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La Piaga della Mano Destra di Gesù e la virtù della carità

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josemdelaa | CC0

padre Reginaldo Manzotti - pubblicato il 02/05/20

Non permettiamo che questa Santa Piaga venga riaperta dall'ingratitudine e dalla mancanza d'amore delle anime che fuggono dalle opere di misericordia
“Attraverso di Lei [la Piaga della Mano Destra], Gesù eleva al Padre le anime che si santificano per forza dell’Amore Divino. Viene riaperta dall’ingratitudine e dalla mancanza d’amore delle anime che fuggono ai sacrifici che Dio chiede loro” (padre Alberto Guimarães Gonçalves Gomes).

Le tre virtù teologali (fede, speranza e carità) sono direttamente legate a Dio e non al nostro volere. Dio è generoso, perché conosce la nostra caduta – tutti noi siamo nati dal peccato originale –, e anche così ci tende la sua mano. Per farci sperimentare il suo amore e perché lo amiamo anticipa questi doni, infondendo nel nostro cuore le tre virtù teologali.

Partendo da questa Piaga, propongo di meditare sulla virtù della carità. La carità non è solo il gesto di donare qualcosa. Si tratta dell’amore di Dio che esiste in noi e si trasforma in gesto concreto. Indica anche l’amore con cui amiamo Dio. Nessuno può provocare in sé la carità. Piuttosto, quello che possiamo fare è disporci a riceverla, e per questo dobbiamo sempre chiedere che il Signore aumenti in noi questo dono. Quando sentiamo che la nostra capacità di amare è limitata dalla mancanza di perdono, che rende l’anima rigida, il primo passo è chiedere nella preghiera più amore nei confronti di Dio, e quindi più carità.

Amiamo Dio in ragione della sua perfezione infinita. Egli è l’Amore stesso, la carità. Non ha nulla a che vedere con il senso del possesso, la gelosia e l’egoismo. Per questo, diciamo che l’amore presente nella carità ci è stato donato da Dio. È quindi a Lui che dobbiamo chiedere di far crescere in noi questa virtù.

La partecipazione ai sacramenti ci rende più caritatevoli, più innamorati di Gesù. È interessante osservare che più si è vicini a Dio, maggiore è la sofferenza. Non è il Signore che ci fa soffrire, ma è inevitabile, per il grande desiderio di chi ama di stare con il Padre. L’apostolo Paolo esprime con precisione il sentimento sperimentato dall’anima, che solo il vero amore può riempire: “Per me il vivere è Cristo e il morire guadagno”.

Oltre a questo, il Signore vede sempre il potenziale dell’anima che coltiva questo amore e chiede di più. Ad esempio, Egli chiede che quell’amore venga messo alla prova nella tribolazione, nel servizio che implica sofferenza. Per questo, la vita della maggior parte dei santi è piena di prove. Sono anime più delicate, di persone serene nel dolore e fervorose nella fede, che amano Dio al di sopra di tutto. È nell’intimità della preghiera e nel silenzio interiore che possiamo scoprire questo cammino luminoso e pieno.

Il grande comandamento lasciato da Gesù è stato “Amare Dio al di sopra di tutte le cose e il prossimo come se stessi”. Sono tre realtà indissolubilmente legate: Dio, il prossimo e se stessi. In primo piano c’è Dio, perché Dio emana l’amore. Poi viene il prossimo, e allo stesso tempo noi stessi, perché non possiamo amare Dio e il prossimo se non stabiliamo un rapporto d’amore con noi in quanto esseri umani manchevoli e pieni di limitazioni.

Non voglio dire che dobbiamo amare le nostre debolezze o essere conniventi con esse, ma sapere che lì c’è la grandezza di Dio e avere lo stesso pensiero di San Paolo: “Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte” (2 Cor12,10). Non possiamo fare delle debolezze una lmitazione, perché la grazia viene in nostro aiuto. Lo stesso apostolo Paolo aveva una spina nella carne, ma questo non gli ha impedito di predicare il Vangelo, fondare comunità, curare in nome di Gesù e perfino far risuscitare un morto. Dio usa la nostra debolezza per mostrare la sua grande misericordia.

La carità è fondamentale, perché eleva le virtù cardinali. È sinonimo di amore e ci aiuta ad essere più prudenti, perfezionando la virtù della giustizia, includendo quella che ciascuno applica a se stesso, il che vuol dire accettare il nostro modo di essere e cercare quello che Dio ha pensato e vuole da noi.

Dobbiamo guardare a noi stessi come a esseri creati da Dio, simili a Lui, redenti mediante il Sangue Redentore e le Sante Piaghe di Nostro Signore Gesù Cristo. Ciò che riapre questa Piaga è quindi la mancanza d’amore, l’ingratitudine, la fuga dai sacrifici che Dio ci chiede. Non accettiamo di sacrificarci quando non amiamo Dio al di sopra di tutte le cose.

Lavoriamo quindi per la salvezza, prendendoci cura della nostra anima, ma anche dei nostri fratelli. Facciamo questo avendo una vita di preghiera, partecipando ai sacramenti e mettendo in pratica la Parola di Dio.

Oltre all’ingratitudine e alla mancanza d’amore, attentano contro la carità i peccati mortali, offese a Dio che feriscono il suo amore per noi. Uno di questi è attribuire più importanza a persone o cose di questo mondo che Dio. Un altro peccato è la pigrizia, che ci porta a non compiere i nostri doveri nei confronti del Signore, della comunità, della famiglia e di noi stessi. Non ci sacrifichiamo per nessuna causa, il che provoca pigrizia spirituale.

Ci abituiamo a non provare nulla. Non importa se preghiamo e partecipiamo alla Messa o rimaniamo a casa sprecando il tempo in cose banali. Ci sono persone che, non contente, tentano di negoziare con Dio. Sono anime fredde e calcolatrici, senza fervore, distratte dai segni del Sacro, che non riescono a frenare i propri appetiti. Questo impedisce la carità e porta all’indifferenza religiosa.

La carità è infine fondamentale per la santità, al punto che San Paolo la cita come la virtù principale e più importante finché stiamo qui sulla Terra, come anche dopo la morte, perché stare accanto a Dio sarà la nostra occupazione eterna, il che implica il fatto di amarlo e di essere amati da Lui. La fede smetterà di esistere quando vedremo il Signore faccia a faccia, come la speranza, perché stando con Lui cesserà ogni attesa. La carità resterà, perché il convivio con Dio è la pienezza dell’amore (1 Cor 13, 4-8a.13). Su questo, Sant’Agostino afferma che “il compimento di tutte le nostre opere è l’amore. Qui è il nostro fine; per questo noi corriamo, verso questa meta corriamo; quando saremo giunti, vi troveremo riposo” (In ep. Jo., 10,4).

Quella Santa Piaga, attraverso la quale Gesù porta al Padre le anime che si santificano per la forza dell’amore divino, esige da noi opere di misericordia corporali e spirituali. Ricordiamo che sono sette azioni in ogni gruppo, ovvero:

  • Opere di misericordia corporali: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti.
  • Opere di misericordia spirituali: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.

Non permettiamo che la Piaga della Mano Destra di Nostro Signore Gesù Cristo venga riaperta dall’ingratitudine e dalla mancanza d’amore delle anime che fuggono dalle opere di misericordia, sianno esse corporali o spirituali, e ignorano l’impegno nei confronti del prossimo, le questioni sociali, i sacrifici che comporta il fatto di essere un cristiano autentico e del fare della famiglia una chiesa domestica. Se questo non è gradito a Dio e riapre le Piaghe di Gesù, dobbiamo agire in modo diverso. Non possiamo essere ingrati nei confronti dell’amore divino.

Dio vi benedica.

Padre Reginaldo Manzotti

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