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Il diario del Covid-19 di mamma Michela: la fede e l’amore sono stati la mia salvezza!

MICHELA DI GIORE

Michela Di Giore

Silvia Lucchetti - pubblicato il 05/05/20

Michela Di Giore, moglie, madre di 3 figli e insegnante di musica ha raccontato la sua battaglia contro il coronavirus su Facebook. "Mi sento fortunata per tutto l'amore e il calore che ho ricevuto".

Michela è una moglie, una mamma, una musicista, un’insegnante coraggiosa e appassionata. Una donna temprata dal dolore che generosamente mi ha raccontato la sua storia prima e dopo aver sconfitto il Covid-19. Michela Di Giore, che in realtà si chiama Michelina, il 20 aprile è potuta finalmente tornare a casa dopo una permanenza di 23 giorni presso l’ospedale di Polla, lontana dal suo Gianni e dai figli, Adua (12 anni), Emma (8) e il piccolo Antonio (4).

Quei 23 giorni li ha trascorsi soffrendo, lottando e… scrivendo. Ha tenuto sul suo profilo Facebook un diario tragicomico, come lo definisce lei, per raccontare la “VITA DA COVID”, perché solo quando condividi con gli altri la tua esperienza la comprendi sul serio.

Mentre parliamo al telefono, come fossimo due amiche di vecchia data, la frase che ripete più spesso è: “sono fortunata”. Fortunata per aver scoperto il virus pochi giorni dopo i primi sintomi, fortunata per gli incontri preziosi fatti in ospedale, fortunata per il supporto dei suoi familiari, fortunata per tutto l’amore e il calore ricevuto da amici ed estranei.

Come stai?

Mi sento meglio, stanca, ma bene rispetto a quello che ho passato. La prima settimana di ricovero è stata dolorosa e faticosa. Sono a casa ma in isolamento, prima di dimettermi i medici mi hanno consigliato per una ulteriore precauzione 14 giorni in quarantena, nonostante i tamponi negativi. Quindi sono a casa ma ancora separata dalla mia famiglia che è momentaneamente nell’appartamento dei miei genitori, che abitano nella stessa palazzina. I miei figli vengono e mi salutano da lontano, Antonio il piccolino vorrebbe saltarmi in braccio. È stato difficile gestire il rapporto a distanza con loro quando ero in ospedale, certi giorni si sono rifiutati perfino di parlarmi però non ho insistito, ho capito. Quando sono tornata mi hanno fatto la festa dal balcone: mi salutavano, piangevano, poi sono corsi subito giù… e ci siamo fatti delle foto in giardino dove ci diamo la mano a distanza!

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Adua, la grande, ha forse vissuto il disagio maggiore, si è trattenuta tanti giorni, era molto nervosa, e quando mi ha visto ha pianto, si è finalmente potuta lasciare andare. Anche se mi guarda con quegli occhioni come per dirmi: “Mamma, abbracciami!”. Loro stanno bene, hanno fatto subito i tamponi e sono tutti negativi. Io non ho avuto i classici sintomi da Covid, ma fortissimi dolori addominali e nausea. Sono stata fortunata, ed è stato bravo il mio medico a mandarmi immediatamente in ospedale. Lì, dopo alcuni esami mi hanno proposto di fare il tampone che all’inizio ho rifiutato perché certa di essere negativa, ma poi mio marito mi ha convinta e così ho scoperto di essere malata. Mi stupiva la nausea, la stessa che avevo in gravidanza ma moltiplicata e che ho continuato ad avere per molti giorni. Non ho avuto la polmonite, ma una leggera infezione interstiziale ai polmoni con saturazione bassa e senso di affaticamento ma senza livelli respiratori gravi. Anche perché una volta ricoverata ho immediatamente iniziato la somministrazione di antivirali e dopo 48 ore ho avuto già i primi miglioramenti.

Cosa ti ha dato speranza?

La fede e l’amore degli altri. Sono una donna di fede, frequento la parrocchia fin da bambina. Sono cresciuta nel mio rapporto con il Signore grazie a don Angelo Spinillo, che ora è il vescovo di Aversa. Mi sono sempre occupata di musica in chiesa attraverso il coro, suonando e dirigendo. Anche i miei studi classici e musicali mi hanno avvicinato a Dio. In questa situazione di immenso dolore ho reagito con la voglia di vivere. In ospedale ho vissuto sensazioni mai provate prima: piccoli gesti, dialoghi intensi con persone appena conosciute, scene tragiche, come vedere morire tanti vecchietti che erano ricoverati con me. Sono ricordi dolorosi difficili da dimenticare. Io insegno alle scuole medie e ho cominciato dodici anni fa con le supplenze subito dopo aver terminato gli studi. Accettai di trasferirmi al nord senza mio marito che non poteva lasciare il lavoro, presi i miei pochi bagagli e partii. Che sofferenza! Anni difficili, assurdi, segnati da sacrifici e tanta nostalgia di casa. Poi mio marito mi ha raggiunta e sono nati i nostri figli. Tra la mia partenza e il desiderio di tornare a casa sono passati 12 lunghi anni. Io e Gianni siamo sposati dal 2005, e ci conosciamo dal 1999 da quando studiavo al conservatorio, sono una pianista. Lui è stato il mio unico uomo, il grande amore! Quello che abbiamo vissuto è una corazza e questa nuova vita ci sembra una passeggiata in confronto al passato.

Michela Di Giore
Michela Di Giore

Come è nata l’idea di tenere un diario di bordo durante la malattia?

Quando ho scoperto di aver il Covid la mia prima preoccupazione è stata la famiglia, non ho mai avuto paura per me, nemmeno paura di morire, sapevo che avrei dovuto combattere ma sentivo che ce l’avrei fatta. Ho avuto però immediatamente la necessità di raccontare ciò che mi stava accadendo, ed è nato così il diario del Covid su Facebook. Ricordo che ero in ambulanza quando ho scritto il primo post e le risposte degli amici mi hanno scaldato il cuore. Poi tanta commozione durante le prime videochiamate con i miei figli, sentimenti impossibili da non condividere e così ho immortalato una foto e l’ho pubblicata.

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Non pensavo ancora a un diario fino a che non ho ricevuto un videomessaggio dei miei alunni, lì ho pianto tanto e ho sentito il dovere di ringraziare.

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Così è nato, per gratitudine, “Report, vita da Covid” un diario tragicomico. Qualcuno ha avuto da ridire sul mio modo di raccontare il dolore, ma non sono pentita e lo rifarei. Per me condividere, raccontare, è stato terapeutico. Un momento di crescita molto profondo, non mi scoccia raccontare la mia esperienza per questo.

Quali ricordi porterai con te?

Mi sento ancora di vivere un momento surreale e ci sono tante immagini che mi riempiono il cuore e la testa. La mia compagna di stanza Marianna, una mamma come me, con la quale è nato un bellissimo rapporto.

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Non posso dimenticare il pomeriggio del giorno di Pasqua, ero a letto un po’ stanca, dormicchiavo perché non mi sentivo molto bene, quando mi chiama il dottor Trotta per parlarmi. Mi alzo di scatto, mi gira la testa ma piano piano arrivo al telefono: “Signora, volevo informarla che anche il secondo tampone è negativo”. Rimasi spiazzata in silenzio, non feci domande, non dissi nulla. Lui continuò: “Va bene, ne riparliamo domani”. Io tornai a letto e scoppiai a piangere. Mi sentivo spaventata e pensavo: “Ora che uscirò chi mi proteggerà?” Stavo vivendo un momento di debolezza e la mia compagna di stanza non riusciva a capire ed era stupita. Quando mi ha vista piangere, mi ha chiesto: “Non sei contenta di tornare dalla tua famiglia?”. Io ovviamente ero contenta ma avevo paura, non mi sentivo ancora in forze. Sono una moglie e una mamma e devo occuparmi sempre io degli altri, ma in quel momento avevo bisogno di essere protetta. Queste paure erano anche le conseguenze fisiche del virus: una stanchezza perenne, che sento anche ora che sono a casa. Con Marianna ho condiviso il dolore di quei giorni: lei in maniera intima, io più urlata. Pregavamo insieme e abbiamo pregato quando il nostro anziano – noi lo chiamavamo il vecchietto del telecomando – non ce l’ha fatta ed è venuta la caposala e ci ha chiesto se avevamo voglia di unirci a lei per pregare visto che il cappellano non poteva entrare al Covid e quindi abbiamo fatto noi questa benedizione finale. Lui si aggrappava al telecomando e lo nascondeva come fosse un tesoro prezioso, puoi immaginare come si sentisse solo!

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Io mi sono aggrappata all’amore delle persone, della mia famiglia, di mio marito. Quando è venuto a prendermi era felicissimo e mi ha detto: “Ti posso dare un bacio?”. Lo ringrazio perché si è occupato dei nostri bambini e non vedo l’ora che passi tutto per trascorrere un po’ di tempo con lui.


GIORGIO E ROSA

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