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J.K. Rowling: vi spiego perché sono preoccupata dall’attivismo trans

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Anthony Harvey/Getty Images

Aleteia - pubblicato il 12/06/20

Un testo coraggioso sul tema sesso e genere e una presa di posizione chiara per la quale la Rowling sembra disposta a pagare. Una voce da non lasciare isolata.

Il 3 giugno scorso la Rowling, autrice di una delle saghe più amate dei nostri tempi, quella su Harry Potter, ha pubblicato un articolo dal proprio blog. Lo ha fatto in seguito alle reazioni spropositate, violente e cariche di minacce che le si sono rovesciate addosso in seguito alla sua condotta su Twitter (e la causa scatenante sarebbe stato un Like), ritenuta dall’attivismo trans inaccettabile.

Accusata di un crimine che è persino difficile se non impossibile definire, la “trasfobia”, abbandonata pubblicamente – e vigliaccamente- dalla star dei film nati dai suoi romanzi, Daniel Redcliffe, non si è lasciata intimidire. Non basta dire “le donne trans sono donne” , come ha affermato il famoso ex maghetto, perché avvenga l’incantesimo: la realtà non segue mansueta come il politically correct l’antifona gender. Questo tipo di pensiero, però, mostra una crescente prepotenza e di questo la stessa Rowling si dice seriamente preoccupata.

Nel pezzo che segue, che la redazione Aleteia ha tradotto per voi dall’originale, la scrittrice espone con chiarezza le ragioni del suo pensiero e i pericoli reali, consistenti ed estesi ai quali tutti siamo esposti sul fronte della libertà di espressione e su quello della sicurezza personale. In particolare, amara ironia di un tempo che si autoproclama epoca dell’equità e dell’emancipazione femminile definitiva, proprio per le donne. Che invece sono sempre più sistematicamente e ferocemente ridotte, svilite, insultate.

Non mi piegherò di fronte ad un movimento che ritengo stia facendo danni dimostrabili nel tentativo di erodere il concetto di ‘donna’ come classe politica e biologica, offrendo protezione ai predatori (sessuali, Ndr) come pochi nella storia”.

E di questo tipo di violenza, Joanne Kathleen, parla per averne fatto una terribile esperienza personale. Racconta anche di questo, in un  contributo che sarà forse definito storico.

Buona lettura.

***

Non è un articolo semplice da scrivere, per ragioni che tra poco vi chiarirò, ma so che è il momento di spiegarmi su una questione avvolta da una tossicità, a cui non desidero in alcun modo contribuire.

Per chi non lo sapesse, nel dicembre scorso ho espresso via Twitter il mio sostegno a Maya Forstater, un’esperta di questioni tributarie che aveva perso il lavoro per dei tweet ritenuti ‘transfobici’. Ha portato il suo caso di fronte a un tribunale del lavoro, chiedendo al giudice di stabilire se la convinzione filosofica sul fatto che il sesso sia determinato dalla biologia fosse protetta dalla legge. Il giudice Tayler ha stabilito che non lo era.

Il mio interesse per le questioni trans precedeva il caso di Maya di quasi due anni, durante i quali ho seguito da vicino il dibattito relativo al concetto di identità di genere. Ho incontrato persone trans e letto vari libri, blog e articoli di persone trans, esperti di genere, persone intersessuali, psicologi, esperti della salvaguardia, operatori sociali e medici, e ho seguito il dibattito online e sui media tradizionali. Da un certo punto di vista il mio interesse per la questione era professionale, perché sto scrivendo una serie di gialli, ambientata al giorno d’oggi, e la mia detective fittizia ha un’età per la quale si interessa a questi argomenti e vi è coinvolta, da un altro è intensamente personale, e spiegherò perché.

Per tutto il tempo di queste ricerche, il mio account Twitter è stato sommerso da accuse e minacce da parte di attivisti trans. La scintilla iniziale è stata un “Mi piace”. Quando ho iniziato a interessarmi all’identità di genere e alle questioni transgender, facevo degli screenshot dei commenti che mi interessavano maggiormente, per poterli approfondire in seguito. In un’occasione, ho distrattamente cliccato “Mi piace” anziché effettuare lo screenshot. Quell’unico “Mi piace” è stato considerato la prova di un modo di pensare sbagliato, ed ha scatenato una serie persistente di attacchi.

Mesi dopo ho aggravato il mio crimine del “Mi piace” seguendo Magdalen Burns su Twitter. Magdalen era una giovane femminista e lesbica estremamente coraggiosa che stava morendo per un tumore al cervello aggressivo. L’ho seguita perché volevo contattarla direttamente, cosa che sono riuscita a fare. Dato che Magdalen credeva molto nell’importanza del sesso biologico e non riteneva che le lesbiche dovessero essere chiamate estremiste per il fatto di non uscire con donne trans col pene, nella testa degli attivisti trans su Twitter si sono uniti i puntini, e il livello di abusi sui social media è aumentato.

Menziono tutto questo solo per spiegare che quando ho sostenuto Maya sapevo perfettamente cosa sarebbe successo. All’epoca dovevo essere alla mia quarta o quinta cancellazione. Mi aspettavo le minacce di violenze, che mi venisse detto che stavo letteralmente uccidendo i trans con il mio odio, di essere presa a parolacce e chiamata prostituta, e ovviamente che i miei libri venissero bruciati, anche se un uomo particolarmente aggressivo mi ha detto che li avrebbe usati come concime.

Quello che non mi aspettavo è stata la valanga di e-mail e lettere che mi è piovuta addosso, la stragrande maggioranza delle quali era positiva e grata ed esprimeva sostegno. Proveniva da una sezione trasversale di persone gentili, empatiche e intelligenti, alcune delle quali lavorano in settori collegati alla disforia di genere e alle persone trans e sono tutte profondamente preoccupate per il modo in cui un concetto socio-politico sta influenzando politica, pratica medica e salvaguardia.

Sono persone preoccupate per i pericoli nei confronti dei giovani e delle persone gay e per l’erosione dei diritti delle donne e delle ragazze. In particolare, sono preoccupate per un clima di paura che non rende un buon servigio a nessuno – men che meno ai giovani trans.

Avevo fatto un passo indietro da Twitter da molti mesi sia prima che dopo aver twittato il mio sostegno a Maya, perché sapevo che non era positivo per la mia salute mentale. Sono tornata solo perché volevo condividere un libro gratuito per bambini durante la pandemia. Immediatamente, gli attivisti, che credono evidentemente di essere persone buone, gentili e progressiste, si sono rifatti vivi, assumendosi il diritto di controllare ciò che dicevo e accusarmi di odio, scagliando insulti misogini e soprattutto, come sa qualsiasi donna sia coinvolta in questo dibattito, definendomi TERF.

Se non lo sapete – e perché mai dovreste? -, ‘TERF’ è un acronimo coniato dagli attivisti trans che sta per Trans-Exclusionary Radical Feminist. In pratica, un’ampia e varia sezione trasversale di donne viene attualmente definita TERF, e la grande maggioranza di loro non è mai stata femminista radicale. Gli esempi delle cosiddette TERF spaziano dalla madre di un ragazzino gay che temeva che il figlio volesse la transizione per sfuggire al bullismo omofobico a quella che finora era un’anziana signora del tutto non femminista che si era ripromessa di non andare più da Marks & Spencer perché permette a qualsiasi uomo che dice di identificarsi con una donna di entrare nei camerini femminili. Ironicamente, le femministe radicali non escludono i trans, includendo gli uomini trans nel loro femminismo, perché sono nati donne.

Le accuse di TERF sono bastate a intimidire molte persone, istituzioni e organizzazioni che una volta ammiravo, che stanno facendo marcia indietro di fronte a queste tattiche. ‘Ci chiameranno transfobici!’, ‘Diranno che odio le persone trans!’ E quale sarà il prossimo passo, diranno che avete le pulci? Parlando da donna biologica, molte persone che hanno una posizione di potere hanno davvero bisogno di tirare fuori gli attributi (il che è senza dubbio letteralmente possibile, in base al tipo di persone che sostengono che i pesci pagliaccio provino che gli esseri umani non sono una specie dimorfa).

E allora perché sto facendo questo? Perché parlare? Perché non continuare tranquillamente la mia ricerca a testa bassa? Ho cinque ragioni per il fatto di essere preoccupata per il nuovo attivismo trans, e per decidere di dover parlare.

In primo luogo, ho una fondazione caritativa che si concentra sull’alleviare la povertà in Scozia, con un’enfasi particolare su donne e bambini. Tra le altre cose, la mia fondazione sostiene progetti per le carcerate e le sopravvissute agli abusi domestici e sessuali. Finanzio anche la ricerca medica sulla sclerosi multipla, una malattia che agisce in modo molto diverso negli uomini e nelle donne. Mi è chiaro che il nuovo attivismo trans sta avendo (o è possibile che abbia, se verranno soddisfatte tutte le sue richieste) un impatto significativo su molte delle cause che sostengo, perché cerca costantemente di erodere la definizione legale di “sesso” e di sostituirla con “genere”.

La seconda ragione è che sono un’ex insegnante e fondatrice di un’organizzazione caritativa per bambini, il che mi fa interessare sia all’istruzione che alla salvaguardia. Come molte altre persone, sono profondamente preoccupata per gli effetti che il movimento per i diritti trans sta avendo su entrambe le realtà.

La terza è che, in quanto autrice tanto vietata, sono interessata alla libertà di espressione e l’ho difesa pubblicamente, anche nei confronti di Donald Trump.

Il quarto motivo è quello in cui le cose iniziano a diventare personali. Sono preoccupata per la grande esplosione delle ragazze che desiderano la transizione e anche per il crescente numero di chi sembra voler fare marcia indietro (tornando al sesso originario) perché si pente di aver compiuto dei passi che in alcuni casi hanno alterato irrevocabilmente il suo corpo e l’ha privata della fertilità. Alcuni dicono di aver optato per la transizione dopo essersi resi conto di essere attirati dalle persone dello stesso sesso, e che la transizione era in parte guidata dall’omofobia, nella società o in famiglia.

La maggior parte delle persone probabilmente non è consapevole – io certamente non lo ero, finché non ho iniziato a effettuare ricerche appropriate su questo argomento – del fatto che dieci anni fa la maggior parte di coloro che volevano la transizione al sesso opposto era costituita da uomini. Oggi la tendenza si è invertita. Il Regno Unito ha sperimentato un aumento del 4400% delle ragazze che vengono indirizzate a un trattamento di transizione. Le ragazze autistiche sono ampiamente sovrarappresentate.

Lo stesso fenomeno si vede negli Stati Uniti. Nel 2018, il medico e ricercatore statunitense Lisa Littman ha iniziato a studiarlo. In un’intervista ha affermato:

‘I genitori online descrivevano un trend decisamente insolito di identificazione transgender, in cui molti amici e perfino interi gruppi di amici si sono identificati come transgender allo stesso tempo. Sarei stata negligente se non avessi considerato il contagio sociale e l’influenza dei coetanei come fattori potenziali’.

La Littman ha menzionato Tumblr, Reddit, Instagram e YouTube come fattori che hanno contribuito alla Rapid Onset Gender Dysphoria, in cui crede che nel regno dell’identificazione transgender ‘i giovani abbiano creato casse di risonanza particolarmente chiuse’.

Il suo lavoro ha suscitato scalpore. È stata accusata di pregiudizio e di aver diffuso disinformazione sulle persone transgender, sottoposta a uno tsunami di abusi e a una campagna concertata di discredito nei confronti sia suoi che del suo lavoro. Il giornale ha tolto il contributo e lo ha rivisto nuovamente prima di ripubblicarlo. La sua carriera ha subìto un contraccolpo simile a quello subìto da Maya Forstater. Lisa Littman aveva osato sfidare uno dei princìpi innati dell’attivismo trans, ovvero il fatto che l’identità di genere di una persona è innata, come l’orientamento sessuale. Nessuno, insistevano gli attivisti, avrebbe mai potuto essere persuaso a diventare trans.

L’argomentazione di molti attivisti trans attuali è che se non si permette la transizione a un adolescente con disforia di genere questi si ucciderà. In un articolo che spiega perché si è dimesso dalla Tavistock (una clinica di gender del Servizio Sanitario Nazionale in Inghilterra), lo psichiatra Marcus Evans ha affermato che l’affermazione per la quale i bambini si uccideranno se non verrà permessa loro la transizione non ‘si allinea sostanzialmente con alcun dato o studio solido in questo campo, né con i casi in cui mi sono imbattuto in decenni di pratica della psicoterapia’.

Gli scritti di giovani uomini trans rivelano un gruppo di persone notevolmente intelligenti e sensibili. Più leggevo i loro resoconti di disforia di genere, con le loro acute descrizioni di ansia, dissociazione, disordini alimentari, autolesionismo e odio nei confronti di se stessi, più mi chiedevo se, nel caso in cui fossi nata 30 anni dopo, avrei potuto provare anch’io la transizione. Il fascino del fatto di sfuggire alla femminilità sarebbe stato grande. Da adolescente ho lottato con gravi disturbi ossessivo-compulsivi. Se avessi trovato online la comunità e la simpatia che non riuscivo a trovare nel mio ambiente più prossimo, credo che avrei potuto essere persuasa a trasformarmi nel figlio maschio che mio padre aveva detto apertamente che avrebbe preferito.

Quando ho letto della teoria dell’identità di genere, ho ricordato quanto mi sentissi mentalmente asessuata in gioventù. Ricordo la descrizione di sé di Colette come ‘ermafrodita mentale’ e le parole di Simone de Beauvoir: ‘È perfettamente naturale per la futura donna sentirsi indignata per i limiti che le pone il suo sesso reale. La vera domanda non è perché dovrebbe respingerli, quanto piuttosto capire perché li accetta’.

Visto che negli anni Ottanta non avevo la realistica possibilità di diventare un uomo, sono stati i libri e la musica a farmi superare sia le mie problematiche mentali che lo scrutinio e il giudizio sessualizzato che fa sì che tante adolescenti entrino in guerra con il proprio corpo. Per mia fortuna, ho trovato il mio senso di alterità, e la mia ambivalenza sul fatto di essere una donna, riflesso nell’opera di scrittrici e musiciste che mi hanno rassicurata sul fatto che, nonostante tutto quello che un mondo sessista cerca di gettare contro quello che ha un corpo femminile, va bene non sentirsi rosa, agile e conforme nella propria testa; va bene sentirsi confuse, a livello sia sessuale che non sessuale, insicure di ciò o di chi si è.

Voglio essere chiara: so che la transizione sarà una soluzione per alcune persone con disforia di genere, pur essendo anche consapevole, grazie a lunghe ricerche, che gli studi hanno mostrato che tra il 60% e il 90% degli adolescenti affetti da disforia ne uscirà. Mi è stato detto più volte di ‘incontrare delle persone trans’. L’ho fatto: oltre a un po’ di giovani, tutti adorabili, mi è capitato di conoscere una donna che si descriveva come transessuale, più grande di me e meravigliosa. Anche se si è aperta sul passato di uomo gay, ho sempre creduto che sia difficile pensare a lei come a qualsiasi altra cosa che non sia una donna, e credo (e sicuramente spero) che sia del tutto felice di aver effettuato la transizione. Essendo più anziana, poi, ha attraversato un lungo e rigoroso processo di valutazione, psicoterapia e trasformazione per gradi. L’attuale esplosione dell’attivismo trans sta esortando a rimuovere quasi tutti i solidi sistemi attraverso i quali dovevano passare una volta i candidati alla riassegnazione del sesso. Un uomo che non intende sottoporsi a un intervento e non assume ormoni può ora assicurarsi un Certificato di Riconoscimento del Genere ed essere una donna agli occhi della gente. Molti non lo sanno.

Viviamo nel periodo più misogino a cui abbia mai assistito. Negli anni Ottanta immaginavo che le mie future figlie, se ne avessi avute, avrebbero vissuto molto meglio di me, ma tra il contraccolpo contro il femminismo e una cultura online satura di pornografia, credo che le cose per le ragazze siano significativamente peggiorate. Non ho mai visto le donne denigrate e disumanizzate come lo sono attualmente. Dalla lunga storia di accuse di assalti sessuali nei confronti del leader del mondo libero e il suo vantarsi orgogliosamente di ‘prenderle per la…’ al movimento incel (‘involuntarily celibate’, involontariamente single) che si scaglia contro le donne non disponibili al sesso agli attivisti trans che dichiarato che i TERF devono punzecchiare e rieducare, gli uomini in tutto lo spettro politico sembrano concordare: le donne cercano guai. Ovunque, viene detto loro di stare zitte e sedute.

Ho letto tutte le argomentazioni sul fatto che la femminilità non risiede nel corpo sessuale e le affermazioni per le quali le donne biologiche non hanno esperienze comuni, e trovo anche queste profondamente misogine e regressive. È anche chiaro che uno degli obiettivi del fatto di negare l’importanza del sesso è erodere quella che alcuni considerano l’idea crudelmente segregazionista delle donne con le proprie realtà biologiche o – cosa altrettanto minacciosa – realtà unificanti che le rendono una classe politica coesa. Le centinaia di e-mail che ho ricevuto negli ultimi giorni provano che questa erosione preoccupa anche molte altre persone. Non basta perché le donne siano alleate dei trans. Le donne devono accettare e ammettere che non c’è una differenza materiale tra le donne trans e loro stesse.

Come molte donne hanno detto prima di me, ‘donna’ non è un costume. ‘Donna’ non è un’idea nella mente dell’uomo. ‘Donna’ non è un cervello rosa, un amore per Jimmy Choo o qualsiasi altra idea sessista ora considerata progressista. Il linguaggio ‘inclusivo’ che chiama le donne ‘mestruatori’ e ‘persone con la vulva’ colpisce molte donne risultando disumanizzante o avvilente. Capisco perché gli attivisti trans considerano questo linguaggio appropriato e gentile, ma per quelle di noi che sono state oggetto di commenti degradanti da parte di uomini violenti non è naturale, ma ostile e alienante.

E questo mi porta alla quinta ragione per cui sono profondamente preoccupata per le conseguenze dell’attuale attivismo trans.

Sono nell’occhio del ciclone da più di vent’anni, e non ho mai parlato pubblicamente del fatto di essere una sopravvissuta agli abusi domestici e agli assalti sessuali. Non è che mi vergogni di quanto mi è accaduto, ma perché sono esperienze traumatiche da ricordare e rivivere. Provo anche un senso di protezione nei confronti della figlia che ho avuto dal mio primo matrimonio. Non volevo reclamare il possesso unico di una storia che appartiene anche a lei. Poco tempo fa, però, le ho chiesto come si sarebbe sentita se fossi stata pubblicamente onesta su quella parte della mia vita, e lei mi ha incoraggiata ad andare avanti.

Menziono ora queste cose non nel tentativo di guadagnarmi simpatie, ma per solidarietà nei confronti delle tante donne che hanno storie come la mia, che sono state tacciate di bigottismo per il fatto di essere preoccupate degli spazi dello stesso sesso.

Sono riuscita a sfuggire al mio primo matrimonio violento con difficoltà, ma ora sono sposata con un uomo veramente buono e dai sani princìpi, al sicuro in un modo che non avrei mai sognato neanche in un milione di anni. Le cicatrici lasciate dalla violenza e dagli attacchi sessuali, però, non scompaiono, indipendentemente da quanti si è amati e da quanto si è guadagnato. Il mio nervosismo perenne è una macchietta familiare – e anch’io so che è divertente –, ma prego che le mie figlie non abbiano mai i miei stessi motivi per odiare i rumori forti improvvisi, o il fatto di trovarsi gente dietro di sé quando non la si è sentita arrivare.

Se poteste entrarmi in testa e capire ciò che provo quando leggo di una donna trans che muore per mano di un uomo violento, trovereste solidarietà ed empatia. Ho un senso viscerale del terrore in cui le donne trans hanno trascorso i loro ultimi secondi sulla Terra, perché anch’io ho conosciuto momenti di paura cieca quando mi sono resa conto che l’unica cosa che mi teneva viva era l’autocontrollo traballante di chi mi attaccava.

Credo che la maggior parte delle persone che si identificano come trans non solo non pongano alcuna minaccia agli altri, ma siano vulnerabili per tutte le persone che ho sottolineato. I trans hanno bisogno di protezione e la meritano. In quanto donne, è più probabile che vengano uccise dai partner sessuali. Le donne trans che lavorano nell’industria del sesso, soprattutto le donne trans di colore, sono particolarmente a rischio. Come qualsiasi altro sopravvissuto agli abusi domestici e agli attacchi sessuali che conosco, non provo se non empatia e solidarietà nei confonti delle donne trans che hanno subìto abusi da parte degli uomini.

Voglio che le donne trans siano al sicuro. Allo stesso tempo, non voglio che lo siano meno quello che lo sono dalla nascita. Quando si apre la porta del bagno o dei camerini a qualsiasi uomo si senta una donna – e, come ho detto, i certificati di conferma di genere possono ora essere concessi senza alcuna necessità di interventi o ormoni –, si apre la porta a qualsiasi uomo e a tutti gli uomini che vogliano entrare. È questa la semplice verità.

Sabato mattina, ho letto che il Governo scozzese sta andando avanti con i suoi progetti controversi di riconoscimento di genere, che in effetti significheranno che tutto quello di cui ha bisogno un uomo per ‘diventare una donna’ è dire che lo è. Per usare un termine molto contemporaneo, sono rimasta ‘innescata’. Depressa per i continui attacchi da parte degli attivisti trans sui social media, quando ero lì solo per dare ai bambini un feedback sui disegni che avevano realizzato per il mio libro durante il lockdown, ho trascorso buona parte del sabato in un luogo oscuro nella mia testa, mentre i ricordi di un grave attacco sessuale che ho subìto quando ero sulla ventina mi assalivano. L’attacco si è verificato in un momento e in un luogo in cui ero vulnerabile, e un uomo ne ha approfittato. Non riuscivo a mettere a tacere quei ricordi, e stavo faticando a contenere la rabbia e la delusione per il modo in cui credo che il mio Governo stia agendo d’impulso quando riguarda la sicurezza di donne e ragazze.

Sabato sera, scorrendo i disegni dei bambini prima di andare a letto, ho dimenticato la prima regola di Twitter – mai, mai aspettarsi una conversazione sfumata –, e ho reagito a quello che ho percepito come un linguaggio degradante nei confronti delle donne. Ho parlato dell’importanza del sesso e da allora ne ho pagato il prezzo. Ero transfobica, prostituta, TERF, meritavo la cancellazione, la morte. Una persona mi ha detto che sono Voldemort, pensando evidentemente che fosse l’unico linguaggio che potevo capire.

Sarebbe molto più facile twittare gli hashtag approvati – perché ovviamente i diritti dei trans sono diritti umani, e ovviamente la vita dei trans conta. Nella conformità c’è gioia, sollievo, sicurezza. Come ha scritto anche Simone de Beauvoir, “è senza dubbio più comodo resistere alla schiavitù cieca che lavorare per la propria liberazione; i morti sono più adatti alla Terra che i vivi”.

Un gran numero di donne è legittimamente terrorizzata dagli attivisti trans; lo so perché molte di quelle con cui sono entrata in contatto mi hanno raccontato la propria storia. Temono il doxxing, di perdere il lavoro o i mezzi di sussistenza, e la violenza.

Per quanto sia stato infinitamente spiacevole essere presa costantemente di mira, mi rifiuto di inchinarmi a un movimento che credo stia apportando un danno dimostrabile cercando di erodere la ‘donna’ come classe biologica e politica e offrendo copertura ai predatori come pochi prima d’ora. Sto al fianco dei coraggiosi uomini e donne, gay, eterosessuali e trans, che sostengono la libertà di parola e di pensiero, e sostengo i diritti e la sicurezza di alcuni dei membri più vulnerabili nella nostra società: giovani gay, adolescenti fragili e donne che fanno affidamento e vogliono mantenere i loro spazi sessuali. I sondaggi mostrano che le donne sono la grande maggioranza, ed escludono solo quelle abbastanza fortunate o privilegiate da non essersi mai imbattute nella violenza maschile o negli assalti sessuali, o che non hanno mai avuto l’occasione di rendersi conto della loro diffusione.

L’unica cosa che mi dà speranza è che le donne che possono protestare e organizzarsi lo stiano facendo, e che abbiano accanto degli uomini e delle persone trans davvero degni. I partiti politici che cercano di compiacere chi alza maggiormente la voce in questo dibattito stanno ignorando le preoccupazioni delle donne a loro rischio e pericolo. Nel Regno Unito, le donne si stanno collegando le une alle altre al di là delle dinamiche di partito, preoccupate dell’erosione dei diritti che hanno conquistato a fatica e delle diffuse intimidazioni. Nessuna delle donne che criticano il gender con cui ho parlato odia le persone trans, al contrario. Molte di loro si sono interessate alla questione in primo luogo perché preoccupate per i giovani trans, e sono ampiamente empatiche nei confronti dei trans adulti che vogliono semplicemente vivere la propria vita ma subiscono un contraccolpo per un tipo di attivismo che non sostengono. La massima ironia è il fatto che il tentativo di mettere a tacere le donne con il termine ‘TERF’ potrebbe aver spinto più giovani donne verso il femminismo radicale di quanto il movimento abbia visto in decenni.

L’ultima cosa che voglio dire è questa. Non ho scritto questo saggio nella speranza che qualcuno mi faccia una sviolinata, neanche minuscola. Sono straordinariamente fortunata; sono una sopravvissuta, certamente non una vittima. Ho menzionato il mio passato solo perché, come qualsiasi altro essere umano su questo pianeta, ho una storia complessa, che modella le mie paure, i miei interessi e le mie opinioni. Non dimentico mai questa complessità interiore quando creo un personaggio, e certamente non lo dimentico quando si tratta delle persone trans.

Tutto quello che chiedo – tutto quello che voglio – è che un’empatia simile, una comprensione simile, venga estesa ai tanti milioni di donne il cui unico crimine è desiderare che le loro preoccupazioni vengano ascoltate senza ricevere minacce e abusi.

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