Aleteia logoAleteia logoAleteia
venerdì 29 Marzo |
Aleteia logo
For Her
separateurCreated with Sketch.

Incontro i pazienti nel momento più difficile della loro vita

web3-patient-hospital-bed-sick-shutterstock_774940648.jpg

Fraternità San Carlo Borromeo - pubblicato il 22/06/20

"Il loro bisogno mi pone davanti agli occhi il mio bisogno di essere in rapporto con il Mistero di Dio", la testimonianza di un cappellano d'ospedale.

Di Stefano Pasquero

Da circa due anni sono cappellano ospedaliero in un importante ospedale di Praga.
Quando all’inizio andai dal Vicario per la pastorale della diocesi a dirgli che desideravo iniziare questo tipo di servizio, lui mi pose una domanda: “Vuoi essere un cappellano per tutti o andare a portare i sacramenti ai cattolici? Sappi che magari ti sarà chiesto di aiutare un malato ateo o un musulmano”. Gli dissi che volevo essere in ospedale per tutti.
Il mio compito è girare di stanza in stanza: non so quasi mai chi incontrerò. Ogni volta, è come ricominciare da capo. Ogni paziente ha una sua storia di gioie e di dolori e io lo incontro nel momento forse più difficile della vita sua e dei suoi famigliari. Nel tempo, sto incominciando a capire che ciò che mi è chiesto è semplicemente stare con queste persone. Non ho risposte ai loro perché sul dolore o sulla sofferenza, sulla malattia che li ha colpiti. Sto semplicemente con loro, certo che Colui che ha cambiato la vita a me è venuto anche per loro.


WOMAN, HOSPITAL, SAD

Leggi anche:
Caro don Vincent, non ho paura della morte ma della sofferenza

Quando incontro un paziente, è come se fossi messo improvvisamente di fronte alle domande più profonde dell’uomo.
Un giorno, ad esempio, mi chiamano per un malato in coma. Arrivato da lui, inizio a pregare una decina del rosario. Gli dico piano che Dio gli vuole bene e che è presente. Mentre sussurro queste cose, mi pare evidente che lui stesso è segno di questa presenza. Il suo essere immobile, in coma, è per me un segno che il valore della sua vita è tutto nel suo “esserci”, cioè nel suo essere in rapporto con il Mistero, null’altro. Nei giorni successivi, è sempre il primo che vado a visitare, entrando in ospedale.
Un’altra volta, ho incontrato una donna che mi disse di essere atea. All’inizio, aveva cercato di allontanarmi dicendomi che con lei perdevo tempo. Poi, ha cominciato a parlarmi di sua figlia, di quanto si vogliono bene e di tutti i momenti belli della sua vita. Abbiamo passato molto tempo a parlare, fino a quando, quasi sorpresa lei stessa da quanto diceva, mi ha confessato che pensava che quella bella vita non potesse semplicemente finire così. Si chiedeva se non ci fosse qualcosa di più grande, oltre la vita terrena.

HOSPITAL
Shutterstock | smolaw

Un altro incontro tra i più belli è stato quello con Peter, un uomo di 32 anni, e con la sua famiglia. Era gravemente malato di cancro al cervello: l’ho visitato per due settimane prima della morte. Ricordo che in quei giorni stare con lui era come stare con l’amico più caro, che ti ricorda il senso della vita.
Lui era cattolico, sua moglie no. Abbiamo fatto il funerale nella nostra parrocchia e durante la predica io ho parlato di come Peter pregava, di come mi parlava del figlio di un anno. Alla fine della messa, la moglie con il bambino in braccio è venuta da me a chiedermi di aiutarla ad educarlo nella fede. In quel momento, sono rimasto spiazzato per come Dio può rendersi incontrabile anche attraverso la malattia e la morte di un giovane padre di famiglia.
La mia esperienza è che, di fronte a queste persone, io sono messo, innanzitutto, di fronte alla mia povertà. Il loro bisogno mi pone davanti agli occhi il mio bisogno. Ogni volta che entro in una camera, cerco di ricordarmi che vado dai malati per riscoprire chi sono io e quello che è accaduto a me. Solo così, infatti, il mio servizio di cappellano può essere anche un aiuto reale alle persone che mi sono affidate.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA FRATERNITÀ SAN CARLO

Tags:
fedemalattia
Top 10
See More