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Se non amiamo fino alla fine, non abbiamo amato mai!

ELDERLY COUPLE,

Jacob Lund | Shutterstock

Matrimonio cristiano - pubblicato il 25/05/20

Ecco a quale grande orizzonte ci apre il matrimonio cristiano. Viviamo l'amore per Dio mediato dal nostro sposo, dalla nostra sposa. E cerchiamo di amare come ama Dio stesso: da sempre, per sempre, fino alla fine.

Di Antonio e Luisa

Riprendiamo il punto 319 di Amoris Laetitia e proseguiamo (qui la prima parte)

Colui che non si decide ad amare per sempre, è difficile che possa amare sinceramente un solo giorno.

Affermazione pesante. Come è possibile? Prima andava tutto bene. C’era passione, affetto, intimità, innamoramento, sentimento. Io l’amavo davvero! Come si può dire che non ci fosse amore? C’era intesa sessuale ed emozioni forti. L’amore c’era ed era anche travolgente. Quello semplicemente non è l’amore. L’amore, per noi cristiani, è mettere l’amato/a al centro. Ed ecco, che anche quando non sento nulla, non smetto di amare, perché quello che conta non è ciò che sento io, ma il suo bene e la sua gioia. Quando ho vissuto momenti di aridità dove mi è costato fatica amare la mia sposa, lì dove ero spogliato di molte di quelle sensazioni ed emozioni che trascinano la relazione, lì ho cominciato ad amare davvero. Continuando a tenere la bussola indirizzata verso di lei. Gesù ha mostrato tutto il suo amore sulla croce, dove non c’era nulla di romantico e di emotivamente appagante, ma lì ci ha amato per il nostro bene, per la nostra salvezza. Poi c’è un grande paradosso. Quando riesci ad amare anche quando senti poco o nulla, perseverando, presto torneranno anche tutte le emozioni e sensazioni perdute. Se avete seguito fin qui il discorso capirete bene come ora l’affermazione iniziale sia comprensibile e condivisibile. Se quando vengono meno tutte quelle forze erotiche, sessuali, emozionali dell’attrazione e dell’innamoramento,  decidete che non vale più la pena continuare, perché non amate più quella persona, significa semplicemente che non l’avete mai amata.

Ma questo non avrebbe significato spirituale se si trattasse solo di una legge vissuta con rassegnazione. E’ un’appartenenza del cuore, là dove solo Dio vede (cfr Mt 5,28).

Questa è una verità che ho capito con il tempo. Il nostro padre spirituale diceva sempre di non dedicarsi alla pastorale familiare prima dei 10 anni di matrimonio perché fino ad allora non avremmo capito cosa davvero il matrimonio fosse. E’ qualcosa che si impara vivendo e facendone esperienza. Davvero così. La proposta della Chiesa, la fedeltà, l’indissolubilità non sono qualcosa da subire ma qualcosa da amare. Sono la corda che ci lega in cordata l’uno all’altra. Così quando il vento si fa forte, la neve ti ghiaccia il viso, le forze ti mancano e vorresti mollare, continui a salire perché sei legato all’altro e perché quella corda è sostenuta da Colui che può tutto. Con la Grazia la salita non sarà mai troppo difficile. Ecco perché non mi tolgo mai la fede dal dito. Non voglio neanche simbolicamente e per un momento staccarmi da quella catena che è salvezza, pienezza, senso e verità. E’ così che il nostro essere una sola carne (Gen 2, 24) riflette l’essere una sola cosa di Dio(Gv 17,21). Cioè la comunione del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.

Ogni mattina quando ci si alza, si rinnova davanti a Dio questa decisione di fedeltà, accada quel che accada durante la giornata. E ciascuno, quando va a dormire, aspetta di alzarsi per continuare questa avventura, confidando nell’aiuto del Signore.

Cosa ci dice il Papa? Ci ricorda che la fedeltà non è una promessa che facciamo all’inizio del matrimonio e poi basta. La fedeltà è una progressione giorno per giorno. Più cresciamo nel matrimonio e più quella promessa significa andare in profondità nel dono di noi. Ogni mattina dovremmo iniziare la giornata con questa promessa. Questa è la nostra missione più importante. Lavoro, figli, impegni, parrocchia, comunità e qualsiasi altra cosa vengono dopo. Ogni mattina dobbiamo rinnovare quella promessa e fare di tutto per non disattenderla. Questo è possibile solo grazie allo Spirito Santo perché è davvero troppo esigente per noi miseri uomini.

Così, ogni coniuge è per l’altro segno e strumento della vicinanza del Signore, che non ci lascia soli: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»

Che meraviglia! Se ci amiamo con lo stile di Gesù siamo capaci di questo, di mostrare Gesù all’altro. Dio mi rende Suo strumento privilegiato per manifestare il Suo amore a Luisa. Quando Luisa è triste e Lui vuole incoraggiarla e sostenerla lo fa attraverso di me. Quando Luisa è debole e ha bisogno di essere sostenuta ci sono io. Quando Luisa vuole dare concretezza all’amore, quando ha bisogno di vivere l’amore nel corpo, ha bisogno di tenerezza, di intimità, di sentirsi avvolta in un tenero abbraccio ci sono sempre io. Quando Luisa desidera specchiarsi nello sguardo di Gesù, che la desidera ardentemente e la vede bellissima e perfetta così in tutta la sua umana imperfezione, ci sono un’altra volta io, perché Gesù nel sacramento mi ha reso capace di guardarla così. Quando Luisa chiede a Dio di trovare il suo posto nel mondo, di non sprecare la sua vita ma di renderla feconda ci sono ancora una volta io. Si, perché Gesù attraverso l’uomo che sono, con tutti i miei limiti, con tutti i miei errori e difetti, dice a Luisa: amami. Amami in Antonio, Amami nelle sue fragilità, nelle sue mancanza, nella sua inadeguatezza.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA MATRIMONIO CRISTIANO

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