Uno degli aspetti più ammirevoli del testo è il suo invito insistente a un dialogo tra saperi e tra conoscenza scientifica, bellezza, arte e saggezza
Nella commemorazione del suo quinto anniversario (24 maggio), l’enciclica Laudato si’ (LS) di Papa Francesco mantiene tutto il suo impatto e la sua attualità, e con la pandemia mondiale e il Sinodo per l’Amazzonia si mostra sempre più rilevante. Il testo ci mette in guardia sui pericoli crescenti insiti in un modo irresponsabile di trattare la natura, e invita a incantarci davanti ad essa e a curare lei e i nostri fratelli in un atteggiamento realmente cristiano. Sottolinea anche l’interdipendenza tra tutte le cose (cfr., ad esempio, LS 86, 164), il rapporto tra il degrado ambientale e la sofferenza dei più poveri (LS 2, 162), l’ecologia integrale (LS 10-11, 225, 230) e l’invito all’impegno socio-ambientale di tutti i cristiani (LS 15, 64-65, 231, 246). In questa sede vorrei sottolineare cinque aspetti particolarmente importanti dell’enciclica.
1. L’invito alla comunione dei saperi e al dialogo tra le bellezza e la scienza
Uno degli aspetti più ammirevoli del testo è il suo invito insistente a un dialogo tra i saperi e tra conoscenza scientifica, bellezza, arte e saggezza, derivante dalla filosofia, dalla cultura popolare e dalla fede (LS 63, 199-201, 223). La scienza, ben praticata, analizza i processi e ne identifica rapporti, cause e conseguenze. Nel mondo di oggi sarebbe impensabile e irresponsabile un rapporto con la natura che negasse la conoscenza scientifica.
La scienza, però, non ci offre il discernimento necessario alle decisioni etiche e politiche, e non permette di per sé l’elevazione dell’essere umano che coincide con l’esperienza dell’amore e del riconoscimento della bellezza. Per affrontare le minacce all’ambiente e al benessere di questa generazione e di quelle future abbiamo bisogno di questa saggezza, che contempla la bellezza, riconosce l’amore e a partire da questo prende decisioni basate sulla conoscenza scientifica e sull’intesa tra le persone.
2. Un atteggiamento umano di cura nei confronti del creato
Il verbo che esprime meglio il risultato di questo discernimento è “prendersi cura”, a cui l’enciclica si riferisce continuamente (LS 10-11, 19, 64, 67, 70, 78-79, 116, 124, 139, 201, 231). Commentando i primi capitoli della Genesi, Francesco ricorda che Dio ha voluto il creato perché l’essere umano lo amministrasse, ma non con l’esercizio del dominio irresponsabile, quanto con una cura attenta e amorevole (LS 66-67).
L’importanza della cura è enorme, e si riflette su tutta la nostra esperienza esistenziale, sui nostri rapporti con qualsiasi cosa esista. Chi cerca di prendersi cura acquisisce un comportamento pieno di affetto e tenerezza, impara a rallegrarsi delle piccole cose, a fare il bene volentieri e senza moralismo, ad affrontare le sofferenze e le sfide della vita con distacco. Chi ama e si prende cura impara ad essere felice con molta più facilità di chi domina e sfrutta.