Un libro per i più piccoli che racconta l’avventura di una grande vita. Si può essere immersi nel mondo e nel cielo contemporaneamente? Sì, se si accolgono con entusiasmo gli spunti che vengono messi sul proprio cammino. Questo è stato il viaggio terreno di don Benzi.
«Scrivere questo libro è stato a tratti divertente ed emozionante, a tratti invece “terrificante” nel senso che avevo ben chiara la grossa responsabilità di scrivere una biografia su don Oreste!»
L’autrice
A parlare è Chiara Bonetto, giornalista, farmacista, missionaria, nonché autrice del libro Il viaggio di don Oreste. Esploratore del cuore dato recentemente alle stampe da Sempre Editore.
Mentre è in corso la causa di beatificazione, questo testo pensato per bambini e ragazzi ripercorre in modo affascinate, emotivamente coinvolgente, anedottico, i momenti cardine della vita del sacerdote riminese. Una vita vissuta intensamente, che si presta ad essere raccontata a mo’ di fioretti: la vocazione scoperta dalle parole della maestra Olga e mai più messa in discussione, l’infanzia povera e felice, la famiglia numerosa e i genitori dalla fede semplice, il viaggio in America nel ’58 per cercare fondi, fino al coraggiosissimo capitolo che tratta con delicatezza la fine della sua vita terrena. Sempre scritto in prima persona, come fosse “il don” che parla, con quel suo fare saggio e semplice, profondo e simpatico. Un viaggio in compagnia di Gesù, nel quale ogni evento è un insegnamento e una indicazione di nuove rotte.
La prima idea di scrivere questo libro è venuta a Luisa Tassi Tonelli, che da anni segue l’animazione dei bambini nella Comunità Papa Giovanni XXIII. «All’inizio Luisa mi ha contattata perché io lavoro per l’Editore Sempre – continua Chiara – e voleva qualche suggerimento su come rendere fattibile il suo sogno di raccontare la vita di don Oreste ai più piccoli. Poi mi è stato fatto l’invito di provare a scrivere io stessa il testo del libro».
È stato facile accettare questo incarico?
Ho accettato, ma avevo molti dubbi: ok, faccio la giornalista, ma non avevo mai scritto un libro e nemmeno un racconto… sarei stata capace di raccontare la storia di un personaggio famoso? Non mi sono mai sentita all’altezza di questo compito e anche ora, quando ricevo i complimenti di chi legge e apprezza il libro, dentro di me mi dico che è stato solo un caso se il libro è venuto bene.
Quasi quasi non volevo nemmeno mettere il mio nome come autrice del libro. Poi mi sono convinta perché con i diritti d’autore posso aiutare il centro diurno per bambini disabili in Tanzania, in cui sono stata 2 anni come missionaria (insieme a mio marito e mia figlia).
La raccolta e lo studio del materiale
Dove hai trovato il materiale?
Ho usato molto materiale preso da omelie e discorsi in cui don Benzi (che aveva un talento naturale come narratore) raccontava alcuni episodi della sua vita. Per la realizzazione del libro ho avuto accesso a tutto il materiale del centro di documentazione Apg23 e ho fatto un lavoro di ricerca su quasi tutti i testi che sono usciti finora su don Oreste, partendo da “Con questa tonaca lisa” fino all’ultimo pubblicato: “Ribellatevi”. Ho intervistato alcuni dei protagonisti degli episodi che ho raccontato: volevo essere fedele il più possibile a quello che era successo.
Ho coinvolto alcuni amici (di Rimini, di Roma, di Napoli) per riuscire a scrivere qualche frase in dialetto e rendere più reali (e simpatici) i dialoghi.
Non volevo però fare solo il resoconto di alcuni episodi storici, ma volevo coinvolgere il giovane lettore immergendolo nelle varie scene usando i cinque sensi: che odori c’erano? Che sensazioni tattili avrà provato in quell’occasione? C’era un’emozione che si poteva descrivere? Se sono riuscita in questo intento, è merito di un “Corso-laboratorio di scrittura” tenuto da Luigi Dal Cin (ha scritto più di 100 libri per ragazzi tradotti in 10 lingue!) a Ferrara, dal quale ho ricevuto tanti spunti e consigli interessanti.
A quel punto avevo il materiale grezzo, avevo qualche strumento e idea su come narrare…. mi rimaneva solo di iniziare a scrivere! Se sono riuscita ad arrivare alla fine di questo libro, lo devo al grande e costante incoraggiamento da parte di Luisa. Avevamo stabilito insieme gli episodi da narrare. Ho iniziato con un capitolo e gliel’ho mandato subito. Lei è rimasta contenta e mi ha incoraggiato. Ma io non ero ancora soddisfatta del risultato e così ho scritto una seconda versione e a lei è piaciuto molto. Così capitolo per capitolo sono andata avanti.
Hai seguito l’ordine cronologico?
No, non ho scritto il primo capitolo per primo, ma il primo ad essere scritto è stato il quinto. E l’ultimo capitolo (quello che parla della morte di don Oreste) non è stato l’ultimo ad essere scritto. L’ultimo che ho scritto è stato anche il più difficile (per me) da realizzare: il capitolo secondo, quello che parla dei genitori di don Oreste.
Non c’era un episodio in cui immergersi dall’inizio alla fine, ma dovevo raccontare alcuni fatti e avendo fatto la scelta di narrare tutto in prima persona (è don Oreste che racconta), era difficile. Prova e riprova, alla fine è venuto fuori anche quello!
Quando ho mandato il capitolo “Cos’è una casa famiglia” a Luisa, ero un po’ in ansia: lei e suo marito vivono la dimensione della casa famiglia da tanti anni… cosa avrebbe pensato? Le sarebbe piaciuto? Luisa mi ha risposto subito entusiasta: si era anche commossa e questa per me è stata la conferma che avevo fatto un buon lavoro. Io e Luisa avevamo anche una preoccupazione: le illustrazioni sarebbero riuscite a trasmettere la simpatia, la bontà e quel pizzico di furbizia che contraddistingueva don Oreste? I disegni di Giulia Boari sono stati davvero una bellissima sorpresa, restituendoci il prete dalla tonaca lisa che avevamo conosciuto.
L’illustratrice
A proposito dell’illustratrice, è Giulia Boari, che dal suo studio di Santa Maria Maddalena (RO) si occupa di progetti editoriali, comunicazione di immagine per le imprese e pubblicazioni per l’infanzia.
Hai avuto occasione di incontrare don Benzi o ne avevi solo sentito parlare?
Della figura di Don Oreste avevo solo sentito parlare, letto qualche articolo; conoscevo il suo volto per averlo incrociato nei servizi televisivi, ma confesso che prima di questo progetto le mie informazioni sulla sua persona erano piuttosto limitate. Ho scoperto invece solo a metà della realizzazione del libro, che l’autrice lo conosceva personalmente e questo mi ha fatto rileggere con un altro spirito quanto da lei scritto.
Che idea ti eri fatta di lui? Lavorare a questo progetto ha cambiato (del tutto o in parte) questa idea?
Avevo poche informazioni, troppo poche per farmi un’idea. Come tutte le persone che compiono scelte audaci, sapevo che portava con sé sia consenso che pareri di disaccordo. Nella lettura della sua biografia, ho apprezzato il coraggio e l’intraprendenza nel dedicare la propria vita agli ultimi, e agli altri in generale. Una storia incredibile.
Un lavoro a tre, tutto femminile
Con chi ti sei coordinata per la realizzazione delle illustrazioni? Con l’autrice, con la grafica, con l’editore?
È stato un lavoro a tre, completamente al femminile, portato avanti in contemporanea: Chiara inviava i testi, io realizzavo le illustrazioni e Michela componeva il tutto… ovviamente confrontandoci su eventuali modifiche o scelte. A causa dell’emergenza sanitaria, non abbiamo potuto incontrarci di persona, ma per fortuna le idee e le parole viaggiano bene anche per altri canali!
Solitamente, mentre leggo un testo, vedo (nella mente) i personaggi, le ambientazioni, tutti i dettagli descritti, probabilmente come un qualsiasi lettore con un libro tra le mani. La fase successiva è riportare queste immagini su carta. Alle volte è una piccola magia, alle volte al “mago” non riesce subito il trucco… ha bisogno di studiarlo meglio. Comunque, si devono generare delle alchimie, sensibili a molti aspetti, poche volte relativi alla sola tecnica illustrativa.
Quasi un senso di protezione. L’amore e la fiducia nel prossimo incondizionati, mi hanno spiazzato, in un periodo storico così aspro, ancora di più.
Le illustrazioni sono realizzate rigorosamente a mano, a pennino e china. La colorazione è invece digitale.
Un aneddoto c’è stato, condiviso subito con Chiara e Michela.
In fase di inchiostratura e colorazione, sono solita ascoltare un po’ di musica; alle prese con la scena dell’angelo custode (capitolo “In viaggio con l’angelo custode”) realizzata in due momenti diversi, sono partite canzoni sugli angeli, una di Vecchioni, una di Morandi. Alla prima, ho notato la coincidenza ma non vi ho dato grosso peso. Ma il giorno seguente, quando è successo di nuovo, ho pensato che non poteva essere ancora una coincidenza!