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La finestra dell’anima

MĘŻCZYZNA W ŻAŁOBIE

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Orfa Astorga - pubblicato il 13/05/20

Quando la depressione influisce sulla famiglia e si trascura la dimensione spirituale della persona

Roberto, una persona dall’intelligenza viva, aveva ricevuto assistenza da vari esperti perché soffriva di depressione, situazione che influenzava anche la sua famiglia. È stato per questo che, su richiesta della moglie, ha sollecitato una consulenza familiare. Lo ha fatto tralasciando il suo problema di salute, ma il tema è saltato inevitabilmente fuori.

Come manifestazione della sua problematica, Roberto evitava di coinvolgersi nei progetti familiari, e giustificava la sua mancanza di speranza o interesse dicendo di non avere tempo o di essere stanco perché soffriva di insonnia. In casa non dissimulava la noia, il fastidio e un’estrema serietà.

“Soffro di depressione”, ha detto con l’espressione oscura, “ma ora con i farmaci che sto prendendo e l’aiuto psicologico sono certo che presto starò più che bene”.

All’inizio si mostrava depresso, con incoerenza a livello di idee e una bassissima autostima, ma man mano che andava avanti nel trattamento il suo comportamento è diventato sereno e sicuro di sé, al punto che a un certo momento ha affermato che aveva lottato per tutta la vita e che con o senza aiuto, in qualche modo, sarebbe riuscito ad andare avanti, perché era soprattutto una questione di volontà.

La sua conversazione ruotava intorno a ciò che aveva ottenuto: studi, esperienza, questo e quello. Risultava evidente che nella sua scala di valori gli affetti familiari non erano al primo posto.

Dialogando ha riconosciuto che c’era in lui una certa mancanza di umiltà. Gli è allora stato spiegato che essendo questa una malattia dello spirito avrebbe rappresentato un ostacolo al superamento definitivo del suo problema.

Non essendo convinto, ha proseguito così la nostra conversazione:

“Malattia dello spirito? Questo proprio non me lo aspettavo! Me lo deve spiegare”.

“Lei non si è messo a guardare dalla finestra della sua anima, e per questo le propongo un esercizio di immaginazione”.

“Prego” (detto con interesse e una certa ironia).

“Chiuda per qualche istante gli occhi e immagini di essere chiuso in una stanza avvolta da un’oscurità impenetrabile. All’improvviso può aprire una finestra dalla quale entra una luce che illumina il suo cuore, e riesce a vedere con una grande chiarezza che sua moglie e i suoi figli la amano, che lei è ciò che conta di più nella loro vita e che la sua felicità dipende dalla loro. Le suggerisco di provare a dare un’interpretazione dalla prospettiva della sua malattia e della sua situazione familiare, essendo molto onesto con se stesso”.

Poi l’ho lasciato per qualche minuto da solo. Quando sono tornata, mi ha detto con voce grave:

“È vero che posso vedere quello che lei dice e capisco che la storia della stanza oscura si riferisce ai miei episodi depressivi, solo che quell’oscurità è provocata dalla mia malattia, che è molto reale”.

“Lo è anche l’amore dei suoi cari. Lo ha detto lei stesso”.

“Sì, è vero”, ha risposto muovendo la testa. “Solo che, a proposito dei problemi che ho provocato, gli esperti mi dicono che in qualche misura non sono responsabile della mia condotta”.

“Beh, non si tratta di sentirsi colpevole, ma di sentirsi responsabile. Si tratta di scoprire da sé che la soluzione definitiva non deriverà dal trattamento solo dell’aspetto organico e mentale, ovvero basandosi solo sulla scienza o sulla volontà. Serve anche l’umiltà per svuotare il cuore da tante idee su se stesso, per riempirlo con la splendida realtà dell’amore nei confronti di Dio e degli altri e approfittare così delle energie che ne possono derivare. Per questo le propongo di affacciarsi ogni giorno a quella finestra, per lasciare che il suo cuore si illumini, laddove la sua intelligenza, la sua volontà e il suo spirito possono unire le forze per effettuare dei cambiamenti nella sua vita davvero significativi che la portino a non complicarsi l’esistenza e a ricadere nella malattia”.

Cambiamenti all’interno di un nuovo ordine come:

  • Mettere al primo posto il rapporto con Dio in base al suo credo perché sia Lui ad aiutarla a ordinare tutto il resto.
  • Mettere al secondo posto la sua famiglia per aumentare la qualità del suo amore nei suoi confronti.
  • In terzo luogo, il suo lavoro come contesto dell’esplicazione della sua personalità e mezzo di sostentamento”.

Roberto ha continuato il suo trattamento. Un bel giorno ne dovrà fare a meno, ma per dirla con le sue parole per tutta la sua vita farà attenzione a tenere sempre aperta la finestra dell’anima.

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