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Il male è solo un mito?

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Robert McTeigue, SJ - pubblicato il 17/06/20
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I Greci non la pensavano così, e non dovremmo farlo neanche noiQuali frasi vi metterebbero in guardia? Quali parole instillerebbero in voi un misto di curiosità, sospetto e cautela? Suggerisco che dovreste stare particolarmente attenti quando qualcuno dice sprezzante “È solo…!” Qualche esempio potrà essere di aiuto.

È solo una teoria della cospirazione!

È solo retorica!

È solo qualcosa di tipico!

Ciascuna di queste frasi, e quelle simili, dicono “’Ho deciso di non pensarci!’, e con queste parole bandisco in modo sfacciato e irrevocabile te e le parole, le idee, i dati e i suggerimenti che da te possono provenire! Perché pensare – soprattutto a questo tipo di cose – è difficile. E scomodo. E allora vai via!”

Abbiamo incontrato tutti persone che concludono le conversazioni in questo modo. Se avessimo il coraggio di essere onesti con noi stessi, potremmo confessare che lo abbiamo fatto anche noi.

Vorrei attirare la vostra attenzione su un altro modo di liquidare le cose, che può nascondere alla nostra vista verità particolarmente importanti. Chissà quante volte l’avete sentito…

“È solo un mito!”

Chi parla sta cercando di liquidare quello di cui state parlando come se fosse un semplice mito, ovvero un resoconto del tutto artificioso, intrinsecamente falso e impossibile di quello che non può essere reale o vero e viene detto solo con l’obiettivo di ingannare. Il mito propriamente inteso, però, non è mai meramente tale. Nella migliore delle ipotesi, un mito svela grandi verità facendo appello all’immaginazione, al cuore e alla meraviglia.

Penso a questo perché di recente ho avuto il grande piacere di intervistare il noto autore padre Dwight Longenecker sul suo ultimo libro, Immortal Combat: Confronting the Heart of Darkness (potete ascoltare l’intervista qui).

In questo libro, che affronta il benessere spirituale e le lotte all’interno di ogni anima umana, padre Longenecker usa certe immagini tratte dalla mitologia greca. Perché lo fa quando scrive in un contesto specificatamente cattolico? Penso che la risposta a questa domanda si possa trovare nella risposta dell’autrice Flannery O’Connor alla domanda “Perché scrivi romanzi?” Replicò: “Perché lo so fare bene. E perché voglio dire certe cose che possono essere raccontate solo attraverso le storie”.

In modo simile, la mitologia greca è un buon modo per trasmettere verità in un modo efficace, memorabile e comunicabile. Lungi dall’essere un semplice elenco di fatti, o una descrizione di ipotesi incruente, i miti greci trasmettono il proprio contenuto con una vividezza che stimola profondamente i sensi, l’immaginazione e il cuore. Visto che questi miti colpiscono così efficacemente, sono facili da ricordare e da rivivere, e quindi da riferire. È per questo, credo, che la scelta di padre Longenecker di usare la mitologia greca per parlare di verità relative al benessere spirituale cristiano sia stata saggia.

Il sacerdote illustra i pericoli spirituali come specificatamente maschili e femminili. Quello maschile, l’animus, parla degli aspetti apertamente aggressivi dell’anima umana, piuttosto che esclusivamente di quelli maschili. Allo stesso modo quello femminile, l’anima, parla degli aspetti interiori e nascosti dell’anima umana piuttosto di quelli esclusivamente femminili. Come si esprime tutto questo nel libro?

In breve: le minacce dell’anima alle anime sono rappresentate dalle tre sorelle/streghe/mostri noti come Gorgoni: Medusa (Risentimento), Steno (Rivalità) ed Euriale (Vendetta). Questi impeti interiori negativi dell’anima possono portare ad azione negative e volente. I movimenti esteriori sono opera dell’animus.

Padre Longenecker usa la storia di Cerbero, il cane a tre teste guardiano dell’Ade, per illustrare un aspetto fondamentale della condizione umana caduta in termini di animus, ovvero la dimensione attiva e orientata all’esterno dell’anima. Come dice il sacerdote, le tre teste di Cerbero rappresentano Orgoglio, Potere e Pregiudizio. L’Orgoglio è l’affermazione assoluta “Ho ragione!”, è la prima testa di Cerbero. La seconda testa è il Potere – la volontà incontrollata messa al servizio dell’Orgoglio. La terza testa è il Pregiudizio – la convinzione incrollabile del fatto che visto che ho ragione tutti gli altri non possono che avere torto. In pochi paragrafi, padre Longenecker trasmette ciò che ogni essere umano onesto sa e di cui filosofi e teologi hanno scritto in modo quasi interminabile.

Quando queste due dimensioni dell’anima peccaminosa – animus e anima – si combinano, e accade in ogni essere umano, il risultato è la terribile creatura mitologica chiamata Gerione. Gerione è un potente gigante che cambia forma, ma che ha sempre un volto rispettabile, sorridente, “onesto”. Gerione è il bugiardo consumato, capace di convincere non solo gli altri, ma anche se stesso. Crede alle proprie bugie su di noi, sul mondo e su di sé.

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