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Sesso, una possibile via per la santità

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Paul Habsburg - pubblicato il 12/05/20

Quando si pensa alla sessualità, forse non è la santificazione la prima cosa che ci viene in mente. Il piacere o la vergogna, magari, il matrimonio o l’infedeltà, la fiducia e la violenza, la libertà e la schiavitù… San Giovanni Paolo II, però, ci ha fatto scoprire una dimensione incredibilmente profonda della sessualità. Un vero tesoro lasciatoci sotto il nome di “teologia del corpo”.

Se dico “sesso”, probabilmente voi non mi direte “santificazione”. Non di primo acchito, almeno: il pensiero contemporaneo ce ne suggerisce tante altre che spesso sono in opposizione stridente fra loro. Piacere e vergogna, matrimonio o infedeltà, fiducia o violenza, libertà o schiavitù… Capiamo bene che la lista di questi opposti può estendersi indefinitamente. Già a scuola, la sessualità non è “insegnata” come la via della procreazione ma anche una zona di pericolo? Pericolo di malattie sessualmente trasmissibili, ma anche rischio di restare incinte (uno dei paradossi più forti sulla sessualità: trasformare il dono della vita in uno dei peggiori pericoli). Ancora, per alcuni giovani, la sessualità è quasi sinonimo di pornografia.


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Alcune religioni hanno una visione negativa del corpo. Esso è la fonte del peccato, o almeno di un peso del quale occorre sbarazzarsi per liberare l’anima e unirla al divino. Se ancora in un passato recente la Chiesa non ha sempre saputo comunicarne una visione positiva, il suo sguardo su questa realtà tanto fondamentale della vita umana è fortemente cambiato almeno da 40 anni… Oggi possiamo dire che per la Chiesa il corpo non è cattivo, e che non è il luogo del peccato.


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Al contrario, essa vede la sessualità umana – la complementarietà nella diversità tra uomo e donna – come un cammino di pienezza, anzi di santità. Per i cristiani, il corpo umano è capace di rendere visibile nel mondo la tenerezza del suo creatore invisibile. L’uomo e la donna possono imparare a dominare il loro corpo per vivere la loro sessualità in uno vero e reciproco dono-di-sé. In questo caso, essi si santificano l’un l’altro, rendono il mondo più bello e più puro.




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La figura-chiave dietro questo cambiamento così positivo nel cristianesimo è quella di Giovanni Paolo II. A proposito, nella mia missione di preparare le giovani coppie al matrimonio, constato spesso il loro stupore quando scoprono la bellezza dell’insegnamento del papa polacco. Soprattutto, prendono coscienza del fatto che c’è un piano divino apposta per il loro amore, un piano che supera ampiamente quanto avevano pensato. San Giovanni Paolo II allarga il loro sguardo, li introduce in una fecondità più grande di quella relativa all’avere figli.




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Questo grande profeta dell’amore umano ci fa scoprire una dimensione profonda della sessualità: egli fa dell’amore umano un cammino di salvezza per tutti. Secondo lui, le coppie che amano in verità sono dei veri benefattori dell’umanità, degli autentici eroi. Egli presenta così il matrimonio come una vocazione, e anzi come la prosecuzione della missione di Gesù venuto a ripristinare nel mondo l’amore vero.


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Capirete che sono un vero fan di Giovanni Paolo II e del suo pensiero. Considero che l’insegnamento da lui trasmessoci sotto il nome di “teologia del corpo” sia uno dei più grandi tesori del depositum fidei. È per questo che vorrei condividere con voi alcune riflessioni su questo tema che ci riguarda tutti, cercando di tenere il linguaggio più semplice possibile al fine di parlare a tutti: dal più giovane al più anziano, dallo sposato al divorziato, dal single involontario alla persona consacrata.


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Chi è dunque il profeta che ha portato una tale luce, in un mondo talvolta così ferito o così superficiale della nostra affettività? Karol Wojtyła è nato cent’anni fa, per l’esattezza il 18 maggio 1920. Da bambino ha perduto la madre, e negli anni seguenti il fratello maggiore: perse infine anche il padre quando aveva appena vent’anni. La sua sofferenza legata alla condizione di orfano ha sicuramente contribuito a nutrire il suo interrogarsi sul senso dell’esistenza e, conseguentemente, sul senso dell’amore – tutte domande che si è posto fin da giovanissimo.




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Giovane prete, ha accompagnato innumerevoli coppie sul cammino della loro preparazione al matrimonio e nei primi anni della loro vita coniugale. Più tardi avrebbe detto che così «s’innamorò dell’amore umano». Al contempo, il suo cuore di pastore lo incitava a cercare di comprendere perché l’amore – capace di offrire delle gioie immense – possa anche diventare luogo di sofferenze insopportabili.




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Divenuto arcivescovo di Cracovia, dovette far fronte all’immensa ingiustizia della prostituzione. Il suo sguardo di filosofo vi vedeva lo sfioramento dell’amore umano. Per lui, è evidente che il Creatore non ha affidato all’uomo il dono della sessualità perché venisse così sfruttato. Da teologo, cercava lumi nella Bibbia, con la convinzione che la Parola di Dio gli avrebbe offerto un punto di vista privilegiato sul piano originario del Creatore per l’amore umano. Quel che avrebbe trovato è di valore inestimabile.


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Tutto ciò avrebbe costituito un insegnamento completo sul senso dell’amore umano e della sessualità, da lui chiamato “teologia del corpo”. Mentre si preparava a diffonderne il contenuto in Polonia, fu eletto Papa nel corso del conclave dell’ottobre 1978: allora Karol Wojtyła comprese di essere chiamato a introdurre la Chiesa e anche l’umanità intera in questo piano seducente di Dio sul corpo umano e sulla sessualità.

Una visione integrale dell’uomo

Eppure il contesto di allora forse ci sfugge oggi: la società occidentale degli anni ’70 del Novecento usciva fresca fresca dalla rivoluzione sessuale del maggio ’68, a cui si devono più danni che libertà. Tra i credenti, molti hanno rigettato in blocco la morale cristiana. Spesso fraintesa, l’enciclica Humanæ Vitæ di papa Paolo VI non ha modificato la percezione di una dottrina cattolica eccessivamente proibitiva, che comportava una visione negativa, troppo incentrata sugli interdetti.




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È allora che Giovanni Paolo II propose una visione integrale dell’uomo, perché cercava di rispondere alle questioni fondamentali di ogni uomo. Che cosa significa essere una persona umana? Che posso riuscire nella vita e accedere alla vera felicità? Il suo insegnamento ci ha trasmesso nozioni importantissime sul matrimonio, ma si spinge parecchio oltre: esso è valido per la comprensione dell’uomo in generale. Questo significato della persona ingloba il corpo umano, dunque la sessualità.


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Appena eletto papa, Giovanni Paolo II decise di non rendere pubblica la sua teologia del corpo in modo troppo plateale: preferì piuttosto un metodo umile e discreto, proprio perché quel tesoro non venisse rigettato categoricamente. Scelse le udienze del mercoledì come piattaforma discreta d’insegnamento. Dal 5 settembre 1979 inanellò una lunga lista di discorsi sulla coppia – «comunità di vita umana e cristiana che, fin dalle origini, è fondamentale» –. La lista si sarebbe svolta per quasi cinque anni. Malgrado sia un attore di teatro, lesse i suoi testi con voce piuttosto monotona, scegliendo un linguaggio poco accessibile ai comuni mortali. Quando gli amici gli chiesero la ragione del suo comportamento, rispose che le sue catechesi non erano per l’immediato presente, ma per qualche decennio dopo… Insomma, sembrerebbe che fossero per noi!

Un insegnamento in tre parti

E perché tocchiate con mano l’importanza di quel che vi propongo, considerate una cosa: Giovanni Paolo II ha diviso il suo insegnamento in tre parti. Anzitutto presenta il piano di Dio sull’uomo e sull’amore umano nell’origine della Creazione. Egli mostra che l’uomo, specialmente nella sua realtà di amore coniugale dell’uomo e della donna, è un segno dell’amore di Dio che santifica l’altro.


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Poi dedica 40 catechesi a spiegare il dramma dell’uomo ferito nella sua affettività (dopo la caduta originaria), partendo dalla frase di Gesù nel discorso della montagna:

Avete inteso che fu detto “Non commettere adulterio”. Ebbene io vi dico: «Ogni uomo che guarda una donna desiderandola in cuor suo ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore».

Mt 5,27-28

Lungi dal voler accusare l’uomo, egli gli mostra piuttosto un cammino per riconciliarsi con sé stesso, con la sua sessualità. L’ultima di queste 40 catechesi ha luogo il 6 maggio 1981. Il 13 maggio il papa avrebbe cominciato a svelare la terza parte del suo insegnamento mostrando che una via d’uscita c’è. Egli voleva spiegare che quella ferita affettiva, la concupiscenza dell’uomo moderno, può essere guarita… che l’amore sessuale nella coppia può diventare una vera via di santificazione. Proprio quel 13 maggio, mentre il Papa si recava all’udienza, un sicario comunista di nome Ali Ağca avrebbe tentato di assassinarlo.




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Mi è difficile non scorgere un legame stretto con un’altra realtà: soltanto l’assassino non aveva preso in considerazione che il 13 maggio era anche l’anniversario delle apparizioni di Nostra Signora di Fatima. A voi le conclusioni… Io voglio solo farmi vostro compagno di strada cercando di condividere con voi questo tesoro incalcolabile con una serie di articoli sull’insegnamento che George Weigel (il biografo di Giovanni Paolo II), considera un tornante, non soltanto nella teologia cattolica, ma anche nella storia del pensiero moderno.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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