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Una bimba di sei mesi, già operata al cuore, ora lotta contro il Covid19

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Annalisa Teggi - pubblicato il 14/04/20

Erin Bates ha sconfitto ogni previsione negativa: concepita naturalmente dopo 10 anni di presunta sterilità dei genitori, ha subìto e superato bene un intervento a cuore aperto appena nata. Ora è attaccata al ventilatore a causa del coronavirus, preghiamo per lei.

È impossibile nominare l’Alder Hey Hospital, l’ospedale pediatrico di Liverpool, senza avere un sussulto al cuore: il pensiero va inevitabilmente ad Alfie Evanse alla storia della sua piccola vita ferita dalla malattia e poi piegatasi al volere di una legge schiava di un’ideologia di morte che non tollera lo scandalo di vite così fragili e piene di valore.

È aprile, proprio il mese in cui Alfie morì e in questi giorni la foto di un’altra piccolissima bambina ci arriva dall’Alder Hey: si chiama Erin Bates e anche lei, a solo sei mesi di vita, ha già avuto la sua grossa parte di ostacoli da superare. I suoi genitori, Emma e Wayne Bates, sono giovani e di estrazione semplice proprio come i coniugi Evans, e mi fermo qui coi paralleli perché il punto non è sovrapporre due storie che sono diverse. Ma si può certamente dire che nella cornice del medesimo ospedale siamo di fronte a una nuova occasione per chiederci: le vite più fragili che sguardo ci educano ad avere?

Contro ogni previsione

In una lunga intervista al Dailymail, il papà di Erin ha ripercorso la storia di sua figlia spiegando perché insieme a sua moglie Emma abbiano deciso di condividere sui media la foto della loro piccola ricoverata e attaccata al respiratore: da poco Erin, infatti, è risultata positiva al Covid 19 e sta lottando per sconfiggerlo.

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C’è un’espressione proverbiale in inglese, che forse ricordiamo perché ricorre anche nei ritornelli di alcune canzoni: against all odds e significa «contro ogni previsione». È stata usata per raccontare la trama che ha per protagonista la piccola Erin, al cui ritratto biografico è stato associato anche il termine «miracolo» che ha molta presa sui giornali anche se avulso da ogni riferimento religioso. Ogni vita è un miracolo, se guardata con coscienza nuda ed onesta; ogni presenza che sconfigge l’ombra del nulla è una meraviglia irripetibile e unica. Nel caso della piccola Bates la straordinarietà implicita nel campo semantico del miracolo nasce dal suo essersi imbattuta in molti ostacoli prima e subito dopo essere venuta alla luce.

Lo scorso ottobre il primo vagito di Erin ha riempito di gioia i suoi genitori che l’hanno concepita naturalmente, dopo che per circa dieci anni era stato detto loro che non potevano avere figli: possiamo intuire quanto poco scontata fosse la presenza di questa frugoletta di appena 2,5 kg alla nascita, eppure nulla ha potuto essere dato per scontato anche da quel momento in poi. A dicembre ha dovuto subire un’operazione:

[…] aveva una patologia cardiaca che richiedeva un intervento a cuore aperto. Ha combattuto anche con problemi alla trachea, ma dopo mesi di cura dentro e fuori dall’ospedale, aveva buone possibilità di ripresa. (da Dailymail)

La gratitudine di una nascita nient’affatto banale, e poi la gratitudine per la guarigione da un pericolo mortale; a questi genitori l’esperienza ha riservato delle prove dolorosissime, eppure capaci di rendere indubitabile la bellezza e il valore della presenza di loro figlia. Avere l’ombra della morte a un passo, desta negli animi più sinceri una consapevolezza acutissima sulla nostra fragilità e questo è tutt’uno con lo stupore di una gratitudine gigante.

E poi è arrivato il Coronavirus. Erin è risultata positiva al Covid la scorsa settimana ed è stata ricoverata nell’ospedale pediatrico Alder Hey per essere assistita; la sua fragilità cardiaca la rende un soggetto a forte rischio. Al suo fianco c’è la mamma (è consentito a un solo parente di stare in stanza con lei), mentre il padre è in autoisolamento a casa. Entrambi tremano, soprattutto per la sorte della bambina ma anche per il timore di non poterle essere vicini: se i genitori risultassero anch’essi positivi al virus, dovrebbero essere allontanati dall’ospedale dove è Erin e immaginarla sola a combattere l’ennesima battaglia è straziante. Emma Bates ha chiesto preghiere per la guarigione della figlia e non sarà delusa:

Sia io che Wayne siamo completamente distrutti dall’idea di trovarci di nuovo a un passo dal poter perdere la nostra piccola bambina, se non ha la forza di combattere. Vi prego, vi prego, pregate per Erin. Non possiamo perderla a causa di questo virus. Ha già combattuto tanto, abbiamo bisogno di lei … ci completa. (Ibid)

Guarda bene

Non è ancora chiaro come Erin abbia potuto contrarre il virus, i signori Bates erano molto attenti al distanziamento sociale già da prima che la pandemia ci obbligasse tutti a regolare il nostro comportamento. Sapevano che la loro figlia sarebbe stata in pericolo a fronte del contagio di qualsiasi virus e ora il padre ha deciso di esporsi in prima persona, diffondendo la foto di Erin ai media proprio per parlare a chi prende alla leggera le norme sulla distanza:

La gente non sembra avere molta consapevolezza dello spazio personale. Ho visto la foto di una spiaggia in cui c’era una piccola gelateria aperta e la coda di clienti fuori, come fosse un giorno normale. Mi sconvolge constatare che la gente non si attenga alla quarantena, la cosa ha turbato entrambi noi genitori. (Ibid)

Si riferisce, ovviamente ai suoi connazionali inglesi, e ha voluto mostrare al grande pubblico la foto di sua figlia attaccata al respiratore per dare un volto all’evidenza che il nostro comportamento personale influisce sulla vita degli altri, e in prima battuta dei più fragili:

Quando si sente di persone che avevano patologie pregresse e sono morte di coronavirus, si commenta dicendo: sono cose che capitano.  Ma noi ci siamo già passati in mezzo molte volte, nei mesi appena trascorsi abbiamo attraversato il peggio del peggio e ci è già stato detto che potevano perdere nostra figlia. Penso che lei abbia sconfitto le previsioni funeste così tante volte che anche adesso siamo convinti che ce la farà. Prima del contagio da Covid il suo aspetto generale era davvero buono. (Ibid)

Mi permetto di condividere il pensiero di papà Bates e anche di alzare l’asticella della sua riflessione. La storia della piccola Erin ci ricorda che ogni nostro giorno è un dato clamoroso, anche ogni noiosa e piatta giornata contiene l’ipotesi che Dio ci sottrae al nulla con un amore particolare e immenso. Nel caso di questa bimba di pochi mesi quel «miracolo» – che ai giornali piace tanto scomodare al solo scopo di conquistare clic – è esponenzialmente evidente, ma ciascuno di noi è nelle stesse condizioni di base: esserci è sempre una vertigine. Non è cambiato nulla dai giorni di Alfie, eppure è cambiato tutto: il dato della vita resta una dura roccia di bene a cui aggrapparsi, lo vediamo più chiaramente adesso che un virus ci ha messo in allarme tutti. Quello che dicemmo allora lo ripetiamo anche adesso: ogni presenza è un dono che spetta noi custodire con ogni forza e risorsa, senza risparmiarsi.


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