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Il Papa: arroganza e violenza non spengono la testimonianza dei cristiani

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Vatican News - pubblicato il 21/06/20

I cristiani perseguitati sono i martiri dei nostri giorni. Nella preghiera mariana, Papa Francesco riflette sul Vangelo di Matteo, in cui risuona l’invito che Gesù rivolge ai suoi discepoli a non avere paura di fronte alle sfide della vita e alle avversità

Quella dei cristiani perseguitati, oggi come “in ogni tempo”, è una realtà “dolorosa”, ma attesta la “fedeltà dei testimoni” di Gesù e la loro “comunione con Dio”:di fronte a chi tenta di “spegnere la forza evangelizzatrice con l’arroganza e la violenza”, sono “i martiri dei nostri giorni”. All’Angelus in Piazza San Pietro, Francesco esorta i fedeli a non cedere “mai” allo sconforto, affidandosi sempre a Dio e alla sua grazia, “più potente del male”.

Nella luce e dalle terrazze

Il Papa riflette sull’odierno Vangelo di Matteo, in cui risuona l’invito che Gesù rivolge ai suoi discepoli a non avere paura: la paura, spiega, “è uno dei nemici più brutti della vita nostra cristiana”. Dunque Gesù invita gli apostoli “ad essere forti e fiduciosi di fronte alle sfide della vita”, anche alle “avversità”. Si tratta, chiarisce, del “discorso missionario” con cui Cristo prepara gli apostoli alla “prima esperienza di annuncio del Regno di Dio”. Affronteranno anzitutto “l’ostilità di quanti vorrebbero zittire la Parola di Dio, edulcorandola, annacquandola o mettendo a tacere chi la annuncia.

Gesù incoraggia gli apostoli a diffondere il messaggio di salvezza che Lui ha loro affidato. Per il momento, Lui lo ha trasmesso con cautela, quasi di nascosto, nel piccolo gruppo dei discepoli. Ma loro dovranno dire “nella luce”, cioè apertamente, e annunciare “dalle terrazze” – così dice Gesù – cioè pubblicamente, il suo Vangelo.

Per il Vangelo e con amore

I “missionari di Cristo”, aggiunge, incontreranno la minaccia fisica contro di loro, “cioè la persecuzione diretta contro le loro persone, fino all’uccisione”.

Quanti cristiani sono perseguitati anche oggi in tutto il mondo! Se soffrono per il Vangelo e con amore, sono i martiri dei nostri giorni. A questi discepoli di ieri e di oggi che patiscono la persecuzione, Gesù raccomanda: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima» (v. 28). Non bisogna lasciarsi spaventare da quanti cercano di spegnere la forza evangelizzatrice con l’arroganza e la violenza. Nulla, infatti, essi possono contro l’anima, cioè contro la comunione con Dio: questa, nessuno può toglierla ai discepoli, perché è dono di Dio. La sola paura che il discepolo deve avere è quella di perdere questo dono divino, rinunciando a vivere secondo il Vangelo e procurandosi così la morte morale, effetto del peccato.

Nelle mani di Dio

Gesù parla poi di quella sensazione, che si potrà pure sperimentare, che Dio stesso abbia abbandonato i propri figli, “restando distante e silenzioso”. Eppure, chiarisce il Pontefice, “pur attraversando queste e altre insidie, la vita dei discepoli è saldamente nelle mani di Dio, che ci ama e ci custodisce”.

Non si tratta di una semplice esortazione a recuperare fortezza e coraggio di fronte alle tribolazioni e ai pericoli. No, si tratta di una precisa certezza che il Signore ci invita a rinnovare nel nostro cammino ogni giorno e in ogni momento. Il Padre si prende cura di noi, perché grande è il nostro valore ai suoi occhi. Ciò che importa è la franchezza della testimonianza di fede: “riconoscere Gesù davanti agli uomini” è la condizione per essere “riconosciuti” da Gesù davanti al Padre; condizione di salvezza, di vita eterna con Lui nel Paradiso.

Prima dei saluti, l’invocazione a Maria Santissima, modello di fiducia e di abbandono in Dio propria nell’ora dell’avversità e del pericolo.

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