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State pensando e prendendo le vostre decisioni?

PRUDENCE

Jacob Lund - Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 22/05/20

Per essere liberi non basta obbedire. La vita si gioca in quei momenti che richiedono di compiere un passo coraggioso

Spesso mi ritrovo a pensare come la pensano tutti. Mi lascio trascinare dalla corrente per non stonare. E allo stesso tempo mi indigno quando qualcuno rimane della sua opinione, diversa da quella di molti, dalla mia, e non accetta il punto di vista della maggioranza.

Mi costano gli atteggiamenti contrari, le persone incorruttibili, salde, autentiche. Non sono tollerante nei confronti di chi è diverso. Dico che chiunque può dire ciò che pensa, ma poi in realtà vorrei che tutti la pensassero come me.

Nel mio cuore emerge quel piccolo dittatore che porto dentro. Sorge in me il desiderio che tutti la pensino come me e che nessuno “stoni”.

Educo nel pensiero unico, perché nessuno possa deviare dal mio modo di vedere le cose. Quanto è facile cadere nella massificazione!

Giorni fa vedevo un video di una professoressa che durante la sua lezione ha portato un esempio di comportamento sociale. Ha chiesto a tutti gli allievi il colore di una cartellina. Era verde. Ha detto loro che avrebbe fatto un esperimento.

Ha chiesto a tutti di dire che la cartellina era rossa quando lo avesse chiesto. Gli allievi hanno risposto come aveva detto loro dopo che era arrivato l’ultimo studente, che guardava perplesso. Non riusciva a credere che dicessero che era rossa quando era ovvio che fosse verde.

Quando la docente ha interpellato lui, dopo che tutti avevano affermato che era rossa, egli ha dubitato e ha dato la stessa risposta degli altri. La classe è scoppiata a ridere.

Sotto l’influenza della massa mi mimetizzo. Finisco per pensarla come tutti per non essere rifiutato, ferito, attaccato. Mi costa difendere un’opinione diversa e rimanere saldo in quello che penso o che credo.

Mi capita lo stesso al momento di dover prendere delle decisioni, di optare per quello che credo che Dio mi stia chiedendo.

Dall’altro lato, posso credere che l’obbedienza sia il valore supremo al momento di decidere. Leggevo giorni fa della battaglia finale persa da Napoleone a Waterloo.

Un ammiraglio, Grouchy, aveva la possibilità di cambiare la storia, ma non lo ha fatto perché ha obbedito ciecamente all’ordine ricevuto:

“Quel momento che di tanto in tanto si presenta ai mortali, consegnandosi all’uomo anodino che non sa utilizzarlo. Le virtù della cittadinanza, la previsione, la disciplina, lo zelo e la prudenza, valori magnifici in circostanze normali del vivere quotidiano, si diluiscono, fuse dal fuoco glorioso dell’istante del destino che esige il genio per poterlo plasmare in un’immagine imperitura”.

Quel militare obbediente è diventato un uomo irresoluto. Il suo amore per la disciplina non gli ha permesso di reagire quando le circostanze lo richiedevano. Non ha disobbedito all’ordine dato da Napoleone e non è corso a soccorrerlo nella battaglia. Ha atteso obbediente.

Ci sono momenti in cui mi vengono richieste audacia e capacità decisionale, di guardarmi dentro e decidere. Non è sempre tutto cristallino. Non basta obbedire agli uomini nei loro ordini chiari.

Ci sono momenti in cui devo cercare nel mio cuore il Dio che cammina con me nella solitudine, nella penombra, e decidere al suo fianco.

Il pericolo è quello di lasciarmi trascinare da quello che mi chiedono gli altri, o di avere troppa paura di sbagliare. O di legarmi tanto alla norma che non mi resta lo spazio per agire in modo diverso. O ancora di chiedere a un sacerdote o a uno psicologo di decidere per me, come se fosse una ricetta.

Credo che la vita si giochi in quei momenti in cui mi viene chiesto di compiere un passo coraggioso, un passo in avanti, e di cercare quello che voglio, quello che Dio vuole per me.

E se mi confondo? E se sto sbagliando?

Si può sempre sbagliare e commettere errori gravi. Ci si può confondere nel prendere una strada, ma non per questo bisogna smettere di agire, di mettersi in marcia, di essere audaci, di pensare da sé.

Quello che pensa la maggioranza non può determinare il mio modo di vivere e di agire. Voglio discernere e osservare la realtà con i miei occhi, non con quelli di molti, della maggioranza.

Non sempre quello che pensano tutti gli altri è corretto. Non sempre le azioni che gli uomini si aspettano da me sono quelle che Dio vuole che compia.

Penso che spesso vivo cercando di salvare i confini del cammino. Corro a velocità prudente lungo una strada con margini molto marcati.

Non voglio cadere nel precipizio e fuggo dai margini, dove si trova il pericolo. Vivo spaventato, con una paura inconfessabile di essere infedele, di essere debole, di non prendere le decisioni corrette.

E per il fatto di non voler sbagliare decidendo sbaglio nella mia indecisione, perché non decidere è già assumere un atteggiamento. Vorrei avere un cuore più libero, più autonomo, più capace di discernere cercando il Dio della mia vita all’interno della mia anima.

Mi fa paura la massificazione, sia quella mondana – che si impone in correnti della moda – che quella religiosa – quando mi lascio trasportare da quello che pensa chi mi circonda nella mia fede.

Posso vivere la mia fede in modo massificato. Mi lascio trascinare da quello che fanno tutti. Non mi sento libero. Sono un uomo-massa che vive di riti e forme religiose.

Non so allontanarmi da quello che mi hanno ordinato. Applico sempre la norma, per essere obbediente. Penso come la maggior parte della gente, o come l’autorità che servo.

Non ho un criterio proprio. Non mi distinguo dal resto. Non penso, non prego. Voglio educare il mio cuore ad essere libero e fedele a Dio.

A non aver paura di stonare cercando la sua volontà nella mia vita. A seguire le sue vie senza pretendere di fare sempre ciò che è politicamente corretto.

Un cuore libero, un cuore che pensa cercando Dio. Un cuore in grado di prendere decisioni senza dover chiedere a nessuno di prenderle al mio posto. Quanto mi costa essere libero di agire senza paura di commettere errori!

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