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Com’è creare e pronunciare un’omelia? Un laico decide di scoprirlo

HOMILY

Philippe Lissac | Godong

Ray Cavanaugh - pubblicato il 12/07/20

Anche se solo con poche parole a settimana (o al giorno), il sacerdote ha la possibilità di sostenere le anime... e il livello di attenzione

Forse il modo migliore di collegarsi con molti parrocchiani in una volta sola, le omelie permettono al sacerdote o al diacono di condividere con il proprio gregge i frutti dei suggerimenti dello Spirito nella propria preghiera con la Parola di Dio e la tradizione bimillenaria della Chiesa. La stesura di un’omelia efficace non è ovviamente un compito semplice.

Nel tentativo di aiutare il clero in questo campo, la Congregazione vaticana per il Culto Divino ha diffuso nel 2015 un Direttorio Omiletico.

Nel 2018, Papa Francesco ha esortato il clero ad essere breve, senza “andare oltre i 10 minuti”, ma ha anche riconosciuto che i parrocchiani “devono fare la loro parte”: “Quante volte noi vediamo che nell’omelia alcuni si addormentano, altri chiacchierano o escono fuori a fumare una sigaretta…”

Considerazioni sulla lunghezza

Secondo padre Anthony Kadavil, 12 minuti è la lunghezza ideale di un’omelia domenicale, tra i 3 e i 5 quella delle Messe dei giorni feriali. “Si spinge però agli otto minuti per l’omelia domenicale, saltando quella dei giorni feriali”, ha affermato.

Padre Kadavil, anche se ora si è ritirato dal suo incarico di parroco della chiesa di San Giovanni Battista nell’arcidiocesi di Mobile, Alabama (Stati Uniti), è più attivo che mai a livello di omelie, traendo ispirazione dal fatto di “leggere o sentire grandi omileti, e ascoltare i parrocchiani e i loro problemi”.

Per ulteriori suggerimenti, il sacerdote si rivolge a varie risorse online, commenti selezionati della Bibbia e libri di padre Mark Link, SJ, e del teologo scozzese William Barclay.

Rendendosi conto che è naturale per i parrocchiani distrarsi, padre Kadavil sostiene l’utilizzo di storie e scherzi per aiutare a tener vivo l’interesse di chi lo ascolta. “La gente dimentica le dottrine, ma ricorda gli aneddoti”.

Quanto alla percentuale delle sue omelie che hanno avuto un impatto sui suoi ascoltatori, padre Kadavil dice che “lo sa solo Dio”.

Conoscere il gregge

Il diacono Paul Schwerdt, che ha servito come diacono per 26 anni, non ricorda più quante omelie ha pronunciato, ma pensa che siano più di 500. Basandosi sulle risposte ottenute dai parrocchiani dopo le celebrazioni, pensa che circa l’80% di loro abbia “raggiunto l’obiettivo”.

Schwerdt, che serve nella parrocchia di San Junipero Serra a Lancaster, in California, ammette di ricordare un’omelia che ha pronunciato e non è riuscita affatto a suscitare l’interesse del suo pubblico. “Il servizio era bilingue, e quindi ho predicato prima in spagnolo e poi in inglese. Non ricordo l’argomnto, ma avevo molto da dire… Quando ho iniziato a predicare in inglese il linguaggio corporeo era evidente, e una delle signore che mi conosceva bene mi ha detto poi che ero stato troppo prolisso”.

Nella formazione al diaconato, a Schwerdt è stato insegnato che l’omelia deve durare tra i cinque e i sette minuti, ma ammette: “Ultimamente ho parlato fino a 12 minuti, soprattutto se sono carico e mi rendo conto di aver catturato l’attenzione del pubblico”. Avere un testo stampato a portata di mano lo aiuta. “E se mi capita di divagare, mi rendo conto del linguaggio corporeo della congregazione”.

Per Schwerdt, il processo di composizione inizia in genere settimane prima. Legge le Scritture relativa alla domenica in cui dovrà pronunciare l’omelia e poi lascia che quei testi gli “sedimentino nella testa”. In genere trascorre tutta la giornata prima di pronunciare l’omelia a scriverla.

Le omelie di Schwerdt usano citazioni di vari santi, ma il libro che usa più spesso è il commento biblico di Girolamo. “Ho scoperto che quando parlo partendo dalle mie esperienze personali le mie omelie toccano di più la gente, e ottengo più reazioni dopo la Messa”.

Avvalersi della saggezza della Tradizione

Padre Steven Scherrer si basa sulla preghiera prima di pronunciare le sue omelie. Ordinato 48 anni fa, attualmente conduce una vita monastica a Ossining, New York. In precedenza ha esercitato il suo ministero in vari luoghi, dalla Georgia al Vermont e al Venezuela.

Padre Scherrer si sveglia alle 3.00, prega per 60-90 minuti e poi effettua ricerche sulle sue omelie per un’altra ora e mezza. Nel corso della giornata, scrive e rivede ogni omelia quattro volte.

La sua ricerca consiste nel leggere i Vangeli in greco e nell’analizzare poi vari commenti (in genere del XVIII e del XIX secolo), da cui trae citazioni. Poi, con “una o due idee” che desidera comunicare, inizia a scrivere. “Mentre scrivo mi vengono in mente altre cose”. Pensa poi agli esempi per sostenere le sue idee.

Il sacerdote crede che 10-15 minuti siano l’opzione migliore per l’omelia domenicale, mentre per quelle dei giorni feriali l’ideale è 3-4. Le sue omelie dei giorni feriali, però, sono in genere molto più lunghe, perché sono volte ai fedeli online anziché a un pubblico “faccia a faccia”.

Imparare qualche trucco

Secondo padre Roger J. Landry, sacerdote della diocesi di Fall River, nel Massachusetts, non c’è una “lunghezza ideale dell’omelia” che si possa applicare in ogni situazione. “Predicare ai bambini in una lingua straniera è diversa dal rivolgersi alle religiose a un ritiro nella propria lingua”, dice.

La maggior parte delle sue omelie domenicali dura 20-25 minuti, ma se si trova in una parrocchia in cui si è abituati a tempi inferiori punta a 12 minuti, allungandole poi gradualmente. “Se l’americano medio trascorre 30 ore a settimana davanti a uno schermo, è difficile per il Vangelo competere se il tempo è troppo breve”.

Per ispirarsi, padre Landry si rivolge alle opere di San Giovanni Crisostomo, Sant’Agostino, padre Raniero Cantalamessa, l’arcivescovo Fulton Sheen, William Barclay, il cardinale Joseph Ratzinger (Papa Benedetto XVI) e padre John Jay Hughes.

Trae ispirazione “innanzitutto dalla preghiera sulle quattro letture, sulle preghiere liturgiche della Messa, sul santo del giorno o sul mistero che viene celebrato”. Quando è sufficientemente ispirato, butta giù una serie di punti, che poi organizza.

Padre Landry inizia in genere a pensare all’omelia domenicale con sei giorni di anticipo, e la scrive il sabato. “Nel frattempo lascia ‘macerare’ le idee nella preghiera, facendo molta attenzione agli eventi attuali e alle aree in cui la luce della Parola di Dio potrebbe brillare dove regna l’oscurità”. “Penso anche alle grandi paure e alle ansie che può avere chi viene a Messa”.

Se vede che sta perdendo l’attenzione di parrocchiani che in genere sono attenti, cambia le carte in tavola. Può “usare una storia” o “cambiare il ritmo o il volume”, o anche usare una pausa. “Se c’è un silenzio di cinque secondi, quasi tutte le teste si voltano verso di te per vedere se sei ancora lì”.

Avvicinare le anime ai sacramenti

Landry aggiunge che per mantenere l’attenzione viva più a lungo, “i sacerdoti, come i buoni musicisti, devono variare le dinamiche – usare storie, ripetere temi essenziali in parole diverse, accelerare e rallentare, alzare la voce o addolcirla…”

L’autore sottolinea anche che valutare il grado di successo di un’omelia può essere più complesso della semplice misurazione del livello di attenzione del pubblico. Alcune delle sue omelie che personalmente non lo hanno colpito molto hanno invece portato “molte persone al confessionale”, mentre altre che pensava fossero tra le migliori che aveva pronunciato “sembra abbiano portato pochi frutti”.

Ci sono molti modi per valutare l’efficacia, e molti fattori da considerare quando si trasmette un messaggio che mira a sostenere le anime e a mantenere alto il livello di attenzione.

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