Se non siamo capaci di vedere Cristo nell’altro, non riusciremo ad amarLo davveroAl capitolo 12 del Vangelo di Marco leggiamo la conversazione tra Gesù e uno scriba, che gli chiede quale sia il primo di tutti i comandamenti (v. 28-34).
Gesù ha insegnato che il comandamento più grande è
“Ascolta, Israele: il Signore, il nostro Dio, è l’unico Signore. Tu amerai dunque il Signore, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze” (Deuteronomio 6, 4-5).
E ha completato enunciando il secondo comandamento:
“Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Levitico 19, 18).
Di fronte alla risposta di Gesù, lo scriba ha affermato che amare Dio al di sopra di tutte le cose e il prossimo come se stessi “è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici” (v. 33), e ha ricevuto l’approvazione di Gesù: “Non sei lontano dal regno di Dio” (v. 34).
Gesù aveva già annunciato:
“Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento” (Matteo 5, 17).
E la perfezione di Dio è l’amore. Questo amore si manifesta nei gesti di solidarietà, di compassione, di aiuto al prossimo. Amare Dio al di sopra di tutte le cose significa accettare l’azione del Creatore nella nostra vita, prendere la nostra croce e seguirLo senza deviare dal cammino ed “entrare dalla porta stretta”.
E se non siamo capaci di vedere Cristo nel prossimo, come potremo amarLo?
Un comandamento completa l’altro. Come ha scritto San Giovanni nella sua prima lettera, “Se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto” (1 Giovanni 4, 20).