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Spiritualità
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Perché c’è bisogno dello Spirito Santo?

Holy Spirit

Jerry Horbert | Shutterstock

padre Paulo Ricardo - pubblicato il 30/05/20

Ecco perché senza lo Spirito Santo iniziamo un'opera buona ma non la portiamo alla perfezione

Il Tempo Pasquale ci offre l’opportunità di comprendere il ruolo dello Spirito Santo nella salvezza e nella santificazione delle anime, e perché dobbiamo ricorrere a Lui non solo ora. Alla fine dei conti, è attraverso lo Spirito Santo che applichiamo in noi la redenzione di Cristo.

Nota previa – Per gli studenti di Teologia, vogliamo chiarire che la finalità di questo intervento è innanzitutto presentare una distinzione tra la cosiddetta redenzione oggettiva e la redenzione soggettiva, di modo che le persone possano comprendere, nella pratica, come viene applicata la salvezza di Cristo nella loro vita.

Le cose che presenteremo circa il ruolo dello Spirito Santo nell’“economia della salvezza” – ovvero le opere ad extra, che Dio realizza nella storia umana – riguardano le tre Persone Divine, come insegna il Trattato sulla Trinità. In verità, le azioni di Dio sono sempre azioni trinitarie, e il ruolo che attribuiamo a ciascuna delle Persone Divine è per “appropriazione” (secundum quid), secondo quello che espongono la Sacra Scrittura e la Tradizione della Chiesa.

L’economia della salvezza – La tradizione cattolica insegna chiaramente che il nostro unico Dio è al contempo distinto in tre Persone ugualmente divine: Padre, Figlio e Spirito Santo. Questo stesso Dio, uno e trino, vuole la nostra salvezza, e per questo deve introdurci nella sua natura divina attraverso un’adozione filiale, ovvero vuole fare di noi i suoi figli, anche se l’uomo è una povera creatura, perdipiù caduta nella schiavitù del peccato.

Per compiere questo progetto, il Padre, che abita una luce inaccessibile, ha inviato il suo Figlio eterno, venuto a questo mondo diventando Figlio dell’Uomo (figlio della Vergine Maria, per dirla con maggiore proprietà). E con quella carne ha subìto la sua Passione, Morte e Resurrezione, in vista della redenzione di tutti. A partire dal mistero della Croce, quindi, noi uomini abbiamo accesso ai meriti della Redenzione e possiamo ricevere la grazia della liberazione dal peccato e dell’adozione a “figli di Dio”.

Gesù Cristo ci ha salvati, dandoci la medicina per una malattia che prima sembrava incurabile. Questa medicina, ovvero ciò che Gesù ha raggiunto sulla Croce, deve però essere applicata all’anima per avere effetto, e quindi la redenzione oggettiva di Gesù, come dicono i teologi, dev’essere accolta personalmente, nell’intimo della nostra anima, come redenzione soggettiva. Se non c’è questa accoglienza, se il paziente non prende la medicina, se non accogliamo i meriti della Passione di Cristo come dono per la nostra salvezza, allora moriremo tutti allo stesso modo (cfr. Lc 13, 3).

Per applicare questa medicina all’anima abbiamo bisogno dello Spirito Santo. Senza di Lui possiamo considerarci perduti, perché abbiamo bisogno che la nostra intelligenza e la nostra volontà siano mosse in direzione di Dio.

Il ruolo dello Spirito Santo e i sacramenti – Nelle Pagine Sacre vediamo che lo Spirito Santo è inviato a tutti, per muoverli verso Dio. Tutti gli esseri umani, anche i più peccatori, ricevono la visita del Paraclito, che procede dal Padre e dal Figlio, e attraverso questa visita, ovvero la grazia, Dio ci invita alla conversione.

Se l’anima accoglie la chiamata divina, fuggendo dalle distrazioni del mondo, riceve da subito un “tocco” dello Spirito Santo, che la pone in uno stato di ricerca di Dio. La persona ancora non battezzata cerca così di saziare la sua sede in vari luoghi: in un libro, in una predica, in un film religioso… In seguito prende la decisione di cambiare, cerca di essere cattolica, e alla fine chiede il Battesimo. E se è già stata battezzata ma si trova in stato di peccato mortale chiede la Confessione. Attraverso questi sacramenti, lo Spirito Santo realizza un cambiamento in quell’anima, dandole la grazia santificante, un organismo spirituale, un vero stato di amicizia con Dio, e quello stesso Spirito passa ad abitarla, piantandovi un germe “di vita eterna”, la vita divina (cfr. 2 Pt 1, 4).

Dobbiamo insistere sul fatto che i sacramenti, tutti, non sono cose dispensabili, ma strumenti efficaci dell’azione dello Spirito Santo. Senza i sacramenti istituiti da Cristo, che si trovano in modo pieno e perfetto nella Chiesa cattolica, è impossibile avere una vita cristiana autentica, motivo per il quale l’anima dei non cattolici si trova in una situazione grave.

Il progresso della grazia santificante – I sette sacramenti sono uno strumento di Cristo risorto per concederci lo Spirito Santo e assicurarci la grazia santificante. Questa grazia non è altro che il seme, il germe della vita eterna, che dev’essere coltivato per dare molti frutti.

Come un bambino che coltiva un fagiolo mettendolo nell’ovatta e circondandolo di ogni cura, dobbiamo curare il nostro stato di grazia, il cui valore è al di sopra di tutti i beni dell’universo (cfr. STh I-II 113, 9 ad 2). Se il bambino cura bene il suo fagiolo, questo cresce e può essere piantato nel giardino. Allo stesso modo, l’organismo spirituale ha bisogno di mezzi adeguati per crescere e produrre frutti di vita eterna.

La grazia santificante non progredisce in molti cuori, e il motivo è il fatto che non viene coltivata; resta stagnante, dimenticata come un pacco di fagioli nella dispensa. In questo modo non potrà mai crescere, perché le mancano terreno fertile, luce del sole e fertilizzante adeguato. Detto in altro modo, la grazia santificante ha bisogno di una vita di preghiera, di una vita di intimità con lo Spirito Santo, al di fuori della recezione devota e ben disposta dei sacramenti.

Il modo comune in cui lo Spirito Santo agisce nell’anima, al di là dei sacramenti, è la preghiera umile. Questi si avvicina a chi si dispone con cuore docile e chiede il suo intervento. Queste anime hanno bisogno di supplicare la venuta del Padre dei poveri (pater pauperum) e di confessargli la propria indigenza. E anche se si rivolgono alle altre Persone della Trinità, alla Vergine Maria o a qualche altro santo a cui sono devoti, lo Spirito Santo non le disprezzerà se faranno una preghiera sincera e umile.

Se un ateo recita una preghiera sincera supplicando l’intervento di Gesù, anche se non è certo dell’esistenza di Dio, lo Spirito Santo ascolterà la sua preghiera, perché non è per forza propria, ma per quella dello Spirito Santo che la preghiera è sincera ed esce dal cuore come un grido, di modo che possiamo dire che non è più la persona che prega, ma lo stesso Spirito Santo che dice “Abbà, Padre”.

Ogni anima che grida a Dio grida nello Spirito Santo, pur non sapendo della sua esistenza, perché di fatto, come canta la sequenza della solennità di Pentecoste, senza la luce l’uomo non può nulla, non c’è in lui alcun bene. Quando chiediamo aiuto al cielo, quindi, questa nostra richiesta non è un grido solitario, ma lo Spirito Santo che ci ha esortati a pregare ci accompagna ispirando cosa chiedere e come chiederlo.

La vita di preghiera – La preghiera è senz’altro un mezzo eccellente per relazionarci allo Spirito Santo, e quindi progredire nella santità. Dobbiamo quindi pregare, e pregare molto.

Molte anime hanno però difficoltà a concentrarsi e ad ascoltare la voce di Dio. Sono come bambini che si disperdono per qualsiasi cosa. In questo caso, le anime devono essere umili e seguire la pedagogia della buona madre, che sa calmare i figli agitati dando loro dei giochi e allo stesso tempo educandoli nella verità. Mentre i bambini colorano i loro disegni, muovono le macchinine o si prendono cura delle bambole, la madre racconta loro la lezione, ma se quella madre agisce con rigidità, separando i figli dai loro “compagni di divertimento”, non farà altro che renderli agitati.

Nella vita di preghiera, mutatis mutandis, la persona può aver bisogno di alcuni “giocattoli” per concentrarsi, perché alcune anime sono così agitate che davanti al Santissimo in cappella si agitano o semplicemente si paralizzano, restano in stand by, senza rendersi conto del fatto che Dio è lì presente. E anche se le anime sono disciplinate, ad esempio, e trascorrono un anno a “pregare” in questo modo, non coglieranno alcun frutto e il diavolo incuterà loro un disprezzo per l’intimità con Dio.

Come insegna Santa Teresa, la preghiera è quindi un modo di trattare con amicizia chi si ama. Pregare è parlare con Dio, e perché si verifichi questo rapporto intimo di dialogo con Dio si può ricorrere a questi “giocattoli”: può accadere nel traffico, durante una passeggiata, scrivendo una lettera a Dio, a patto che tutto questo venga fatto come dialogo sincero, come un colloquio tra amici. All’inizio della vita di preghiera, del resto, l’anima è come un bambino, e ha bisogno di stimoli per raccogliersi. Per questo, il modo migliore di pregare in questo stadio è quello in cui la persona riesce ad avere una conversazione con Dio, ovunque si trovi.

Una risorsa efficace per chi ama pregare in cappella ma si sente molto agitato è il diario spirituale. Con quei fogli, la persona potrà scrivere la propria lettera a Dio, esprimendosi con sicurezza e semplicità.

Se quelle anime sono costanti, anche se la loro preghiera dura appena 15 minuti, coglieranno certamente nella vita quotidiana i frutti dello Spirito Santo, perché è nella quotidianità che si rivelano i beni di Dio: è la maggiore pazienza davanti a una contrarietà, è la resistenza di fronte a un desiderio impuro; è lo svolgimento di un compito difficile… Tutti questi piccoli cambiamenti, che avvengono lentamente, sorgono a partire dalla perseveranza nella preghiera.

“Veni, Sancte Spiritus” – Ancora una volta vogliamo insistere: il progresso nella santità dipende necessariamente dal nostro abbandono al Paraclito. Abbiamo bisogno dello Spirito Santo perché il seme della grazia santificante generi in noi frutti di vita eterna. Per questo lo chiamiamo, nel Credo di Nicea e costantinopolitano, “Dominum et vivificantem”: Dominum perché è Signore, vivificantem perché ci riempie di Vita (dal greco ζωη, zoé).

Questa generazione può essere molto rapida, come in San Paolo Apostolo e in San Francesco d’Assisi, ma nella maggior parte dei casi avviene lentamente, passo dopo passo, come la crescita di una pianta. Servono quindi pazienza, perseveranza e soprattutto abbandono allo Spirito Santo, e a poco a poco Egli farà sbocciare nuovi rami e foglie, finché appariranno i frutti, ovvero ci concederà il “dono della grazia”. Lo Spirito Santo produrrà in noi l’accoglienza personale (redenzione soggettiva) dei meriti ottenuti da Cristo sulla Croce per la salvezza universale degli uomini (redenzione oggettiva).

Per facilitare questo rapporto con lo Spirito Santo, la Chiesa ci offre in questi giorni la novena di Pentecoste. Si tratta di chiedere incessantemente con tutti i santi e gli angeli Veni, Sancte Spiritus, nella preghiera della sequenza di Pentecoste, che il “genio del cristianesimo” ha adattato splendidamente al canto gregoriano. Raccomandiamo a tutti la recita di questa preghiera, disponibile nel Lezionario.

Nella prima strofa dice Veni, Sancte Spiritus, et emitte caelitus lucis tuae radium, “Vieni, Spirito Santo, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce”. È solo attraverso la luce di Dio che vediamo il mondo con una visione soprannaturale. Come suggerisce la sequenza nella settima e nell’ottava strofa, chi vive nella carne guarda questa vita e vede tutto sordido (sordidum), secco (aridum) e malato (saucium). Per chi vive nella carne, tutto è difficile (rigidum), e quindi il cuore resta freddo (frigidum) e le vie lontane (devium) da Dio.

Solo lo Spirito Santo può trasformare questa visione. Per questo, la sequenza dice: Lava quod est sordidum (lava ciò che è sordido) / riga quod est aridum (bagna ciò che è arido) / sana quod est saucium (sana ciò che sanguina). L’aspetto interessante di questi tre versi è che passano ordinatamente dall’essere meno animato a quello che lo è di più, dal minerale all’animale passando per il vegetale: lava, ad esempio, la pietra sordida, bagna la pianta secca, cura l’animale ferito.

Nell’ottava strofa, lo Spirito è considerato un maniscalco, che attizza il fuoco per trasformare la durezza del ferro. Nel fuoco dell’amore di Dio, quel materiale “rigido” diventa “flessibile” (flecte quod est rigidum); il suo essere “gelido” è “scaldato” (fove quod est frigidum) e infine il suo essere “sviato” viene “raddrizzato” (rege quod est devium).

È concreto che senza la luce soprannaturale della grazia vediamo solo cose sordide, aridità e malattia, e da questa siamo mossi. E ciò si percepisce anche tra le persone considerate “di Chiesa”. Vivono ancora nella carne, e per questo vedono solo le membra miserabili del santo Corpo di Cristo; vanno a Messa per moralismo, per le sensazioni che proveranno con qualche canto, sermone o rito, per la teologia della prosperità o per la possibilità di ottenere qualche legame amoroso. Ma non sono mosse dallo Spirito Santo.

Senza lo Spirito Santo, iniziamo un’opera buona ma non la portiamo a perfezione, e quindi la nostra partecipazione nella Chiesa diventa sempre più indifferente, fredda e arida, e la Chiesa stessa diventa per noi un ambiente “sordido”, “rigido”, “sviato” e “malato”, anche se ci troviamo in un monastero benedettino, nella certosa o nella parrocchia migliore del mondo.

La finalità di tutto ciò che abbiamo detto finora è liberarci, attraverso lo Spirito Santo, da questa via tortuosa e carnale, perché Egli applichi in noi la salvezza di Gesù, più specificatamente il salutis exitum, ovvero l’esito finale della gioia eterna (perenne gaudium). Nel cammino della nostra vita, lo Spirito Santo deve darci le virtù (virtutis meritum), con le quali cresceremo nella santità fino ad arrivare alla nostra meta (salutis exitum), alla perfezione finale, perché solo in questo modo saremo oggetti concreti della redenzione di Cristo, avremo la redenzione soggettiva perfettamente realizzata nella nostra anima.

Iniziamo quindi a supplicare la presenza dello Spirito Santo, ripetendo l’esempio degli Apostoli e della Vergine Maria, che hanno pregato con perseveranza per nove giorni, fino all’arrivo del Signore. La novena di Pentecoste è un microcosmo di come debba essere tutta la nostra vita. Con l’aiuto di Maria Santissima impareremo a vivere nell’intimità dello Spirito, il soccorso del Cielo. La Vergine Maria, i santi e gli angeli si possono unire alla nostra preghiera e dire insieme a noi: Veni, Sancte Spiritus, et emitte caelitus lucis tuae radium!

E il “Padre dei poveri” (pater pauperum), “datore dei doni” (dator munerum) e “luce dei cuori” (lumen cordium) verrà subito in nostro aiuto, perché è il “consolatore perfetto” (consolator optime), l’“ospite dolce dell’anima” (hospes animae), “dolcissimo sollievo” (dulce refrigerium). O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli (O lux beatissima, reple cordis intima tuorum fidelium)!

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