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Spiritualità
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Come Pietro e Paolo anche noi siamo la bellezza multiforme dello Spirito

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Di Ondrej Prosicky|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 29/06/20

La Chiesa fin dalle sue origini ha risposto alla tentazione dell'uniformità, quella cercata e rovinosamente crollata sotto la Torre di Babele, con la ricchezza della diversità, ricomposta nell'amore. E i santi apostoli Pietro e Paolo ne sono emblema e fondamento.
In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?».
Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».
Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». (Matteo 16, 13-19)

È bello che lungo la storia la Chiesa abbia associato in unica festa i Santi Pietro e Paolo. Essi non solo rappresentano le colonne su cui si poggia la maggior parte dell’esperienza cristiana che conosciamo, ma sono anche il trionfo di quella diversità che la Chiesa fin da subito ha riconosciuto come ricchezza. Infatti in quanto a preparazione, a esperienza, a vissuto personale, a carattere, temperamento e scelte, Pietro e Paolo sono fondamentalmente diversi. E quando ci si trova di fronte alla diversità la tentazione è sempre quella di voler uniformare a un unico modello, a un’unica idea, ad un’unica modalità. È la tentazione di Babele che pensa che il mondo sarà migliore solo se avrà un’unica lingua, un’unica cultura, un’unica torre. E questo a scapito della diversità e dell’unicità di ognuno. Il contrario di Babele è la Pentecoste. Infatti nell’esperienza del dono dello Spirito, tutti i popoli diversi comprendono il linguaggio degli apostoli senza rinunciare alla propria lingua natia. Ecco perché la festa di oggi è una festa importante per ognuno di noi, perché ci interroga su quella fraternità e comunione a cui siamo chiamati e che ci domanda di edificare la Chiesa ognuno con il proprio carisma, la propria storia, la propria diversità. Il Vangelo di oggi ci narra le parole che Gesù pronuncia su Pietro, rendendolo la roccia su cui si fonda la Chiesa: “E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Ma se a Pietro sono riservate le chiavi, a Paolo potremmo dire che Cristo ha consegnato la soglia. Chi è più missionario di Paolo? In questo modo la Chiesa appare stabile e missionaria. Capace di raccogliere e capace di spargere. Paolo e Pietro sono le due facce della stessa medaglia, per questo non possono essere pensati mai da soli.
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