Era stata sequestrata il 20 novembre 2018 a Chakama in Kenya. La liberazione grazie a un’operazione congiunta dell’intelligence italiana e turca. “Sto bene e voglio tornare a casa” ha detto la giovane
Silvia Romano è libera. Dopo 18 mesi di prigionia nelle mani degli islamisti somali di al-Shabaab, la cooperate italiana è stata liberata grazie al lavoro di servizi segreti, come ha annunciato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in un tweet.
Silvia era stata rapita il 20 novembre 2018 a Chakama in Kenya, 80 chilometri da Malindi. Ancora a febbraio di lei si sapeva solo che fosse viva, con molta probabilità prigioniera in Somalia, forse venduta ai terroristi di Al Shabaab dai criminali che l’hanno rapita nel villaggio dove lavorava a favore dei bambini e dei giovani del luogo, consentendo loro di andare a scuola.
Silvia è a Mogadiscio, in Somalia, da dove dovrebbe rientrare domani a Ciampino intorno alle 14 con un volo dell’Aise. Secondo quanto si apprende da fonti dell’intelligence, è stata liberata a circa 30 km da Mogadiscio in una zona in condizioni estreme per le alluvioni degli ultimi giorni. Al momento si trova “in sicurezza” nel compound delle forze internazionali.
“Sto bene e non vedo l’ora di tornare in Italia…. sono stata forte e ho resistito…” Sono alcune delle prime parole pronunciate dalla cooperante milanese liberata grazie ad una operazione iniziata la scorsa notte in Somalia e che ha visto protagonisti gli uomini dell’Aise con la “collaborazione determinante” dell’intelligence turca e somala. Secondo quanto si apprende da fonti della nostra intelligence, la ragazza sta bene sia fisicamente sia come umore.
“Sono felicissima, frastornata, non me l’aspettavo” ha detto all’AGI la mamma di Silvia Romano, Francesca Fumagalli, dopo aver appreso la notizia della liberazione della figlia. “Non l’ho ancora sentita, sto aspettando una telefonata dalla Farnesina”, ha aggiunto.
“Sono al decimo cielo, come tutti, per la fine di questo incubo”. È tutto quello che vuole e riesce a dire L.O., un caro amico di Silvia Romano, in un breve messaggio all’AGI. Il ragazzo, che spesso compare con lei nelle ultime foto postate su Facebook prima del rapimento, era presente anche alla sua laurea al campus di mediazione linguistica Ciels dove la giovane si era laureata nel febbraio del 2018, prima di partire in missione in Africa.
La notizia della liberazione è stata festeggiata nel quartiere, il Casoretto, alla periferia est di Milano, dove la ragazza vive con la madre. Dai balconi e dalle finestre del suo condominio e dalle case adiacenti, decine e decine di persone si sono affacciate ed è partita la musica: alcune canzoni care alla ragazza e poi l’inno nazionale cantato da tutti i presenti. Qualcuno si è fermato in strada sotto il portone ma senza alcun particolare assembramento.
L’ultima prova in vita certa risaliva al Natale del 2018, poco più di un mese dopo il sequestro. Le istituzioni non hanno mai smesso di indagare. Molte le voci della società civile che si erano levate nei mesi scorsi per capire, per sapere cosa stessero facendo le nostre istituzioni per riportare ai suoi affetti, e all’Italia intera, Silvia Romano. Voci che però si erano affievolite, quasi che sulla giovane italiana stesse calando una sorta di oblio.
Sul rapimento non si sa più nulla e il processo ai tre membri della banda che ha rapito Silvia, ovvero Moses Luwali Chembe, Abdalla Gababa Wario e Ibrahim Adan Omar – la banda era composta da 8 persone – dopo numerosi rinvii dovrebbe riprendere l’11 marzo. Il condizionale è d’obbligo. Il giudice della Corte di Malindi davanti alla quale si celebra il processo, ha fatto sapere che due giorni prima della data stabilità della ripresa delle udienze verranno convocate le parti solo nel caso ci siano novità sulla sorte di Ibrahim Adan Omar, uno dei tre accusati, che durante la libertà su cauzione è sparito senza darne notizia ai parenti e al suo avvocato ed è formalmente latitante.