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Zohra Shah, “domestica” di 8 anni uccisa di botte per aver liberato dei pappagallini

INDIAN GIRL
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Paola Belletti - pubblicato il 08/06/20
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Una storia di violenza e orrore che ci raggiunge, e non vorremmo, dalla provincia pakistana del Punjab. Responsabile di tutto questo la coppia che la sfruttava come domestica e babysitter del figlio di un anno. Si può essere una domestica e una babysitter di un bimbo di un anno quando se ne hanno solo sette, al massimo otto?

In Pakistan è così. Per molte bambine, musulmane e cristiane, non solo per la piccola uccisa a percosse, calci, violenze. Si chiamava Zohra Shah aveva tra i sette e gli otto anni. Lavorava, proprio così, alla sua età lavorava come domestica e si prendeva cura del figlio di un anno di una ricca famiglia della città di Rawalpindi. E lunedì scorso è morta, portata, meglio abbandonata in ospedale dai due padroni dopo che la furia si era placata.

Ceduta per soldi

Lei è una bambina di una famiglia poverissima affidata ad una coppia ricca che in cambio dei lavori domestici e della cura del figlio di un anno aveva assicurato di istruirla.

Avevano promesso ai genitori che si erano fatti convincere che l’avrebbero trattata come una figlia. L’uomo era arrivato a Zohra chiedendo in giro, tra amici. Del resto non si fa così quando si cerca un collaboratore in gamba? o un prodotto di qualità che sia già stato testato da altri? E così, in cambio di una promessa e dei soldi che probabilmente questo tristissimo affare motivato dall’estrema povertà ha fruttato alla famiglia di origine, Zohra è andata presso i suoi padroni. Vi si trovava già da quattro mesi quando è esplosa la violenza da parte della coppia.

Lavoro e sfruttamento minorile

La notizia, prima ancora della morte atroce che questo agnellino innocente ha subito, è il persistere e il rinnovarsi di forme di schiavitù e sfruttamento dei bambini.

Nel mondo sono più di 150 milioni i bambini intrappolati in impieghi che mettono a rischio la loro salute mentale e fisica e li condannano ad una vita senza svago né istruzione. (Unicef)

In Pakistan sono più di dodici milioni i bambini anche molto piccoli impiegati come schiavi in lavori pesanti e rischiosi; ma esiste un movimento di opposizione che ha portato l’Assemblea del Sindh a dichiarare reato l’impiego di bambini al di sotto dei 14 anni. Il fenomeno persiste tenacemente, però.

Sul sito di Dawn news il catenaccio recita:

RAWALPINDI: Lunedì una lavoratrice domestica di sette anni è stata picchiata a morte dai suoi datori di lavoro nella Fase VIII della città di Bahria.

Punita per aver liberato dei pappagallini

La causa scatenante di tanta furia la messa in fuga, non si sa se accidentale o intenzionale di alcuni pappagallini di proprietà dei padroni. Sono dei commercianti e gli uccelli sono la merce dalla quale ricavano profitti.

Zohra era originaria di un’altra città  della provincia del Punjab, Muzaffargarh. Prima di morire la piccola ha subito non solo un numero di percosse tali da provocarle fratture ed emorragie interne ma anche violenza sessuale (o delle terribili sevizie nella zona genitale) sebbene manchino ancora le definitive conferme.

Portata in ospedale dalla stessa coppia responsabile delle torture è stata soccorsa, sostenuta con la ventilazione assistita ma invano. E’ deceduta il giorno stesso. L’uomo e la donna, ora in custodia cautelare, hanno ammesso di avere picchiato e seviziato la piccola proprio a causa della messa in libertà dei volatili. Non sappiamo con quale tipo di atteggiamento lo abbiano riferito ma a quel che pare di capire non trovano la cosa troppo sproporzionata. Quelli erano i loro pappagallini, in fondo…


CHRISTIAN PAKISTAN
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Secondo il primo rapporto di indagini della polizia, quando i suoi carnefici l’hanno abbandonata in un ospedale i medici hanno fatto di tutto per salvarla, ma la piccola è morta il giorno stesso: troppo gravi le lesioni al viso, alle mani, sotto la gabbia toracica e alle gambe. Non si esclude che abbia subito anche un’aggressione sessuale, suggerita da alcune ferite alle cosce. La polizia ha inviato campioni da analizzare per confermare o meno la violenza. (La Stampa)

Fino ad ora la piccola si è guadagnata un hashtag #JusticeForZohraShah su Twitter, dove il suo viso martoriato campeggia insieme a disegni di gabbiette con piccoli volatili colorati. Alcuni la mostrano in cielo, sopra le nuvole, insieme al cucciolo di elefante e a George Floyd. Prima di tutta la retorica, le immagini e le metafore sul volo, la libertà, le gabbie dalle quali vogliamo uscire e senza fare di tutta l’erba che altri ci preparano un unico fascio, servirebbe la presa di coscienza più larga e condivisa possibile che l’infanzia va protetta da ogni tipo di violenza e sfruttamento.

Servirebbe il coraggio, servirebbe la tenacia e la fede di Don Fortunato Di Noto anche nei più remoti villeggi del Pakistan, servirebbero ovunque a dire la verità e che non siano più circondati da tanta omertà.