Nel settimo anniversario della sua salita al Cielo, ricordiamo Carlotta: una promessa mantenuta, la sua vita e non ingiustamente stroncata. Voleva fare tutto e ci è riuscita, accettando la nuova via che Cristo le ha offerto attraverso la malattiaIl suo nome è tra i testimoni proposti ai giovani per il Sinodo del 2018 a loro dedicato. Quanta ricchezza, in queste vite e quanta speranza.
La sua storia dura quanto quella di S. Teresa di Lisieux: 24 anni. E come la sua ha a che fare con i fiori, la musica, la poesia, le dure battaglie, l’amore e il volere tutto. Nasce a Roma il 20 dicembre 1988 e muore a Benevento, il 16 luglio 2013, che è il giorno della memoria liturgica della Vergine del Carmelo: questo conferma un innocente”sospetto”.
Lo conferma ancor più la lettura della sua prima biografia autorizzata: nell’introduzione di Filomena Rizzo, Paolo Scarafoni, In un attimo l’infinito. Carlotta Nobile, è ben espresso e circostanziato proprio questo accostamento tra le due giovani, entrambe così ardenti:
Il 16 luglio 2013, festa della Madonna del Carmelo, Carlotta Nobile nasceva alla vita del Cielo. Era una giovane di 24 anni, come Teresa di Lisieux, che aveva scritto nell’ultima malattia: “Non muoio, ma entro nella Vita”, affermando anche la sua grande certezza: “Passerò il mio Cielo a fare del bene sulla Terra!” A un secolo di distanza, la santa carmelitana e la giovane violinista ci offrono la stessa eroica testimonianza di fede, speranza e amore. Nelle più grandi sofferenze, sono testimoni splendide dell’Amore di Gesù rivelato e dato nella sua Passione e Risurrezione. E’ la sofferenza trasfigurata dall’Amore e illuminata dalla più profonda gioia, perché la morte della Croce è seguita dal trionfo della vita nella Risurrezione, ed è così che Gesù ci ha aperto la porta del Cielo. ( pag. 9)
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Corro, ma sono stata afferrata
«[…] ma proseguo per poter afferrare il premio, poiché anch’io sono stato afferrato da Gesù Cristo», non si può non pensare a queste parole di San Paolo ripercorrendo la vita di questa ragazza talentuosa, bellissima ed elegante. C’è una corsa dell’anima nel sottofondo delle sue giornate così piene di studio, passione e attese formidabili. «La mia storia sarà diversa» scrive a 8 anni ed è un pensiero che lascia presagire un tormento, ma buono, come di chi si protende a investigare il mondo e se stessa in modo totalizzante. L’arte e la musica diventano per lei le corsie privilegiate dove lanciarsi alla ricerca di un appagamento e nella costante tensione alla perfezione; sì, era tanto esigente con se stessa.
Prova ne sia il suo essersi diplomata con lode al Conservatorio a 17 anni, il giorno prima di cominciare la maturità classica. Segno, forse, di un bisogno di corrispondenza radicale: se do il meglio di me al mondo, il mondo mi donerà il meglio. Era il 2005 e da allora la sua carriera è prodigiosamente decollata, anche se il premio più grande arriverà in ciò che proprio agli occhi del mondo sembra una sconfitta estrema; Carlotta incontrerà questo paradosso strano che le cambierà completamente la vita.
Studia nelle migliori accademie, scrive due libri, vince concorsi prestigiosi come violinista e si laurea con lode in Storia dell’Arte. Nel 2010, cioé a soli 22 anni, viene nominata direttore artistico dell’Orchestra da camera dell’Accademia di Santa Sofia di Benevento: cura una programmazione concertistica di durata triennale, formula inedita su tutto il territorio nazionale. E la sua proposta di cartellone è altrettanto duori dagli schemi: spazia da Mozart ai Beatles, da Piazzolla a Strauss, da Bach al Novecento Italiano e al Settecento napoletano, raccoglie consensi e successo di pubblico. Mentre è nel pieno di questa corsa vigorosa, ecco sulla strada l’incontro con l’occasione terribile e decisiva.
Nell’ottobre 2011 le viene diagnosticato un melanoma, un’obiezione durissima alla sua brama di vita. La ribellione a un destino che sembra segnato nel peggiore dei modi è la musica: Carlotta alterna cure ospedaliere debilitanti con il proseguire della sua carriera da violinista. La malattia è occasione di ribaltamento completo degli assi cartesiani della sua vita: nel 2012 apre un blog Il Cancro e poi_ in cui raccoglie i suoi pensieri e si apre alla condivisione con altri malati come lei.
A leggere tutto a posteriori s’intravede in tutto il bisogno essenziale di un interlocutore; l’arte in ogni forma è mettersi in rapporto con qualcuno che parli la lingua dell’infinitamente grande e anche condividere i pensieri di persona segnata dalla malattia è un altro modo di mettere sul tavolo la propria voce, perché qualcuno risponda.
E dunque arriva il 4 marzo 2013, il giorno in cui lei, che ha corso tanto incontro al bene e al bello, viene improvvisamente afferrata dal vero premio, che ha il volto di Dio: al risveglio da un coma, scopre di aver ricevuto il dono della Fede, una fede radicale in Gesù e una forte speranza nel significato salvifico della sofferenza. Lo racconta così:
Io sono guarita nell’anima. In un istante, in un giorno qualunque, al risveglio da una crisi.
Ho riaperto gli occhi ed ero un’altra. E questo è un miracolo.
L’essere umano freme e corre, e s’adopera e desidera ardentemente; poi arriva al limite estremo in cui comprende che tutto dipende dal lasciarsi afferrare da un Dio che viene incontro e si fa incontro. E Carlotta, dopo poco, avrà un’altra prova di questo: di un Dio che si lascia trovare, perché vuole salvarci e portarci in Paradiso. Il Venerdì Santo del 2013 a Roma, desiderosa di confessarsi, trova l’unica chiesa aperta all’ora di pranzo: San Giacomo in Augusta. Qui incontra il parroco Don Giuseppe Trappolini, che rimane sbalordito dalla coincidenza per cui proprio il giorno prima, ricevuto dal Papa, era stato invitato a tenere la chiesa aperta all’ora di pranzo del giorno successivo per permettere alle persone di confessarsi. Negli ultimi mesi di vita la fede e il legame con Papa Francesco saranno i grandi sostegni che la introdurranno al Cielo: il 16 luglio 2013, a poche ore dalla morte, rivolge con fatica ai suoi cari e al suo fidanzato l’ultimo saluto: «I miei tre uomini meravigliosi: papà, Alessandro e Matteo. La mia dolce mamma» e poi, accarezzando la guancia della mamma, «Cosa voglio di più?! Io sono fortunata.»
Un corpo malato e un’anima guarita
Sì, è così: Carlotta ha avuto tutto dalla vita e con la sofferenza e la morte ancora più vita. Quando parla della sua malattia ha la stessa autorevole competenza di quando si esprime sulla musica, la poesia, l’arte. Di una che sa davvero quello che dice. Ha un modo di vivere la croce, la sofferenza, dopo la rabbia, quasi nuovo. Non trattiene il fiato, non va in apnea ma respira a pieni polmoni questa paradossale, inattesa pienezza di vita, preludio alla gioia senza tramonto:
Pensieri di Carlotta Nobile
«Perché in fondo il modo che hai ora di guardare alla vita non potevi che raggiungerlo così» – aprile 2012
«Dunque ne parlo. Ne parlo con chiunque mi chieda di farlo, con chiunque sappia ascoltarmi, anche solo per qualche istante. Perché voglio che queste cicatrici diventino la mia forza, i trofei della mia vittoria perché fin dal primo istante ho capito che tutto in me sarebbe stato diverso per me dopo quella diagnosi. Che ogni cosa avrebbe acquisito una forma diversa, mai più incastrabile in quella che da sempre avevo stabilito per me stessa […]Ne parlo perché l’unico modo per convivere con questo peso è portarlo sulle spalle come fosse un premio, un trofeo, un vanto. Da mostrare a testa alta senza paura di esserne schiacciata o svilita o indebolita. Perché confido che anche questo dolore possa convertirsi in energia, in forza, in passione e determinazione e diventare infine il mio più grande orgoglio, il mio più grande successo. Ne parlo perché è la mia vita e in questa veste mi sembra ancora più meravigliosa» – 2012
«C’è un disegno più grande. Tutto questo ha un senso unico e io sono orgogliosa di poter crescere così e vivere questa cosa. E che bello che mi è arrivata la fede! Come facevo senza? Che vita ignobile! Che vita arida senza fede! Senza fiducia e abbandono a Dio! Che regalo questo cancro! Incommensurabile!» – 2013
«Caro Papa Francesco, Tu mi hai cambiato la vita. Io sono onorata e fortunata di poter portare la Croce con Gioia a 24 anni. So che il cancro mi ha guarita nell’anima, sciogliendo tutti i miei grovigli interiori e regalandomi la Fede, la Fiducia, l’Abbandono e una Serenità immensi proprio nel momento di maggior gravità della mia malattia». – 2013
Come racconta anche il fratello Matteo, il cancro non è un nemico ma un maestro. E lei, come nel suo stile, si dimostra un’allieva modello. Del 16 aprile è la puntata di Bel Tempo si spera dedicata ancora alla sua storia.