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Spiritualità
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Se Dio non è al primo posto, lo sono le sabbie mobili dei nostri pensieri

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Antonio Guillem / Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 13/07/20

Amare il Signore di più delle persone che amiamo ci tira fuori dal nostro caos: non è un'alternativa ai nostri affetti, è dar loro il vero fondamento.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.
Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera:
e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me;
chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.
E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. (Mt 10,34-11,1)

“Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare”. Ogni volta che ci capita di leggere questa pagina del Vangelo, rimaniamo quasi sempre senza fiato perché ci sembra così contradditoria una dichiarazione simile da parte di Gesù. Eppure sono parole di Lui che ci aiutano a ricordare che la fede non è una iniezione di emotività nel grigiore della vita, ma quella forza che ci tira fuori dal caos delle cose e ci spinge a delle scelte. Ma nessuno potrebbe scegliere se non riuscisse innanzitutto a distinguere, a separare le cose. La fusionalità nei rapporti, o nelle cose che facciamo, molto spesso sono la radice prima dei nostri problemi.

Gesù ci tira fuori dalla fusionalità e ci ridona la dignità di essere singoli, distinti, unici, liberi. “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me”. Amare il Signore di più di ciò che amiamo non è contrapporre gli amori ma leggerli l’uno dentro l’altro. È un po’ come se Gesù dicesse: se ami la tua casa al primo piano senza amare le fondamenta sappi che non ami davvero la tua casa perché senza un punto di appoggio stabile non riuscirà a restare in piedi. La priorità di Dio nella nostra vita non è a scapito di chi amiamo, ma a fondamento di chi amiamo. Senza il primo posto a Dio noi possiamo offrire solo le sabbie mobili dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti e delle nostre incoerenze. Solo Cristo rende stabile la nostra instabilità. “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me”. Solo quando ci prendiamo la responsabilità di quello che c’è dentro la nostra vita allora possiamo anche capire qualcosa di Cristo, perché Egli ci parla nella realtà e non nell’idealità. “Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”. Solo chi sa rischiare per ciò che conta trova qualcosa, chi non rischia rimane arenato alle proprie paure fino al punto di perdere anche ciò che pensa di avere.

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