di padre Juan Carlos Vásconez
Prendere la Comunione in mano? Di fronte alla diffusione dell’epidemia del coronavirus, alcune Conferenze Episcopali e diocesi hanno disposto misure simili a quelle assunte dalle autorità civili per evitare la diffusione del virus.
In alcuni luoghi queste misure includono la richiesta di amministrare ai fedeli la Comunione in mano e di non scambiare la pace durante la Messa.
Chiariamo un po’ le cose
È chiaro che si debba trattare il Santissimo Sacramento con profonda delicatezza e venerazione. Tradizionalmente si riceve in bocca, e speriamo che terminato questo impasse si recuperi questa opzione, ma prendere la Comunione in mano non è una cosa del tutto nuova.
Dal 1969 questa possibilità è stata ammessa in alcuni luoghi, e nel 1973 si è estesa ancor di più con l’istruzione Inmensae caritatis sul facilitare la recezione della Comunione in certe circostanze. Il documento autorizza i ministri che distribuiscono la Comunione a metterla nella mano dei fedeli.
In alcune diocesi è una pratica comune. La stessa istruzione contiene un promemoria che indica che le leggi della Chiesa e gli scritti dei Padri della Chiesa testimoniano la suprema reverenza e la massima cura nei confronti dell’Eucaristia, e che si deve continuare su questa linea. Riguardo a questo modo di distribuire la Comunione, l’esperienza suggerisce una notevole attenzione.

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Il rischio di contagio
Una persona mi raccontava che quando si stava curando per l’herpes labiale ha sempre ricevuto il Santissimo in mano per non diffondere la sua malattia. La bocca umana ha un vero giardino di “flora normale”, e per questo un morso umano provoca spesso una sgradevolissima infezione.
Quando si comunicano molte persone, può essere che a noi sacerdoti resti un po’ di saliva sulle dita. Basta che ci sia una persona infettata perché tutto si diffonda con facilità. Finché dura l’emergenza, quindi, vale la pena di prendere sul serio queste misure.

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