienza della propria debolezza, della corrosione che produce il peccato nella mia anima, della povertà che sperimento non essendo padrone della mia vita.