La vita dell’ex Ministro degli Esteri francese, totalmente donata alla sua missione politica, potrebbe essere un giorno un esempio per la ChiesaPadre dell’Europa e uno degli autori della Dichiarazione del 9 maggio 1950, il testo che ha fondato l’Unione Europea, il francese Robert Schuman potrebbe essere un giorno beatificato.
“Avrei potuto diventare sacerdote. (…) In questo caso, durante la guerra, sarei stato cappellano. Alla fine, però, ho deciso di aiutare gli atei a vivere in modo fraterno anziché aiutare i cristiani a morire”. Così Schuman riassumeva la propria missione.
La vita dell’ex Ministro degli Esteri francese, totalmente donata alla sua missione politica, potrebbe essere un giorno un esempio per la Chiesa. La sua causa di beatificazione, presentata a Roma nel 2004, è attualmente in corso. La Congregazione delle Cause dei Santi sta aspettando un miracolo per riconoscere com beato colui che può essere già chiamato “servo di Dio”.
Prima di parlare del lavoro di politico dobbiamo prendere in considerazione la sua fede, ha affermato padre Joseph Jost, vice-postulatore della causa di beatificazione di Schuman, alla KTO nel 2013. A suo avviso, in base alle testimonianze raccolte nel giudizio diocesano, la fede era la “motivazione profonda” di tutte le sue azioni.
Una vita interiore che lo spingeva all’azione
Schuman meditava ogni mattina sui passi del Vangelo, ed è stato fin da giovane assiduo del Rosario, che si sforzava di recitare tutti i giorni. Per il vescovo Bernard Ardura, anche lui postulatore della causa, non c’è dubbio: se Schuman ha raggiunto quell’“inversione del movimento che ha portato da una guerra all’altra”, è perché si è lasciato trasformare prima da dentro, iniziando con “la sua stessa conversione”.
Per quanto possa sembrare sorprendente, colui che sarebbe diventato uno dei padri fondatori dell’Europa non ha abbracciato la politica “per ambizione”, ha ricordato il suo grande amico Jean-Marie Pelt. I suoi genitori avevano incoraggiato il giovane laureato in Giurisprudenza a diventare deputato nella sua regione, la Mosella, nel 1918, e nel 1948 è entrato nel Governo come Ministro degli Esteri. Un destino politico che suona più come una chiamata che come una carriera pianificata.
Segnato dalla guerra del 1870, che lo trasformò in cittadino tedesco per via dell’annessione di Alsazia e Lorena, soldato nel 1918, incarcerato dalla Gestapo durante la II Guerra Mondiale, Schuman vide succedersi i conflitti e rimase ferito da quegli anni di lotta che non sembravano finire mai.
Fu forse spinto dallo Spirito che nel 1950 puntò su una scommessa inconcepibile agli occhi di alcuni: proporre la creazione di una comunità del carbone franco-tedesca (CECA). Riunendo la produzione prima necessaria per la guerra, Schuman avrebbe gettato le basi per un’Europa della pace. “La pace mondiale non si può salvare senza sforzi creativi in base ai pericoli che la minacciano”, disse nel comunicato.
Sostegno del Papa
Il coraggio e il sogno europeo del francese sarebbero stati presto sostenuti dal Vaticano. Pochi mesi dopo la sua famosa dichiarazione del luglio 1950, il politico si riunì con la massima discrezione a Luxeuil, nell’Alta Saona, con un gruppo di rappresentanti diplomatici.
Tra questi c’erano Alcide De Gasperi, capo del Governo italiano e grande amico di Schuman; John Brown, delegato dell’ambasciata degli Stati Uniti a Parigi, e il nunzio apostolico Angelo Giuseppe Roncalli, che sarebbe poi diventato Papa Giovanni XXIII. Il futuro Pontefice sarebbe anche stato ricevuto per pranzo a casa di Schuman, a Scy-Chazelles.
In seguito, pur senza menzionare esplicitamente Schuman, Papa Pio XII sostenne il progetto europeo alla fine della guerra, richiamando all’unione dei popoli. Negli anni Cinquanta e Sessanta, la Santa Sede sostenne tutte le iniziative dei democristiani a favore dell’unità europea: dalla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) alla Comunità Europea di Difesa (CED).
Giovanni Paolo II citò direttamente Robert Schuman, un uomo “ispirato da una profonda fede cristiana”, come modello per i cristiani impegnati nella politica attuale, soprattutto quando arrivò a Strasburgo nel 1988 e ricevette il 7 novembre 2003 i partecipanti a una riunione organizzata a Roma per la cooperazione dei democristiani in Europa. Il Papa polacco è stato uno dei vincitori del Premio Carlo Magno, conferito alle personalità che lavorano per l’unità dell’Europa.
“Arrivare alla santità come politico”
Culturalmente vicino alla personalità franco-tedesca di Schuman, Papa Benedetto XVI ha vissuto le gravi conseguenze dei ripetuti conflitti. A suo avviso, la costruzione europea era una vittoria magnifica, e ha ribadito varie volte il desiderio che questa iniziativa mantenesse l’eredità cristiana auspicata dai suoi padri fondatori.
Dal canto suo, Papa Francesco ha citato Robert Schuman fin dall’inizio del suo pontificato. “Si può diventare santo facendo politica”, ha detto parlando di lui a circa 5.000 membri del ramo italiano della Comunità di Vita Cristiana (CLC) nel 2015.
Anche il Pontefice argentino ha ricevuto il Premio Carlo Magno, nel 2016. “I progetti dei Padri fondatori, araldi della pace e profeti dell’avvenire, non sono superati: ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri. Sembrano esprimere un accorato invito a non accontentarsi di ritocchi cosmetici o di compromessi tortuosi per correggere qualche trattato, ma a porre coraggiosamente basi nuove, fortemente radicate”, ha detto nella cerimonia di conferimento del premo.
Più di recente, durante una delle sue Messe quotidiane a Santa Marta, il vescovo di Roma ha auspicato che il Vecchio continente trovi il “sogno” di unificazione auspicata dai padri fondatori. Robert Schuman ha sicuramente ispirato più di un Papa.