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Come portare Dio dalla testa all’anima?

HOLY SCRIPTURE

Oleksandr Yakoniuk | Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 12/06/20

Il cristianesimo non è un insieme di idee o di norme, ma un rapporto d'amore che imbeve tutto e riempie la vita di speranza

Come esprimere a parole quello che ho nell’anima? Come incanalare le acque del mio spirito? Come contenere il fuoco che ho dentro?

Nel mio cuore si agitano mille sentimenti senza nome. Tanti abbracci e parole taciute.

Nel mare immenso della mia interiorità non so come dare parole alla vita. Non so se vale la pena di farlo. Per capire meglio come andare avanti nel cammino, come intraprendere un nuovo viaggio.

Nell’oscurità non so bene i passi da compiere. Quando lo Spirito mi irrompe nell’anima vedo in modo più chiaro. Dice la Bibbia:

“Conosciamo il Signore, sforziamoci di conoscerlo! La sua venuta è certa, come quella dell’aurora; egli verrà a noi come la pioggia, come la pioggia di primavera che annaffia la terra”.

Voglio conoscere di più Gesù, amarlo di più. Voglio stare con Lui. Leggevo giorni fa:

“Per incontrarLo non dobbiamo uscire dal mondo, ma avvicinarci a Gesù. Per conoscerLo non bisogna studiare Teologia, ma sintonizzarsi con Gesù, comunicare con Lui”.

Ho bisogno di avvicinarmi di più a Gesù nel mio cuore, nella mia vita quotidiana. Una domanda sorge dentro di me guardando a questo tempo vissuto:

“Cosa avrei fatto diversamente?”

O forse la cosa più importante:

“Per chi ho vissuto?”

Guardo Gesù in mezzo alla mia vita messa in pausa, quando si aprono vie verso una nuova normalità. Mi chiedo cosa devo cambiare dentro di me, cosa avrei potuto fare in un altro modo.

Ho paura e mi spaventa l’idea che tutto vada avanti come prima. Lo Spirito viene nella mia vita e nulla sembra cambiare. Per chi vivo?

Voglio amare Gesù con tutte le mie forze, ma constato con tristezza che nulla è diverso nel mio modo di vedere la vita, nel mio modo di donarmi e agire.

Sono solo uno dei tanti in un mondo massificato. Mi sento così umano, così bisognoso di redenzione…

Vedo che tutte le mie paure sono comuni a tanti, come le mie passioni e i miei egoismi.

Dico che porto Gesù nell’anima, ma ce l’ho solo nella testa – solo delle idee e delle norme etiche da rispettare.

Lo Spirito Santo non è riuscito a vincere le barriere che chiudono le porte del mio cuore. Ho messo troppi catenacci per vivere protetto senza che nessuno alteri i miei progetti.

Sento che nella mia anima vivono molte emozioni. Non riesco a dar loro un nome o un senso, non trovo una spiegazione che mi convinca.

“Dio è venuto ad abitare nel cuore umano, e sentiamo un vuoto interiore insopportabile. Dio è venuto a regnare tra noi, e sembra essere del tutto assente nei nostri rapporti. Dio ha assunto la nostra carne, e continuiamo a non saper vivere degnamente le cose carnali”.

È curioso questo Gesù che vuole entrare dentro di me e non riesce a cambiare le mie categorie, i miei princìpi, il mio modo di pensare.

Mi limito a incasellare Dio in qualcuno di quei concetti che mi sono creato. Lo limito sotto forma di norme accessibili a cui posso obbedire. Lo sottometto perché il mio Dio sia mite.

E allo stesso tempo ho paura di Lui perché proietto in Lui sentimenti che ho nell’anima. Voglio la perfezione e dico che Dio è perfetto a modo mio. Amo l’obbedienza negli altri e dico che Dio vuole solo che obbedisca alle sue norme.

Mi piacciono l’ordine e il controllo, e dico che Dio è un “controllatore” perfetto che sogna un ordine in cui nulla è fuori posto.

Mi dimentico di quei tratti di Dio che mi sono svaniti dall’anima. Dimentico la sua mitezza, la sua bontà, la sua umiltà, la sua povertà, la sua semplicità, la sua allegria, la sua misericordia.

Mi importa di più lodare chi fa le cose che salvare chi si allontana. Vivo più felice abbracciando chi è puro che cercando di attirare al cuore di Dio chi ha peccato e si sente in colpa.

Mi intrattengo a pettinare le pecore che ho davanti a me piuttosto che avventurarmi a cercare quella smarrita.

Cerco di rispettare tutti i miei doveri piuttosto che lasciarmi portare dalla forza dello Spirito che mi guida senza una direzione chiara e mi libera dalle mie sicurezze.

Vivo aspettando che vengano quelli che cercano Dio anziché credere in un Dio che esce a cercare chi si è perso, rischiando il rifiuto e lo scherno.

Voglio che lo Spirito di Dio cambi il mio cuore ferito. Non perché smetta di essere ferito, ma perché viva felice in mezzo ai suoi limiti, abbracciando il proprio peccato, felice di poter toccare tanto amore nella sua vita quotidiana.

Voglio ringraziare Dio per la sua cura che non dimentica neanche il mio nome e sorvola su tutte le mie offese. Mi guarda commosso mentre mi trascino nella vita.

Prima di comprendere l’importanza del perdono, Egli mi ha già perdonato. Io non mi perdono, ma Lui ha creduto in me fin dall’inizio.

Conosce le mie paure e le mie emozioni confuse. Conosce i miei progetti contorti ed egoisti. Ha visto il male nei miei occhi e nel Suo amore vuole torni a vivere dopo essere caduto.

Vuole che torni a credere in me quando io stesso ho smesso da tanto tempo di farlo. Viene ad abitare la mia anima perché nient’altro possa togliermi la pace. Assume tutte le mie paure e le mie emozioni perché possa bere tranquillo tra le sue acque.

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