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Tutto il male di cui ci accorgiamo negli altri è prima di tutto nostro

MAN, FACE, MIRROR

Dean Drobot | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 22/06/20

Giudicare è un verbo che ha come oggetto innanzitutto la nostra conversione: solo chi non è riconciliato col proprio male punta il dito contro il male altrui.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati;
perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati.
Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?
O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave?
Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». (Mt 7,1-5)

La questione del giudizio è una questione che riguarda ognuno di noi per un motivo molto semplice: l’altro è per noi lo specchio migliore in cui vedere la verità di noi stessi. L’errore però che facciamo è quello di pensare che ci stiamo accorgendo dei difetti degli altri, del loro limite, della loro debolezza, dimenticando che in tutto quello che apparentemente di vero stiamo dicendo dell’altro, ci siamo noi. Sovente l’asprezza dei nostri giudizi nei confronti degli altri, sottintende una mancanza di accettazione di quelle stesse cose dentro di noi.

Solo chi non si vuole bene vede sempre il male negli altri. Chi è riconciliato con se stesso guarda l’altro sempre con misericordia, con benedizione. Gesù è netto nel chiedere ai suoi discepoli di prendere di petto una simile cosa e correggerla: “Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati”. È un po’ come se volesse dirci che ci conviene lavorare sul nostro giudizio per poter trovare lo stesso giudizio benevolo quando alla fine della storia saremo tutti giudicati da Colui che è il giusto per eccellenza. E il primo passo è correggere in noi stessi ciò che vorremmo correggere negli altri: “Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”. Messa in questo modo, la nostra capacità di giudicare ha come sbocco naturale la nostra personale conversione. Tutto il male di cui ci accorgiamo nel mondo e nell’altro dobbiamo estirparlo innanzitutto da noi, e così avremo davvero cambiato il mondo. Infatti sono io il primo pezzo del mondo che deve cambiare. Se parto da me, smetto di tenere il dito puntato.

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