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Quanto lasci che Cristo ti usi per salvare la vita agli altri?

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 13/05/20

I nostri no all’amore molto spesso gettano nell’inferno chi abbiamo accanto.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». (Gv 15, 1-8)

“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”. Se c’è una cosa di cui siamo conviti senza che nessuno ci impegni nel convincerci è proprio l’esperienza del taglio. Nella vita molte volte ci accorgiamo di incontrare dei tagli. Sono esperienze di dolore o anche di gioia che segnano una linea di demarcazione tra un prima e un dopo. Certi dolori segnano con un taglio netto la nostra esistenza, e così anche certi amori, certe gioie. Ma la domanda non è se quel taglio è una benedizione o una maledizione, ma che benedizione o quale maledizione portano nella nostra vita. Alcuni tagli ci portano alla morte, a non sentire più la vita viva. Altri tagli tirano fuori da noi il meglio, i frutti nascosti sotto la cenere. Non dobbiamo pensare che Dio ci ama perché ci evita i tagli, ma pensare che il Suo amore è vero proprio nell’esperienza del taglio perché da esso si fa verità su noi stessi. Ma è anche vera un’altra cosa, e cioè la nostra totale dipendenza vitale da Cristo: “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”. rnel poter fare a meno. Invece è proprio quando ci accorgiamo che non possiamo fare a meno delle relazioni, dell’altro, e cioè di Cristo stesso nascosto al fondo di ogni relazione che emerge in noi chiaro in che maniera concreta Cristo ci salva la vita. Se ad esempio una madre è il modo attraverso cui Cristo salva la vita di un bambino, sarebbe distruttivo per quel bambino presumere di poter fare a meno di una madre. Questo però interroga ciascuno di noi anche su quanto lasciamo che Cristo ci usi per salvare la vita agli altri. I nostri no all’amore molto spesso gettano nell’inferno l’altro.
Giovanni 15,1-8

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