In Francia si prospetta l’ipotesi dell’avvio di una graduale fine della quarantena a partire dall’11 maggio: ieri i Vescovi hanno comunicato al primo ministro, Édouard Philippe, una serie di proposizioni riguardanti la pratica di culto. Entro una decina di giorni l’esecutivo dovrebbe rispondere con un piano dettagliato sulle misure di de-confinamento. Ecco le principali di queste proposizioni, commentate per Aleteia dal reverendo Thierry Mangin, segretario generale della Conferenza dei Vescovi di Francia.
Dovranno avere un po’ di pazienza i cattolici di Francia che, come tutti i cittadini, dovranno attendere il responso che Primo Ministro il quale la prossima settimana darà disposizioni effettive sul de-confinamento il cui avvio sembra previsto per il prossimo 11 maggio. Al momento si riflette e ci si consulta negli uffici di Matignon, ma i Vescovi di Francia hanno trasmesso al gabinetto del Premier le loro proposte per il de-confinamento spirituale, tanto atteso dai fedeli.
1Definire un tasso di riempimento delle chiese
La Conferenza dei Vescovi di Francia (CEF) auspica una ripresa delle messe cum populo fin dalla domenica successiva il de-confinamento, vale a dire domenica 17 maggio. Per questo è stato proposto che si stabilisca un “tasso di riempimento” nelle chiese, piuttosto che un numero fisso di persone che possano accedere alle officiature:
Una proposizione che ci sembra giudiziosa perché essa permette norme su misura per tutte le chiese di Francia, che ovviamente hanno dimensioni diverse. Una chiesa che accoglie abitualmente 1.000 parrocchiani potrebbe quindi accoglierne 300, ove ci si decida per il tasso di un terzo.
Secondo le parrocchie e le possibilità, le messe potrebbero anche succedersi in modo da accogliere quelli che non sono riusciti ad andare alla prima celebrazione.
Se questa idea del “tasso” sembra essere stata intesa dal governo, spetterà poi ad ogni parrocchia organizzarsi per attuarla. Nella videoconferenza con i responsabili dei culti in Francia a cui Emmanuel Macron ha partecipato ieri, 21 aprile, il Capo dello Stato ha tuttavia mostrato una certa prudenza sulla data di ripresa delle attività di culto, che potrebbe slittare a giugno.
2Comunione in mano e parrocchiani con mascherine
Restano ancora alcune questioni pratiche. Per quanto riguarda la comunione, sembra da escludersi, al momento, che la si possa dare in bocca: i Vescovi riflettono ancora sul modo in cui i preti potranno procedere. «Lavarsi le mani prima e dopo? Presentarla in altro modo?» – s’interroga padre Magnin. Altra questione: l’ingresso. Si dovranno disporre mascherine e disinfettanti per tutti? Oppure si dovranno far entrare solo i parrocchiani già equipaggiati?
Se le consegne nazionali di de-confinamento impongono il porto della mascherina per tutti i francesi, evidentemente la cosa riguarderà anche l’accesso alle nostre chiese.
3Matrimoni e battesimi: sì, ma solo locali
I matrimoni e i battesimi sono spesso occasione di grandi ritrovi di parenti e amici, e dovranno tornare ad esserlo dopo la quarantena… ma localmente. I Vescovi di Francia propongono quindi che matrimoni, battesimi e altri sacramenti siano di nuovo autorizzati, ma con la sola presenza della famiglia e degli amici che vivono nella medesima regione in cui la celebrazione avrà luogo. Si chiederà alle famiglie residenti in altre regioni di non venire. «Non portiamo il virus e i suoi rischi da una regione all’altra», ricorda padre Thierry Magnin.
4E i pellegrinaggi?
Dalla proposta di autorizzare la celebrazione di sacramenti a condizione che i partecipanti vivano nella medesima regione deriva di fatto una prospettiva poco rosea, per i pellegrini, nei mesi a venire: «Lo svolgimento di grandi pellegrinaggi inter-regionali sembra effettivamente compromesso», conferma il segretario generale della CEF.
Niente impedirebbe però alle diocesi di organizzare pellegrinaggi locali, nella provincia o nella regione. Senza dubbio, però, non saranno possibili in altre regioni – penso ad esempio ai numerosi pellegrinaggi diocesani che hanno luogo a Lourdes.
5Rapido sguardo all’Italia
E lo stesso potremmo dire, volgendo lo sguardo all’Italia, per Loreto, come per Assisi, Padova, San Giovanni Rotondo, evidentemente Roma e moltissime altre tradizionali mete di pellegrinaggio. Non risulta che la Conferenza Episcopale Italiana abbia fornito dettagli delle proprie proposte al governo (si era accennato essenzialmente ai funerali), ma don Ivan Maffeis (l’omologo italiano di padre Magnin), ha già resa nota la settimana scorsa la sussistenza di una trattativa in corso che facilmente individuerà se non le medesime soluzioni almeno medesime o analoghe problematiche.
Una parola di commento e di riflessione vorremmo in questa sede aggiungerla sulla proposta principale, ossia il “tasso di riempimento” della chiesa: certamente esso è un’opzione più accettabile del “numero chiuso” (chi deciderebbe chi? e in base a quali criterî?), ma non sfugge ad alcune problematiche intrinseche ed estrinseche. Ad esempio, l’ampiezza della chiesa non è l’unico fattore che ne garantisce il ricambio d’aria, se ad esempio a parità di ampiezza alcune hanno più porte e finestre di altre.
Inoltre, in Italia le dimensioni delle chiese da costruire sono stabilite in base a precise tabelle parametriche (che normano altresì la percentuale del contributo CEI) basate principalmente sul numero degli abitanti (e sulla percentuale statistica dei praticanti rispetto alla popolazione complessiva), ma:
- tali tabelle sono state approvate solo negli ultimi decenni (le ultime sono state votate dal Consiglio Episcopale Permanente nella sessione del 24-27 gennaio 2011 e vengono aggiornate manualmente) e dunque varrebbero da garanzia di criterio intrinseco agli edifici solo per un numero assai esiguo di chiese;
- in particolare, resterebbe da decidere come valutare le chiese storiche, come le romaniche, che in Italia sono numerosissime, spesso non molto ampie e dotate di poche prese d’aria e di luce;
- posto che certamente si debbono individuare regolatori che garantiscano la gradualità della riattivazione delle liturgie pubbliche (e che quindi la proposta della CEF abbia i suoi pregi), come si può valutarne la buona ricaduta sul piano strettamente sanitario – ossia come si potrà sapere in tempi utili se il contingentamento sarà sufficiente a mantenere arginato il rischio epidemico?
Sembra che in tal senso le proposte debbano tutte comunque mantenersi aggiornate giorno per giorno con i risultati e i ritrovati della ricerca epidemiologica: soltanto un test di sieroprevalenza affidabile, veloce e diffuso a tappeto fra la popolazione, infatti, potrà renderci ragionevolmente certi che si possa riprendere la vita sociale, della quale quella liturgica deve ritenersi una specie e a buon diritto può considerarsi germe ed enzima. Sarebbe grave se – a livello amministrativo – non si battesse questa pista per negligenza o (peggio) per dialettica politica.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]