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10 anni dopo: echi dal futuro per neomamme

LITTLE GIRL,

David Tadevosian | Shutterstock

Il Parto Positivo - pubblicato il 05/06/20

Cara mamma, ti aspetto qui tra 10 anni: su questa collina che stai salendo ora, sembra una salita dura, lo so. Poi vedrai che in cima la vista è mozzafiato. Tu goditi la strada, con quel piccolo frugoletto tra le braccia, vai piano, prenditela comoda. Ti aspetto qui.

Alle mamme in attesa con cui lavoriamo parliamo sempre di quel fidarsi di se stesse e del proprio bambino così importante perché un parto sia dolce. 10 anni dopo scopri che se pensavi di parlare solo di parto, pensavi male: è una questione per la vita in verità. E quel lavoro da fare prima del parto diventa ancora più fondamentale: riguarda anche i 10 anni successivi, e probabilmente ancora oltre. Chiedersi cosa dipende da noi e occuparci di quello, è pratica da esercitare con costanza.

A te che stai per incontrare il tuo bambino; a te, che cerchi di quadrare il cerchio delle nanne, dell’allattamento o delle pappe; a te, neomamma, oggi arriva un’eco da quel futuro che ti sembra lontanissimo e che invece è dietro l’angolo. E tutti te lo dicono ma si sa, tu non ci credi mai davvero. In questo futuro importano molte delle cose che stai facendo, ma stai tranquilla, non sono quelle che ti sembrano così ingombranti… Sono quelle piccole e essenziali, quelle nelle quali scopri (o a volte, meglio, decidi) che mamma sei e contribuisci a costruire la persona che è il tuo bambino che, a sua volta, scopre e decide chi è lui, sorprendendoti ogni volta.

Sai, qui, tra 10 anni, non importa tanto quello che hai detto. Importa però molto il tono con cui hai parlato: perché è quello che senti più spesso, quando si rivolgono a te, certo, ma anche ai fratelli più piccoli o a se stessi. Nei giorni buoni ti riascolti con orgoglio. Quelli meno buoni mordono, ed è come un pizzicotto che ti dai da sola. Praticamente un laboratorio di autocritica costante; hai tutto il tempo di arrivarci serena e a testa alta. Lavora lì, nel passato che tu ora abiti, perché i giorni buoni siano molti e l’eco della tua voce risuoni in quella del tuo bambino. È un dono che fai a entrambi.

Lo stesso vale per i tuoi sguardi. Prenditi il tempo degli occhi buoni; qui, 10 anni dopo, guardare con occhi buoni, che come sai sono occhi anche severi quando serve, è una bella difesa contro gli inevitabili bulli e una buona risorsa con gli amici.

10 anni dopo afferri tutta la saggezza e la profondità dei luoghi comuni. 10 anni dopo capisci che è vero davvero che i giorni sono lunghi ma gli anni sono brevi. Avere figli è una cosa. Vederli crescere, tutt’altra. E 10 anni dopo, a questa cosa che crescono, ormai ci credi. Hai le prove. Ormai sul paradosso ci abiti serena: crescono da soli, mai da soli. Nutriti da ogni gesto e parola che hai scelto di dire; e ancor più da quelle che hai scelto di non dire.

Qui 10 anni dopo contano le battaglie che hai scelto di combattere, non quello che hai vinto. Non importa quante volte ti ha obbedito, importa che riconosca nella tua voce quella di qualcuno di cui fidarsi se ha un dubbio su una scelta da fare da solo.

La brutta notizia è che qui, 10 anni dopo, quello che gli altri pensano e dicono inizia ad assumere sempre più peso. Il cervello di quel piccolino che oggi, lì dove sei, lo programma solo a cercare te, si prepara a riconoscere la tribù e farsi accettare. Qui, 10 anni dopo, gli schermi hanno un impatto esplosivo e allargano la tribù ben oltre i confini che tu vorresti. Fidati, inizia ora là in passeggino, mostragli il cielo e gli alberi veri, allenalo allo stupore e alla curiosità. Insegnagli ora a guardare il mondo perché qui, 10 anni dopo, conta che siano capaci di sensibilità e sensorialità senza filtri e senza schermi.

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Shutterstock | Solis Images

La grande notizia è che 10 anni dopo, si dorme! A volte persino fino a tardi la domenica mattina. Ma non importa affatto se sei riuscita a farlo dormire da solo a due mesi o 3 anni; importa come lo hai fatto addormentare e lo hai svegliato, e quel momento della colazione in cui nel torpore del mattino si schiudono le più grandi confidenze. Importa che sappia essere ragionevolmente veloce senza essere di fretta. Importa che la tua routine, là nel passato che tu ora abiti, sia fatta di passaggi tra il sonno e la veglia (alla sera o alla mattina è indifferente) che siano dolci; importa che la transizione sia di quelle che ispirano confidenza e intimità. Qui, 10 anni dopo, la confidenza e l’intimità sono preziose ma anche messe severamente a dura prova. Quelle radici profonde dell’abitudine quotidiana tornano utili, innaffiale ora, là dove sei.

Gambe lunghe e braccia a penzoloni; qui, 10 anni dopo, non sei mica tanto sicura che siano stati mai davvero così piccoli. Li riconosci ancora i loro modi di fare infantili, ma sono arrotolati intorno alle prime sperimentazioni che si credono adulte. Una coda di cavallo un po’ più alta, ma la richiesta che a fargliela questa volta sia tu. Qui, 10 anni dopo, a volte aiuti ancora a infilare le gambe di un pigiama. Ma questa volta non è più la ripetizione eterna dell’uguale, è solo un gesto scanzonato: in modo quasi incongruo a volte ti chiedono di farlo, come a dirti “So che lo hai fatto tante volte, ma ora non serve più. Fammelo lo stesso, ora che mi accorgo che lo hai fatto così a lungo mentre mi serviva ma non me ne accorgevo.” Qui, 10 anni dopo, è complesso, complicato e meraviglioso e ogni gesto di cura del corpo -sempre un ultimo probabile- è una carezza che spinge un po’ verso il futuro. E insegna il rispetto di sé e un sacco di altre cose grandi e grandissime che ti chiedi come farai a dargliele tutte. Ma sai che invece in fondo gliele hai già date? Là in quel passato che tu ora abiti. Lo hai fatto quella volta che non l’hai obbligata/o a dare il bacino allo zio e tutte le altre volte in cui hai lasciato fosse lei/lui a scegliere come vestirsi. Anche quando si era messa in una volta ogni capo giallo del suo guardaroba.

Il tuo compito alla fine, anche qui, 10 anni dopo, è sempre e ancora quello, eternamente e saggiamente montessoriano: aiutare, perchè facciano da soli. E qui, 10 anni dopo, la soglia di quel da soli scivola più in là, ogni giorno più veloce e lasciare andare diventa imperativo quanto tenerli ancora stretti: con delicatezza in modo che lo sentano sempre senza accorgersene mai. È ancora come quando imparavano a camminare: la mano è tesa, ma se lasciano andare…tu lascia andare!

Qui, 10 anni dopo, non dirai MAI “Avrei voluto tenerti meno in braccio quando potevo farlo”. Quindi fidati di te stessa e quando una cosa ti sembra inessenziale, sappia che probabilmente lo è. E qui, 10 anni dopo, anche di più.

Ti aspetto qui, tra 10 anni: su questa collina che stai salendo ora, sembra una salita dura, lo so, ma si fa un passo alla volta. Tu goditi la strada, poi vedrai che qui in cima la vista è mozzafiato. E lì sul sentiero tuo figlio è già sempre un passo avanti a te. C’è un sacco di Vita qui davanti. Tu però, là con quel piccolo frugoletto tra le braccia, vai piano, prenditela comoda. Ti aspetto qui.

Con affetto, Cecilia

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DAL BLOG IL PARTO POSITIVO

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