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Come essere un sole per gli altri?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 14/05/20

L'altro è il cielo o l'inferno? Può essere il paradiso quando la mia vita risuscita con Cristo

In questo periodo di reclusione sogno di tornare nei luoghi dove ho amato tanto la vita. È un desiderio molto forte nel cuore che grida e lo riempie di sogni.

Voglio tornare nei luoghi amati e con le persone amate. Dopo tanto tempo senza abbracci, senza incontri, sogno una Pasqua di nuovi incontri e nuovi abbracci.

Cinquanta giorni di luce, per tornare ad abbracciare e ad amare come ama Gesù. Sentivo giorni fa dire “Una delle chiavi della felicità sono gli altri”.

Contraddice Sartre, che diceva “L’inferno sono gli altri”.

L’altro è il cielo o l’inferno? Può essere il paradiso quando la mia vita risuscita con Cristo. Egli lo rende possibile. Voglio tornare con quelli che amo. Vivere con loro. Sono la mia strada verso il paradiso.

È quello che fa Gesù nelle sue apparizioni dopo essere risorto. Torna nella sua terra amata, alle sue radici, in Galilea. Torna da quelli che ama e li abbraccia, e dice loro che li ama.

Gesù appare loro con il suo corpo glorioso. Appare e non lo riconoscono. E nei suoi gesti d’amore vedono con più profondità e lo scoprono nascosto.

Gesù si manifesta in quel gesto d’amore che ha per ciascuno. Va in Galilea e lì, vicino al lago, nel suo amato mare di Genesaret, dove ha amato la vita e ha chiamato i suoi, li incontra di nuovo ed escono a pescare insieme. Gesù e i suoi apostoli, i suoi amici.

Ora poi torna in modo nuovo, con una speranza nuova. Non è tornare alla vita di prima, alla stessa pesca, allo stesso orizzonte ristretto. Tutto si è ampliato. In questo cammino dalla morte alla vita, Gesù fa nuove tutte le cose.

Spero che qualcosa cambi nella mia vita quando tutto questo sarà passato. Mi fa paura pensare che rimarrà tutto uguale. La stessa rete, la stessa barca, lo stesso sguardo. Sarà sicuramente diverso.

È quello che spero, che sogno, che chiedo ogni notte quando vado a dormire. Che le mie passioni, le mie priorità, cambino. Di tener conto di ciò che è importante e non perdermi in cose superficiali che mi lasciano vuoto. Di valorizzare quello che ho e non vivere aspettando ciò che non è possibile.

Guardo le mie reti vuote e vedo che Gesù le riempie quando mi sembrava impossibile. Egli prepara il pasto per me sulla riva come ha fatto un giorno per loro. Lo fa aspettandomi, aspettandoli.

Mi aspetta sempre. Ho visto come Giovanni vede Gesù da lontano e lo riconosce: “È il Signore!” Che sguardo puro! Vede Gesù nascosto in quell’apparenza sconosciuta, nuova, risuscitata. È Lui che è finalmente tornato ed è vivo.

È Gesù che viene al mio mare, alla mia vita, alla mia barca. Gli chiedo di aiutarmi ad aprire gli occhi per riconoscerlo vivo tra i morti.

Giovanni grida riconoscendolo. E Pietro? Si getta in acqua. Sembra che abbia creduto in quello sguardo d’amore di Gesù in casa di Caifa, quando lo ha rinnegato tre volte e ha pianto. Pietro corre da Gesù, nudo, spogliato di ogni merito e di ogni potere. Non è più il vincitore, ma lo sconfitto.

SIMON PETER
Waiting For The Word | CC BY 2.0

E Gesù gli chiede solo se lo ama. Questa domanda mi tocca il cuore. Gesù ha bisogno dell’amore di Pietro. Che gioia quell’incontro per entrambi! E sarà così anche per me.

Gesù vive e si avvicina a me nella mia routine. Mi aspetta sulla riva della mia vita, stanco del lavoro, di questo periodo di reclusione, di queste ore che passano. Viene sulla riva del mio mare a dirmi che mi ama e vuole sapere se io lo amo.

Appare in mezzo alle mie attività quotidiane. E mi chiede solo se gli voglio bene. E io, che sono goffo, che ho paura e ho vissuto la morte e il dolore, che sono di argilla e ho mani di argilla, dubito. Non lo riconosco né lo amo sempre.

Credo in Lui e lo aspetto, ma non sempre distinguo le sue mani, i suoi piedi, quando cammina e parla al mio fianco. Non ascolto la sua voce o la confondo con altre.

Vorrei vederlo come Giovanni. E credere in chi lo vede come Pietro. Ho bisogno di mangiare con Lui sulla riva. Quello stesso pesce che ho pescato con Lui.

Ho bisogno di dirgli con le mie limitazioni: “Tu sai tutto. Tu sai che ti voglio bene”.

Gesù riempie di senso tutta la mia vita. In questi giorni rinnovo la mia vocazione, la chiamata che ho sentito un giorno nell’anima. Torna a gridarmela perché non la dimentichi.

Egli ha camminato al mio fianco tante volte. Ha guarito il mio cuore ferito nel mio dolore. Ha cenato con me perché non mi senta mai solo.

Egli ha preso su di sé la mia fragilità umana quando pensavo di poter fare tutto da solo. Ha creduto in me anche quando non ci credeva nessun altro, neanche io stesso. Ha sognato di me nei suoi sogni più vivi. E mi ha amato in modo smisurato.

E ora mi ricorda quanto mi ama e mi insegna a vivere in modo nuovo, a modo suo, non al mio. Questa è la fonte della mia gioia pasquale.

Sono un uomo nuovo, perché Gesù è risuscitato in me cambiando le mie forme e il fondo della mia anima. Vale la pena di vivere con Lui. La Pasqua è questo. È reincontrare Colui che amo e che è vivo.

Non è rimasto nella tomba in cui lo avevano sepolto. Ora è vuota. Gesù vive dentro di me, in ogni anima che gli ha detto di sì nella sua povertà.

Vive in me quasi senza che io lo sappia. Abbraccio questa vita nuova e voglio dare gioia a chi ho al mio fianco. Sono per loro il cielo, non l’inferno.

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