San Francesco d’Assisi aveva un legame profondo con gli spiriti celesti e in particolare con san Michele arcangelo. Per questa sua particolare devozione al “principe degli angeli”, Francesco si recò in pellegrinaggio sul Monte Gargano alla grotta dell’arcangelo forse nell’anno 1216 o nel 1222 oppure in entrambi gli anni! Secondo la leggenda, Francesco essendo molto umile non volle entrare nella sacra grotta perché si sentiva indegno e si fermò a pregare vicino all’ingresso.
Prima di andar via, volle incidere sulla parete rocciosa un suo autografo come era di norma fare allora da parte dei pellegrini.
Il nome sulla roccia
Sulla roccia del santuario angelico non scrisse il suo nome, ma il segno del Tav, segno che rappresenta la croce e che il Santo poneva in calce alle sue lettere. Addirittura, una volta, guarì un uomo che aveva perduto l’uso della gamba, toccandogliela con un bastoncino a forma di Tau.
Per Francesco questa lettera dell’alfabeto greco era un segno della salvezza secondo la celebre visione del profeta Ezechiele (9, 3-7) nella quale uno spirito celeste sotto forma di uno scriba vestito di lino risparmia dalla morte soltanto coloro che con essa erano segnati. Indubbiamente la grotta di san Michele costituisce un luogo sacro per eccellenza dove i fedeli possono avere il perdono di tutti i loro peccati.
Il saccheggio
Oggi nella Basilica dell’arcangelo l’antica pietra sulla quale Francesco lasciò il suo segno non c’è più. Nel saccheggio del 1799 i soldati francesi l’asportarono con l’antica porticina d’argento che aveva in rilievo l’effige del Santo, al posto della pietra originaria ve ne è un’altra con la stessa croce come segno di salvezza.