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Che strana condizione stiamo vivendo! Un pellegrinaggio, restando a casa nostra

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Jacob Lund | Shutterstock

Pane e Focolare - pubblicato il 08/04/20

Un esilio, un viaggio ma tra le mura domestiche. Ringrazio il Cielo di avere mio marito accanto!

Carissimi amici del blog, scrivo da una città che ha cambiato il suo aspetto, in questi giorni di emergenza. Magari questo post verrà letto pochi minuti, ore o giorni dopo la sua pubblicazione. Oppure verrà letto mesi o anni dopo. Noto con piacere che i miei post non passano di moda, e sbirciando nelle statistiche del blog vedo che alcuni testi pubblicati tre anni fa vengono ancora oggi letti e condivisi sui social. Potere della cucina, che non passa di moda e regala emozioni e curiosità sempre attuali. Ho pensato dunque di raccontarvi come passo le mie giornate, anche perché credo che sia giusto conservare memoria di quanto sta accadendo.

Cerco di approfittare di questa clausura forzata per dedicare ancora più tempo all’aggiornamento del blog e a tenermi aggiornata sulla storia e sul mondo del cibo. Mi hanno chiesto di scrivere dei saggi sulla cultura della tavola e del vino, che verranno inseriti come contributi a dei volumi molto interessanti: sono stata gratificata da questa richiesta e il lavoro mi sta dando soddisfazione e mi aiuta a passare il tempo con un po’ di serenità e uno sguardo di speranza sul futuro.

Ho fatto settimana scorsa una spesa colossale, cercando di organizzare al meglio la dispensa. Il buon senso mi induce ad evitare di fare troppo spesso la spesa (ma anche e soprattutto le indicazioni ministeriali, NdR), e ho pianificato i menu con metodo. Devo dire che stiamo mangiando molto bene, d’altronde cucinare è un passatempo divertente e gratificante e aiuta a tenere su il morale. Mi impegno, ancora più del solito, a non fare sprechi alimentari: la cucina degli avanzi è peraltro una delle mie preferite. Oggi per esempio ho cucinato uno sformato di verdure, con un mix di zucchine, melanzane e peperoni che avevo in frigo: ho aggiunto un uovo, ricotta, parmigiano e ho messo tutto in forno per 40 minuti: era squisito!

Ho scritto i menu giornalieri, li ho stampati e appesi sulla lavagnetta di cucina. Andrea al mattino legge incuriosito cosa troverà in tavola! Per san Giuseppe ho anche cucinato il castagnaccio toscano, uno dei suoi dolci preferiti. D’altronde abbiamo bisogno di qualche gratificazione per tirarci su il morale e la buona tavola è quello che ci vuole. Il fatto di non avere ospiti non deve farci dimenticare che la famiglia è quanto di più importante abbiamo: cerco di apparecchiare con attenzione, beviamo il vino nel calice, accendiamo una candela per fare un po’ di atmosfera. Io vi confesso che ho tanto bisogno di circondarmi di bellezza, per trovare il sorriso e per qualche minuto non badare a quel silenzio irreale che c’è per strada, così inusuale nella mia metropoli, rotto solo dalle sirene delle ambulanze.

Mi mancano i miei familiari. Trascorrevo molti week end in Monferrato per godermi i nipotini; andavo a trovare spesso i miei genitori e con mio padre c’era l’appuntamento fisso al bar per prenderci un caffè, un’occasione per fare quattro passi nel quartiere dove incontravamo sempre qualche amico o amica con i quali commentare la domenica calcistica o parlare della situazione politica. Piccoli gesti, una routine che oggi mi manca molto.

E poi ho nostalgia degli amici, delle cene allegre e spensierate, a ridere e scherzare o a parlare di cose profonde e importanti, con un bicchiere in mano che aiuta la meditazione e il piacere della compagnia. Sono cose che davamo per scontate, spero che questa situazione di emergenza ci insegni il valore di tutto quello che avevamo e non apprezzavamo mai abbastanza.

Devo dire che la giornata trascorre abbastanza velocemente, almeno per ora. Una donna ha sempre tante cose da fare in casa. Andrea fa smart working, al mattino la sveglia suona come al solito, facciamo colazione insieme e poi ognuno si dedica ai suoi impegni. Alle 9 suonano le campane della parrocchia: a quell’ora comincia le Messa, il pensiero corre al sacerdote che tutto solo sta celebrando e con una preghiera mi unisco spiritualmente, chiedendo conforto e protezione su di noi, le nostre famiglie, la nostra città, la nostra Patria.

A metà mattina facciamo insieme la pausa caffè, e poi torniamo alle nostre occupazioni. Finché è stato possibile ho fatto qualche passeggiata al parco, ora faccio tutti i giorni un po’ di cyclette. Alla sera, leggiamo o guardiamo un film. Vi confesso che verso le sei del pomeriggio mi viene una forte malinconia, non so perché proprio a quell’ora, ma peraltro lo diceva anche Dante Alighieri nel canto VIII del Purgatorio:

«Era già l’ora che volge il disio

ai naviganti e ‘ntenerisce il core

lo dì c’han detto ai dolci amici addio;

e che lo novo peregrin d’amore

punge, se ode squilla di lontano

che paia il giorno pianger che si more.»


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Il marinaio e il pellegrino al tramonto sentono più forte la nostalgia dei propri cari, degli amici. Il pensiero corre, a quell’ora, a ciò che abbiamo di prezioso ma che ora è lontano, e lo sarà per chissà quanto ancora. E’ una strana condizione, quella che stiamo vivendo: una specie di pellegrinaggio, ma stando a casa nostra. Un esilio, un viaggio ma tra le mura domestiche. Dobbiamo guardare con speranza alla meta, perché una meta c’è davanti a noi. L’incertezza, in fondo, è una condizione della nostra esistenza: adesso forse possiamo esserne più consapevoli. Ringrazio il Cielo di avere mio marito accanto: insieme “nella buona e nella cattiva sorte”, e ora ci troviamo a condividere anche questo strano pellegrinaggio. A quell’ora che volge al disio, per scacciare la lacrima che prepotentemente affiora, può essere d’aiuto un bicchiere di bollicine.

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QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA PANE E FOCOLARE

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