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Il portavoce della CEI: il Papa ci invita alla prudenza, guai a compromettere la salute delle persone

FATHER IVAN MAFFEIS

©CATHOLIC PRESS PHOTO

Don Ivan Maffeis.

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 29/04/20

Covid-19, i vescovi abbassano i toni contro il governo: si lavora per trovare una soluzione per la riapertura al pubblico, in sicurezza, di messe e celebrazioni religiose. Don Ivan Maffeis: nessuna contrapposizione con le autorità sanitarie

La Chiesa italiana non ha alcuna volontà «di strappare col governo, né di fare fughe in avanti. L’intenzione è quella di andare avanti col dialogo costruttivo».

Lo sottolinea don Ivan Maffeis, sottosegretario e “portavoce” della Conferenza episcopale italiana (Cei), in una intervista all’Adnkronos (29 aprile) nella quale richiama il monito rivolto da papa Francesco, nella messa del 28 aprile a Santa Marta, al rispetto delle norme perché la pandemia non torni.

“La parola del Papa è decisiva e opportuna”

«In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena – aveva detto il Pontefice all’inizio della celebrazione – preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni».

«La parola del Papa – ribadisce don Maffeis – è importante, è la parola di un padre, decisiva e opportuna». Non osservare le norme con fughe in avanti, osserva il portavoce della Cei, significherebbe «calpestare le fatiche e le sofferenze del Paese» (Avvenire, 28 aprii e).

Sottovalutare l’autorità sanitaria è da “irresponsabili”

«Il richiamo del Papa alla prudenza e alla saggezza – annota ancora il sottosegretario della Cei – è davvero la cifra che ci serve per contemperare due esigenze che non possono essere contrapposte, la salute di tutti non può essere sottovalutata».

Sottovalutare le indicazioni dell’autorità sanitaria, conclude Don Maffeis, «significherebbe di fatto irresponsabilità che nessun cittadino può permettersi, sarebbe come calpestare i tanti morti, medici, infermieri, gli stessi sacerdoti e quanti, in una forma o nell’altra, si sono esposti per curare i malati di coronavirus compromettendo la loro stessa salute. Una sottovalutazione che sarebbe una irresponsabilità non scusabile».




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