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Le fondamenta giuste per non far crollare la casa della nostra fede

LITTLE BOY PLAYS,

Pelevina Ksinia | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 25/06/20

Per rimanere in piedi bisogna diminuire le parole e far aumentare i fatti. Per questo nel Vangelo i più grandi personaggi parlano poco e fanno molto. San Giuseppe ne è l’esempio più straordinario.

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi. (Mt 7,21-29)

Non chi dice ma chi fa. Potremmo sintetizzare così il brano del vangelo di oggi che ci mette in guardia da una religione fatta di parole che si contrappone a una fede fatta di fatti: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. Gesù arriva fino al punto di affermare che chi vive così è per lui un estraneo, nonostante abbia vissuto facendo molte cose in Suo nome: “Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità”. Il discepolo non è uno che riesce a vivere quello che gli domanda il Vangelo, ma è colui che ogni mattina si sforza di provare a vivere secondo ciò che gli indica il vangelo anche se non ci riesce.

La santità infatti consiste nel tentativo, non nel risultato. Esso, invece, è un dono della Grazia, ma è un dono che si poggia anche sulla nostra libertà. È la fatica di scavare, con i nostri tentativi, le fondamenta giuste per far reggere il grande edificio della nostra fede, che in fondo è una relazione. Per questo Gesù usa una suggestiva immagine di case costruite su fondamenta diverse: “Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”. Per rimanere in piedi bisogna diminuire le parole e far aumentare i fatti. Per questo nel Vangelo i più grandi personaggi parlano poco e fanno molto. San Giuseppe ne è l’esempio più grande.
Matteo 7,21-29

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