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La vera domanda non è CHE COSA sia un embrione ma CHI egli sia

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Universitari per la Vita - pubblicato il 09/06/20
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Una riflessione filosofica sulla creatura umana, dall’inizio della sua vita e per tutta la sua durata.Di Davide Del Papa

Caro lettore, noi come Universitari per la Vita ci siamo sempre preoccupati di dare ragione delle nostre idee, spiegarle, sia con riflessioni delle più varie, sia raccontandovi storie. Vogliamo oggi provare a regalarvi una considerazione logico-filosofica di un nostro amico, che può aiutare nelle riflessioni. Buona lettura!

Cos’è l’embrione?

Un embrione non solo è ontologicamente un essere umano, lo è in atto e non in potenza.

Per intenderci, “in atto” significa attuale, ovvero che sta succedendo in questo momento; “in potenza” invece che può succedere nel futuro.

Ciò che può succedere nel futuro però è vincolato: ovvero la natura di un essere ne vincola gli sviluppi futuri. Per esempio la mia natura di essere umano mi rende adatto a diventare un musicista. Un gatto può miagolare molto bene, ma la sua natura non lo renderà mai adatto ad essere musicista.

Dicevo quindi che un embrione è un essere umano in atto, cioè già adesso, non in un futuro.  Dobbiamo sapere infatti che prima della scoperta delle cellule e DNA, dall’antichità al medioevo, si è ritenuto erroneamente che un embrione o un feto fossero un uomo in potenza. Bada bene, “in potenza intrinseca” però, perché non c’è nessun intervento esterno durante i nove mesi che possa determinare un cambiamento dovuto al mondo esterno.

La differenza fra potenza intrinseca ed estrinseca è presto spiegata: un essere in potenza “intrinseca” ha in sé tutta la potenzialità di sviluppare le facoltà peculiari della sua natura, proprio in virtù del fatto di possedere già attualmente quella natura; viceversa, un essere in potenza “estrinseca” manca di qualcosa per attualizzare questa potenzialità, qualcosa di esterno.

Per esempio: se mi sono raffreddato ho in potenza la possibilità di guarire; anche se mi sono avvelenato (forse) ho ancora questa possibilità di guarire. La differenza però è che nel caso di raffreddore ho la potenza intrinseca di guarigione: un po’ di riposo cura molti malanni. Mentre invece in caso di avvelenamento non ho tutto quello che mi occorre per guarire: ho bisogno dell’antidoto al veleno, sennò muoio. È una potenza estrinseca.

In ambito biologico un gamete (seme o ovulo non ancora fecondato) è in potenza un uomo, ma molto alla lontana, è in potenza estrinseca; addirittura qualcuno direbbe che quasi neppure è in potenza estrinseca, perché manca un altro gamete, un’altra metà.

Invece un embrione è in potenza intrinseca un uomo, perché non manca di nulla. Tuttalpiù si può dire che l’embrione è bambino in potenza intrinseca (che è tale proprio perché la natura di essere umano è già in atto, altrimenti sarebbe estrinseca) come il bambino è adulto in potenza altrettanto intrinseca e così via per tutte le fasi della vita.

In altre parole ancora, la natura dell’essere umano è il sostrato sostanziale e sempre in atto nel tempo che va dal concepimento (generazione) alla morte (corruzione), durante il quale si assiste alla parabola dello sviluppo delle facoltà intrinseche della natura umana.

Questa distinzione però aveva molto più senso in epoche precedenti la nostra. Infatti, prima della scoperta delle cellule, pensando che seme e ovulo, i gameti, fossero totalmente inanimati, non si spiegavano il passaggio da un essere inanimato ad un essere vivente.



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Adesso invece sappiamo che uno zigote, frutto della fecondazione, è già un essere vivente, e che non subisce nessuna trasformazione dovuta ad agenti estranei. Dicevamo infatti che non c’è nessun intervento esterno durante i nove mesi che possa determinare un cambiamento nello zigote, embrione o feto, dovuto al mondo esterno.

L’embrione neppure subisce alcuna azione in risposta alla quale possa dirsi che abbia cambiato la sua natura: tutto quello che fa, lo fa attivamente, sia che si tratti dello sviluppo stesso, sia che si tratti di annidamento, formazione della sacca, sviluppo dei tessuti o alimentazione. Quindi, qualsiasi cosa faccia l’embrione, la fa in risposta alla sua natura e ad un piano di sviluppo organico interno totalmente attivo. Possiamo allora dire che non c’è nessuna ragione biologica, filosofica o morale per la quale si possa affermare che un embrione non sia un essere umano in atto e non in potenza.

Vieppiù adesso che sappiamo che ogni cellula è un essere vivente non possiamo trovare nella formazione dell’uomo nessuna cesura, nessun salto qualitativo, né ontologico: troviamo solo un costante sviluppo che ha origine alla fecondazione e termina nell’età adulta. Non inizia con il parto, perché sicuramente il parto non lo cambia di natura, ma di posizione: prima è nell’utero, poi è fuori, senza che la sua natura cambi per questo. Non essendoci quindi nessun gap, salto, cesura, che dir si voglia nello sviluppo dell’essere umano, qualsiasi considerazione di ordine biologico cade miseramente.

Possiamo anche fare una “prova del nove”: partiamo dall’adulto e torniamo indietro, spiegando la differenza fra lo stadio attuale e quello precedente e se c’è stato un salto, ovvero, se lo stadio precedente appartiene ad un essere in potenza essere umano, ma che non lo è ancora.

Tornando indietro da adulto, adolescente, bambino, feto, embrione, zigote: non si vede un cambiamento di essere, solo sviluppo e crescita. Invece partendo dal gamete sì, si vede che manca un altro gamete: è in potenza un essere umano, ma senza la fecondazione non lo diventerà mai. Si fermano quindi qui tutte le considerazioni di ordine sia biologico che filosofico (e quindi etico). Si incrociano tutte queste conoscenze proprio in questo punto ed affermano che prima della fecondazione non era un essere umano, e dopo lo è, fino alla morte.

Restano considerazioni di natura non etica, non filosofica e non scientifica, ma giuspositiva, ovvero di legislazione vigente, la quale è figlia del suo tempo, espressione di idee contingenti che non raramente le generazioni successive condannano. In Italia c’è una legge che possiamo dire iniqua perché determina che, da una certa età dello sviluppo umano, sia lecita l’uccisione dell’uomo. Tale legge essendo totalmente arbitraria ed assolutamente iniqua, ogni uomo intellettualmente onesto è chiamato a contestarla fino alla sua totale abrogazione.

 

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO SUL SITO UNIVERSITARI PER LA VITA

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