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Dov’è il riposo del cuore?

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Thanongsak Bunma | Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 26/06/20

Il mio cuore cerca la perfezione, ma in genere naufraga nelle imperfezioni...

Mi piace guardare il mio cuore e quello delle persone che conosco. Mi piace pensare a tutto quello che c’è nel cuore umano. Dolori, gioie, pene, contrarietà, sogni, rancori, perdoni…

Cosa abita nel mio cuore? Il mio cuore è sano o malato? C’è più dolore che gioia, più rancore che gratitudine? Il mio cuore è un’oasi di pace o un mare in piena tempesta? Il mio cuore è un luogo in cui posso essere me stesso, senza paura?

È il mio cuore che può salvarmi la vita. Quando è sano mi salva, quando è malato mi affonda.

Il mio cuore è pieno d’amore. Di vita e di morte. Di grandi contraddizioni. Amare fa male, l’amore mi fa sempre soffrire. Quando amo e mi lascio amare tutto si complica, e allo stesso tempo la vita vince in bellezza.

Col tempo sono arrivato a pensare che tutto dipenda da come guardo le cose. Non ho il cuore solo per sopravvivere. Il mio cuore si attacca alla vita, alle persone, in profondità.

Il mio cuore è spesso altezzoso. Si sente al di sopra del bene e del male, è ferito. Si indurisce per non soffrire, perché la sofferenza fa male.

Il mio cuore ha sete di infinito, ma a volte si accontenta di poche cose, vive fermandosi alla superficie della vita. Credo piuttosto che sopravviva in mezzo al deserto, e sente che forse in un’altra vita sarà tutto più bello, più pieno, più vero.

Il mio cuore si innamora e si disinnamora. Si commuove fino alle lacrime o resta immutabile. Il mio cuore si attacca come un bambino ai giochi infantili e ride a crepapelle.

Il mio cuore è possessivo e al contempo generoso. Vuole dare la vita senza aspettarsi nulla in cambio mentre trattiene ogni secondo che gli sfugge.

Il mio cuore vola su ali d’aquila. Si riempie di superbia quando trionfa e vince. E piange amaramente quando viene sconfitto.

Il mio cuore vive di piccole gioie aspettandone di grandi. Fa corse infinite e si ferma stanco sul ciglio della strada.

Il mio cuore trema e si arrabbia con la vita perché si aspetta sempre più di quanto riceve. Il mio cuore è ferito perché spesso ha amato e non è stato ricambiato.

Il mio cuore trema e dubita perché i fallimenti lo spaventano. Il mio cuore è trasparente e si nasconde per paura che gli altri vedano ciò che non gli piace di se stesso.

Ho un cuore piccolo che sogna di essere grande. Un cuore che si attacca alle cose finite. Ho un cuore da poeta e un’anima da navigatore, sogni da pellegrino. E allo stesso tempo scrivo in prosa le ore della mia giornata.

Il mio cuore cerca la perfezione, ma in genere naufraga in ciò che è imperfetto. Il mio cuore guarda ogni mattina al cielo aspettando che venga un’ombra a coprirlo.

È per tutto questo, forse, che mi piace tanto guardare il cuore di Gesù, che mi dice: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero”.

Mi sento tranquillo mentre aspetto di addentrarmi nel Cuore di Gesù. Perché lì ho un posto. Lì riposo e sono me stesso, senza paura di uno sguardo che mi giudichi e mi rimproveri.

Lì, in quel cuore aperto perché è ferito, posso arrivare con le mie ferite ed essere riconosciuto come figlio. Lì Gesù mi dice di non tremare, perché sono già a casa, nel suo nido.

Lì il tempo non passa, è fermo. L’eterno diventa improvvisamente un istante di pace infinita. E io contemplo tacendo Gesù e il suo cuore immenso.

E credo a quello che mi dice. Mi dice di andare da Lui quando sono stanco e angosciato per trovare sollievo. Oggi non sono forse pieno di paura e turbamento? Solo in Lui posso trovare riposo.

In Lui sembra che il mio peso sia leggero. Che paradosso! Io che soffro tanto nella vita per cose così piccole… E Gesù mi dice di non avere paura. Di riposare accanto a lui. Che il suo giogo è leggero.

Quel giogo è quello che mi unisce per sempre a Lui. Benedetta comunione. E allora confido nel fatto che il suo amore così grande mi insegnerà quello che ancora non so.

Perché non sono mite né umile di cuore. E Lui sì. È mite quando deve affrontare la Croce e il dolore. È umile quando tanti pretendono di acclamarlo come re.

Gesù ha un cuore simile al mio e allo stesso tempo tanto diverso… Il suo cuore non è diviso in buone intenzioni e bassi propositi. Il suo cuore non ha quella piaga della nascita che mi fa realizzare il male che voglio evitare a ogni costo.

Il suo cuore non è spezzato, né malato.

E nonostante questo, il mio cuore assomiglia molto al suo. C’è in lui un seme di eternità che tante volte ignoro. E allo stesso tempo un desiderio di amare fino al più profondo delle mie viscere.

Quel desiderio mi muove fino a donarmi a chi amo.

Chiedo a Gesù di permettermi di condividere i suoi sentimenti. Di rendermi umile e mite, allegro e fedele, compassionevole e semplice, magnanimo e povero. Voglio sentire nella sua ferita tutto ciò che Egli sente. Assomigliare a Lui ogni giorno di più.

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