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Madre Ignazia Angelini: il nostro futuro si nutrirà del silenzio

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 10/06/20

La monaca benedebenedettina, già badessa dell'abbazia di Viboldone, si racconta al settimanale "Credere": il silenzio è un bene necessario se genera e cura la vita

«Oggi occorre recuperare la capacità di sognare e avere visioni. Ricordando che le esperienze più belle nascono proprio dall’ascolto».

Lo dice madre Ignazia Angelini, 76 anni, monaca benedettina, per più di due decenni badessa dell’abbazia di Viboldone, alle porte di Milano, in un’intervista sul nuovo numero del settimanale “Credere“.

Assieme alle consorelle la religiosa è stata messa alla prova dalla pandemia, che negli scorsi mesi ha colpito direttamente alcune componenti della comunità. E proprio con madre Angelini abbiamo cercato di capire cosa può aver significato l’esperienza del silenzio per tutti coloro che l’hanno vissuta e come questa potrebbe indirizzare la ripresa post pandemia.

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Un’alternativa alla società chiassosa

«Il silenzio che ha riempito le strade, le case e i monasteri nei mesi di lockdown è stato pieno di smarrimento e doloroso stupore. Ma in questo sgomento emergeva nitida una crisi epocale che da tempo si annunciava, pur rimossa. Certo è che la società chiassosa e chiacchierona s’è fermata interdetta. Anche se non è mancato il vociare nell’agorà della rete di sentenziosi discorsi. Il silenzio delle città è stato alto grido per chi vuole intendere», confida la monaca nell’intervista a Credere.

E aggiunge: «Il dopo pandemia come sarà? La speranza non è mai un generico ottimismo. Si nutre di silenzio, di ascolto reale, non ideologico».

“Diventa amico quando apre alla relazione”

Per madre Angelini, che pure conosce l’esperienza del silenzio da più di 70 anni, la quarantena ha significato un silenzio straordinariamente intenso, mai stato vissuto prima. «Il silenzio diventa peso insostenibile se uno non elabora spiritualmente la paura del vuoto, lo sgomento della solitudine, l’angoscia della morte. Diventa invece “amico” quando apre alla relazione».

Il silenzio è un “bene necessario”

E ancora: «Come ogni bene essenziale, il silenzio diventa un lusso nella sua versione spuria, quando è ottuso, chiusura su di sé, vuota ricerca di un benessere spirituale. È un bene necessario se − com’è nella sua natura − custodisce il luogo dell’Assenza, genera e cura la vita, la parola vera, il legame, a partire dalla verità del cuore».

L’intervista fa parte della serie “Alfabeto per il futuro, riflessioni e interventi”, per ragionare sul tempo che stiamo vivendo e guardare avanti con consapevolezza. Nel prossimo numero la parola passa a monsignor Derio Oliverio, vescovo di Pinerolo, con una riflessione sulle Relazioni.




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