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Campo 87: la zona del cimitero di Milano dove sono sepolti i morti di Covid-19 rimasti soli

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 23/04/20

Definito da alcuni "fossa comune", ospita invece una degna sepoltura a coloro le cui spoglie non sono state richieste da un familiare

Nel campo 87 del cimitero Maggiore di Milano sono state sepolte decine di persone morte per il coronavirus e non reclamate dalla famiglia.

Vuoi perché sono tutti bloccati dalle restrizioni nazionali, oppure perché chi è morto non aveva nessuno. In questo campo la città guidata da Beppe Sala ha potuto ordinare una piccola benedizione per le salme.

Croci uguali

Non ci saranno monumenti funebri al campo 87 di Musocco. Saranno tutte croci uguali e il campo diventerà un prato per almeno due anni dall’ultima sepoltura. E’ l’ordine del Comune di Milano perché davanti alla tragedia del Covid-19 tutte le vittime sono uguali.

«Abbiamo perso tanti figli di Milano», ha detto il sindaco andando alcuni giorni fa a rendere omaggio alle vittime (Tgcom, 22 aprile).

“Tragedia nella tragedia”

«Questo spazio – aggiunto Sala – è quello dove sono stati sepolti coloro le cui spoglie non sono state richieste da un familiare, la tragedia nella tragedia». Per non lasciare i corpi abbandonati negli obitori il Comune si è fatto carico di tutto, dalle spese all’organizzazione della sepoltura (Libero quotidiano, 22 aprile).

Dignità per ogni salma

«Ci tengo a dire una cosa: ho purtroppo sentito parlare di fosse comuni, non è così – ha precisato l’assessore ai Servizi Civici e Trasformazione digitale del Comune di Milano, Roberta Cocco – perché ogni persona ha un cippo con il nome e ogni salma viene sepolta singolarmente».

Attualmente al campo dedicato del Cimitero Maggiore sono sepolte 61 persone «questo è un campo molto grande e potremmo arrivare addirittura fino a 600 sepolture cosa che ovviamente non ci auguriamo. – ha detto – Però abbiamo spazio per le sepolture che affronteremo nei prossimi giorni e settimane. Noi abbiamo iniziato da subito quando abbiamo visto che i numeri crescevano» (Il Giorno, 23 aprile).


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