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Il Papa: Dio aiuti gli operatori dei media a lavorare sempre al servizio della verità

Urbi et Orbi

ANDREAS SOLARO / POOL / AFP

Vatican News - pubblicato il 06/05/20

Nella Messa a Santa Marta, Francesco pensa a quanti lavorano nei mezzi di comunicazione che in questo tempo di pandemia lavorano e rischiano tanto. Nell'omelia, esorta a lasciarci illuminare da Gesù le tenebre che abbiamo dentro di noi, i vizi, lo spirito mondano, la superbia, perché la sua luce entri e ci salvi: "Non abbiamo paura del Signore, è molto buono, è mite, è vicino a noi. È venuto per salvarci. Non abbiamo paura della luce di Gesù”

Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta(VIDEO INTEGRALE) nel mercoledì della quarta settimana di Pasqua. Nell’introduzione, ha rivolto il suo pensiero agli operatori dei media:

Preghiamo oggi per gli uomini e le donne che lavorano nei mezzi di comunicazione. In questo tempo di pandemia rischiano tanto e il lavoro è tanto. Che il Signore li aiuti in questo lavoro di trasmissione, sempre, della verità.

Nell’omelia il Papa ha commentato il Vangelo odierno (Gv 12,44-50) in cui Gesù afferma: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno».

“Questo passo del Vangelo di Giovanni – ha affermato il Papa – ci fa vedere l’intimità che c’era tra Gesù e il Padre. Gesù faceva quello che il Padre gli ha detto di fare”. E precisa la sua missione: “Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”. “Si presenta come luce. La missione di Gesù è illuminare” e Lui stesso ha detto: “Io sono la luce del mondo”. Il profeta Isaia aveva profetizzato questa luce: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”. È “la promessa della luce che illuminerà il popolo. E anche la missione degli apostoli è portare la luce”, come quando Paolo ha detto di essere stato scelto per illuminare, per portare questa luce” che non è sua, ma di un altro. È la missione di Gesù e degli apostoli: illuminare, perché il mondo è nelle tenebre.

“Il dramma della luce di Gesù – sottolinea Papa Francesco – è che è stata respinta”, come dice Giovanni all’inizio del Vangelo: “È venuto dai suoi e i suoi non lo accolsero. Amavano più le tenebre che la luce”. Abituarsi alle tenebre, vivere nelle tenebre: “Non sanno accettare la luce, non possono; sono schiavi delle tenebre. E questa sarà la lotta di Gesù, continua: illuminare, portare la luce che fa vedere le cose come stanno, come sono; fa vedere la libertà, fa vedere la verità”: con la luce di Gesù.

“Paolo ha avuto questa esperienza del passaggio dalle tenebre alla luce, quando il Signore lo incontrò sulla strada di Damasco. È rimasto accecato”. Col battesimo ha riavuto la luce: “Ha avuto questa esperienza del passaggio dalle tenebre, nelle quali era, alla luce”. È anche il nostro passaggio, che sacramentalmente abbiamo ricevuto nel battesimo: “per questo il battesimo si chiamava, nei primi secoli, ‘la illuminazione’, perché ti dava la luce” e per questo nel battesimo si dà un cero acceso ai genitori perché il bambino, la bambina, sono illuminati: “Gesù porta la luce”.

Ma “il suo popolo – osserva il Papa – l’ha respinto. È tanto abituato alle tenebre che la luce lo abbaglia” e “questo è il dramma del nostro peccato: il peccato ci accieca e non possiamo tollerare la luce. Abbiamo gli occhi ammalati”. Gesù lo dice chiaramente, nel Vangelo di Matteo: “Se il tuo occhio è ammalato, tutto il tuo corpo sarà ammalato”. E “se il tuo occhio vede soltanto le tenebre, quante tenebre ci saranno dentro di te?”. “La conversione è passare dalle tenebre alla luce. Ma quali sono le cose che ammalano gli occhi, gli occhi della fede” e “li accecano? I vizi, lo spirito mondano, la superbia”.

Queste tre cose – osserva il Papa – ti spingono ad associarti ad altri “per rimanere sicuri nelle tenebre. Noi parliamo spesso delle mafie: è questo. Ma ci sono delle mafie spirituali, ci sono delle mafie domestiche”: è un “cercare qualcun altro per coprirsi e rimanere nelle tenebre. Non è facile vivere nella luce. La luce ci fa vedere tante cose brutte dentro di noi che noi non vogliamo vedere: i vizi, i peccati … Pensiamo ai nostri vizi, pensiamo alla nostra superbia, pensiamo al nostro spirito mondano: queste cose ci accecano, ci allontanano dalla luce di Gesù”.

Ma se noi pensiamo a queste cose – aggiunge Francesco – “non troveremo un muro, no: troveremo un’uscita”, perché Gesù stesso dice di essere la luce: “Sono venuto al mondo non per condannare il mondo, ma per salvare il mondo”. Gesù stesso, la luce, dice: “Abbi coraggio: lasciati illuminare, lasciati vedere per quello che hai dentro, perché sono io a portarti avanti, a salvarti. Io non ti condanno. Io ti salvo”. È il Signore che “ci salva dalle tenebre che noi abbiamo dentro, dalle tenebre della vita quotidiana, della vita sociale, della vita politica, della vita nazionale, internazionale … tante tenebre”  e “il Signore ci salva. Ma ci chiede di vederle, prima; avere il coraggio di vedere le nostre tenebre perché la luce del Signore entri e ci salvi. Non abbiamo paura del Signore – conclude il Papa – è molto buono, è mite, è vicino a noi. È venuto per salvarci. Non abbiamo paura della luce di Gesù”.

Di seguito il testo dell’omelia:

Questo passo del Vangelo di Giovanni (cfr Gv 12, 44-50) ci fa vedere l’intimità che c’era tra Gesù e il Padre. Gesù faceva quello che il Padre gli ha detto di fare. E per questo dice: «Chi crede in me non crede in me, ma in Colui che mi ha mandato» (v.44). Poi precisa la sua missione: «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (v.46). Si presenta come luce. La missione di Gesù è illuminare: la luce. Lui stesso ha detto: «Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12). Il profeta Isaia aveva profetizzato questa luce: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Mt 4,16 e cfr Is 9,1). La promessa della luce che illuminerà il popolo. E, anche, la missione degli apostoli è portare la luce. Paolo lo disse al re Agrippa: “Sono stato eletto per illuminare, per portare questa luce – che non è mia, è di un altro – ma per portare la luce” (cfr. At 26,18) È la missione di Gesù: portare la luce. E la missione degli apostoli è portare la luce di Gesù. Illuminare. Perché il mondo era nelle tenebre.

Ma il dramma della luce di Gesù è che è stata respinta. Già all’inizio del Vangelo, Giovanni lo dice chiaramente: “È venuto dai suoi e i suoi non lo accolsero. Amavano più le tenebre che la luce” (cfr Gv 1,9-11). Abituarsi alle tenebre, vivere nelle tenebre: non sanno accettare la luce, non possono; sono schiavi delle tenebre. E questa sarà la lotta di Gesù, continua: illuminare, portare la luce che fa vedere le cose come stanno, come sono; fa vedere la libertà, fa vedere la verità, fa vedere il cammino su cui andare, con la luce di Gesù.

Paolo ha avuto questa esperienza del passaggio dalle tenebre alla luce, quando il Signore lo incontrò sulla strada di Damasco. È rimasto accecato. Cieco. La luce del Signore lo accecò. E poi, passati alcuni giorni, con il battesimo, riebbe la luce (cfr At 9,1-19). Lui ha avuto questa esperienza del passaggio dalle tenebre, nelle quali era, alla luce. È anche il nostro passaggio, che sacramentalmente abbiamo ricevuto nel battesimo: per questo il battesimo si chiamava, nei primi secoli, “la Illuminazione” (cfr San Giustino, Apologiae, 1, 61, 12), perché ti dava la luce, ti “faceva entrare”. Per questo nella cerimonia del battesimo diamo un cero acceso, una candela accesa al papà e alla mamma, perché il bambino, la bambina è illuminato, è illuminata. Gesù porta la luce.

Ma il popolo, la gente, il suo popolo l’ha respinto. È tanto abituato alle tenebre che la luce lo abbaglia, non sa andare (cfr Gv 1,10-11). E questo è il dramma del nostro peccato: il peccato ci accieca e non possiamo tollerare la luce. Abbiamo gli occhi ammalati. E Gesù lo dice chiaramente, nel Vangelo di Matteo: “Se il tuo occhio è ammalato, tutto il tuo corpo sarà ammalato. Se il tuo occhio vede soltanto le tenebre, quante tenebre ci saranno dentro di te?” (cfr Mt 6,22-23) Le tenebre… E la conversione è passare dalle tenebre alla luce. Ma quali sono le cose che ammalano gli occhi, gli occhi della fede? I nostri occhi sono malati: quali sono le cose che “li tirano giù”, che li accecano? I vizi, lo spirito mondano, la superbia.

I vizi che “ti tirano giù” e anche, queste tre cose – i vizi, la superbia, lo spirito mondano – ti portano a fare società con gli altri per rimanere sicuri nelle tenebre. Noi parliamo spesso delle mafie: è questo. Ma ci sono delle “mafie spirituali”, ci sono delle “mafie domestiche”, sempre, cercare qualcun altro per coprirsi e rimanere nelle tenebre. Non è facile vivere nella luce. La luce ci fa vedere tante cose brutte dentro di noi che noi non vogliamo vedere: i vizi, i peccati… Pensiamo ai nostri vizi, pensiamo alla nostra superbia, pensiamo al nostro spirito mondano: queste cose ci accecano, ci allontanano dalla luce di Gesù. Ma se noi iniziamo a pensare queste cose, non troveremo un muro, no: troveremo un’uscita, perché Gesù stesso dice che Lui è la luce e: “Sono venuto al mondo non per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (cfr Gv 12,46-47). Gesù stesso, la luce, dice: “Abbi coraggio: lasciati illuminare, lasciati vedere per quello che hai dentro, perché sono io a portarti avanti, a salvarti. Io non ti condanno. Io ti salvo” (cfr v.47). Il Signore ci salva dalle tenebre che noi abbiamo dentro, dalle tenebre della vita quotidiana, della vita sociale, della vita politica, della vita nazionale, internazionale … tante tenebre ci sono, dentro. E il Signore ci salva. Ma ci chiede di vederle, prima; avere il coraggio di vedere le nostre tenebre perché la luce del Signore entri e ci salvi.

Non abbiamo paura del Signore: è molto buono, è mite, è vicino a noi. È venuto per salvarci. Non abbiamo paura della luce di Gesù.

Il Papa ha invitato a fare la Comunione spirituale con questa preghiera:

Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che mi abbia mai a separare da Te.

Quindi ha terminato la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica. Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina caeli”, cantata nel tempo pasquale:

Regína caeli laetáre, allelúia.
Quia quem merúisti portáre, allelúia.
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia.

(Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia).

Qui l’originale

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