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Solo attraverso una mancanza si sprigiona il potenziale del cuore

FIRST, STEP, BABY

Elena Efimova | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 19/05/20

Il mistero dell'Ascensione parla di un allontanamento di Gesù simile a quando un padre toglie le mani per lasciare che il figlio cammini da solo: è necessaria l'esperienza di un'assenza per arrivare all'esperienza della Pentecoste.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai?
Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò.
E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio.
Quanto al peccato, perché non credono in me;
quanto alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più;
quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato». (Gv 16,5-11)

“Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò”. Il Vangelo di oggi ci aiuta a capire il mistero della festa dell’Ascensione che vivremo tra pochi giorni. Infatti la festa dell’Ascensione è la celebrazione di una partenza, di un’assenza, di un vuoto, di una mancanza che Gesù lascia. Ed è Egli stesso a dirci che solo attraverso l’esperienza dell’assenza può venire a noi il Consolatore. Se c’è una cosa che ci spaventa è proprio l’assenza di chi amiamo, l’eclissi di ciò che conta, la scomparsa dell’orizzonte di senso che ci guida.

Ma cosa mai di buono può venire fuori da un’esperienza così? Per averne una vaga idea dobbiamo pensare a un bambino piccolo che tenta di camminare da solo. Inizialmente si sente forte delle mani della madre o di quelle del padre, ma a un certo punto per poter sprigionare il potenziale che è sepolto in lui, cioè la sua capacità di camminare, il padre e la madre lo lasciano, creano assenza, tolgono le mani. A prima acchito sembra un trauma, ma poi tra una caduta e un tentativo quel lasciarlo lo rende capace di camminare. La stessa cosa fa Cristo con ciascuno di noi: se inizialmente ci sembra che Egli sia presente anche attraverso un “sentire”, è necessario poi passare attraverso un’assenza, una sua mancanza per far si che arrivi in noi ciò che può tirare fuori da ognuno il potenziale nascosto nel cuore. Ecco perché se non passiamo attraverso il mistero dell’Ascensione non potremmo nemmeno arrivare all’esperienza della Pentecoste. “E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio”. Peccato, giustizia e giudizio a quanto pare sono le tre esperienze che ci fa fare lo Spirito. Si pecca quando si smette di credere e di confidare in Cristo perché si confida in se stessi. La giustizia è accettare la sua assenza così come dicevamo prima. Il giudizio ci dice che Gesù ha già vinto e dobbiamo vivere ricordandoci di questa vittoria preventiva.

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