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Quali Paesi usciranno prima dalla crisi economica dopo la pandemia?

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César Nebot - pubblicato il 09/05/20
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Da mesi si avverte dell’arrivo di una crisi economica tenendo conto dei livelli di debito pubblico e privato di fronte all’evoluzione della produttività delle economie avanzate del pianeta negli ultimi mesiVari organismi internazionali hanno avvisato degli indizi simili a quelli emersi prima della crisi del 2008.

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e la crescente ondata di protezionismo minacciavano di paralizzare gli eccessi della globalizzazione.

Il passaggio a una globalizzazione condizionata dall’impianto della tecnologia dell’informazione 5G implica un cambiamento geostrategico in cui la Cina può strappare l’egemonia economica e politica agli Stati Uniti.

In questo brodo di coltura di conflitto, un virus ci ha lasciati senza fiato.

Quando si pensava che fosse confinato alla regione dell’Hubei, le prime stime sull’impatto economico hanno riguardato la paralizzazione della produzione del gigante asiatico, come quella dei flussi commerciali e turistici.

L’OMS, però, avvertiva del rischio di una pandemia, e che il suo impatto avrebbe potuto essere di 570.000 milioni di dollari. All’improvviso, un virus che si presumeva confinato ha finito per confinare a sua volta tutto un pianeta nell’arco di poche settimane. Gli effetti non sono più rappresentati dalla rottura dei rapporti economici tra Paesi, ma si inoculano nelle strutture interne della produzione di ciascun Paese.

L’OCDE avverte che le restrizioni ai movimenti di persone, beni e servizi e le misure di contenimento applicate per far fronte alla pandemia di Covid-19 stanno facendo retrocedere il settore industriale non solo in Cina. L’impatto a livello globale è aggravato dal crollo nella fiducia negli affari.

L’OCDE ha considerato all’inizio uno scenario con un impatto temporale in cui il crollo grave si sarebbe verificato in Cina, con una crescita economica che si sarebbe ridotta del 5% rispetto a quella del 2019.

In questo scenario, il duro impatto si sarebbe esteso a Giappone, Corea e Australia, ma in seguito si sarebbe verificato un graduale recupero. Ci si sarebbe aspettati una diminuzione della crescita economica mondiale dello 0,5%, ma di fronte allo sviluppo della pandemia lo scenario è diventato molto diverso.

È uno scenario di contagio ampio in cui le economie avanzate vengono colpite da una crisi di fiducia, di consumo e di mobilità. Si stima che la pandemia di Covid-19 costerebbe 1,5 punti di crescita del PIL mondiale, ovvero 1.300 trilioni di dollari, 2280 volte quello che l’OMS aveva stimato per una pandemia in termini generali. Il recupero si dovrebbe verificare in modo molto graduale solo nel 2021.

Queste previsioni, però, non sono altro che congetture basate su presunti semplificatori a volte molto forti. Quando si stimava l’effetto della crisi del 2008, i presupposti su cui si basavano le previsioni non affrontavano uno dei problemi fondamentali, e per questo non potevano calibrare la portata economica e sociale nel tempo di quella crisi.

La crisi del 2008 si è scatenata di fronte allo scoppio della bolla immobiliare per un’ingegneria finanziaria che aveva distribuito nel mondo un totale di 3 trilioni di dollari in attivi tossici.

Evidentemente questi attivi finanziari sopravvalutati e senza il sostegno di garanzie sufficienti avevano un effetto economico importante di per sé, ma se fossero stati localizzati rapidamente la portata della crisi avrebbe potuto essere molto inferiore a quella che è stata in realtà.

Il problema di informazione provocava un problema di mercato definito di selezione avversa, in cui gli attivi tossici influiscono negativamente su quelli sani. In questo modo, la sfiducia di mercati finanziari e la necessità delle istituzioni bancarie di far vedere di aver sanato i propri conti ha operato estendendo il timore e l’indebolimento finanziario a tutto il sistema.

Da questo sono derivati i salvataggi bancari, le crisi di debito e quelle delle valute come l’euro, in cui è dovuta entrare la Banca Centrale Europea con il suo famoso “whatever it takes”. Tutto questo accompagnato con flussi di disoccupazione e problemi sociali.

Cosa possiamo imparare da tutta la crisi precedente? In primo luogo, la crisi che deriva dalla pandemia avrà di per sé un effetto economico previsto ben superiore a quei 3 triliardi di dollari.

La lezione più importante, però, è che l’informazione è fondamentale. La portata temporale della crisi degli attivi tossici si è estesa fin quando non sono stati localizzati. Nella crisi sanitaria, dev’essere essenziale localizzare i focolai di infezione per limitarne l’azione e ridurre i contagi.

L’isolamento totale di un Paese come quello che si sta realizzando è una misura preventiva per ridurre il contagio, ma è una misura di second’ordine. Quelle di prim’ordine hanno a che vedere con la localizzazione e lo sradicamente del virus. Lo sradicamento è collegato allo sviluppo del vaccino, ma la localizzazione dei focolai ha a che vedere con i test massicci sulla popolazione.

Paesi come la Corea del Sud hanno sottoposto a test tutta la popolazione, e questo ha permesso di localizzare i focolai, realizzare quarantene selettive ed eludere il confino totale del Paese.

Paesi come la Spagna, invece, non hanno agito quando vedevano arrivare lo tsunami anziché immagazzinare test e materiale sanitario di fronte agli avvertimenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

In questo caso, la mancata localizzazione dei focolai di contagio ha portato all’unica soluzione per far fronte alla pandemia, l’isolamento, con il costo economico e sociale che comporta.

In questo senso, l’isolamento corrisponderebbe a una specie di chiusura dei mercati finanziari nella crisi del 2008, un problema enorme.

L’isolamento non è quindi un merito di gestione di un Governo, ma la conseguenza della sua mancanza di previsione e gestione. Per questo, la portata della crisi provocata dalla pandemia di Covid-19 sarà diversa in ogni Paese e dipenderà dalla capacità di localizzare e sradicare i focolai di contagio.

Ci sono Paesi destinati a un futuro oscuro, mentre altri vedranno la luce prima e saranno non solo quelli che supereranno meglio la crisi economica, ma anche quelli che conteranno nel nuovo ordine geostrategico dopo la pandemia.